HomeCulturaDecio Mercanti, il simbolo dell’antifascismo riminese che non fece mai carriera


Decio Mercanti, il simbolo dell’antifascismo riminese che non fece mai carriera


19 Gennaio 2020 / Paolo Zaghini

se puoi insisti di andarci

In un mio ormai lontano saggio apparso sul n. 14-15 di “Storie e Storia” nel 1986 a proposito de “La nascita della Federazione Comunista Riminese” scrivevo: “A Forlì il gruppo dirigente partigiano (in particolare gli esponenti cesenati dell’8.a Brigata Garibaldi) aveva assunto la direzione del Partito, e la manterrà per lunghi anni. A Rimini invece il gruppo proveniente dalla resistenza armata ai nazi-fascisti sarà ben presto emarginato, o meglio questo non riuscirà a diventare nuova classe dirigente”. Questa annotazione vale soprattutto per Rimini, perché in molti altri comuni del riminese saranno invece proprio i capi partigiani locali a prendere in mano le redini della ricostruzione delle città distrutte.

27 giugno 1940. Nizza. Da sinistra, Ettore Croce, Decio Mercanti, … . Seduta, Sara Croce

Questo spunto, se volete anche abbastanza provocatorio, non ha mai dato corso ad ulteriori approfondimenti. Ed è un peccato. Si è preferito da parte di tanti autori fermarsi al racconto dei giorni gloriosi della Resistenza ai tedeschi e ai fascisti vissuti in maniera drammatica ed eroica dai partigiani e dai loro comandanti, senza poi guardare cosa è successo a questi negli anni successivi. Ad esempio degli uomini che guidarono la Resistenza e diressero il CLN riminese a partire dal marzo 1944 ben pochi ebbero ruoli politici o amministrativi di rilievo nel dopoguerra. Il caso più eclatante ritengo sia quello di Decio Mercanti presidente del CLN dalla sua costituzione sino alla scioglimento il 7 agosto 1946, segretario della Federazione Comunista Riminese dal 3 marzo 1944 sino al suo scioglimento nei primi giorni del 1945 a seguito di una decisione organizzativa nazionale che prevedeva questi organismi solo su base provinciale.

1948. Rimini, Piazza Cavour. Da sin. Veniero Accreman, …, Decio Mercanti

Un potere immenso esercitato per quasi tre anni che però non portò Decio ad avere ruoli politici o amministrativi nel dopoguerra. Scrive Lui stesso nella terza parte della sua ricostruzione sull’attività resistenziale nel Riminese apparsa su “Storie e Storia” n. 13 del 1985 (“Attività del Comitato di Liberazione di Rimini dalla Liberazione al suo scioglimento”): “Con la Liberazione, la funzione del CLN assunse un carattere diverso: da dirigente della lotta politico-militare (CUMER) durante il periodo clandestino, divenne organo essenzialmente politico per la ricostruzione del Paese, in collaborazione con gli Alleati. Quale organo di governo, al CLN spettava dare direttive e controllare le Giunte Comunali, il Comitato di Epurazione, approvare le decisioni del Prefetto (nominato dal Governo centrale), affrontare i vari problemi creati dal fascismo e dalla guerra. L’attività del CLN divenne quindi più complessa e si svolse in più direzioni”.

21 settembre 1957. Rimini, Consiglio Comunale. Consegna della Medaglia d’Oro alla memoria ai Tre Martiri da parte del Sindaco Veniero Accreman ai familiari. Da sinistra, in piedi Guglielmo Marconi, Rosina Donini, Decio Mercanti. Dietro, primo a sinistra, Giuseppe Gemmani, primo a destra Giordano Gentilini. Sul tavolo, nelle teche di vetro, le corde con cui i giovani partigiani vennero impiccati, conservate a tutt’oggi presso la Biblioteca Gambalunga.

Con la solita penna caustica Guido Nozzoli nella sua testimonianza in “La guerra a Rimini e sulla Linea Gotica” (Ghigi, 1980) afferma: “L’organizzazione politica, sul fronte della guerra, non aveva compiuto azioni eroiche degne di essere ricordate dalle cronache; ma sul fronte della pace e della ricostruzione diede un esemplare contributo alla città, tanto che più volte venne citata per la sua intraprendenza dal giornale dell’8.a Armata. E questo, a mio giudizio, è il nostro titolo di merito più alto”.

25 aprile 1965. Rimini, Piazza Cavour. A vent’anni dalla Liberazione. Al microfono Decio Mercanti. Da destra si riconoscono Zeno Zaffagnini, Attilio Venturi, Walter Ceccaroni

Anche Maurizio Casadei in “La Resistenza nel Riminese. Una cronologia ragionata” (Provincia di Rimini e Istituto Storico della Resistenza, 2005) sostiene questa tesi: “Nei giorni della liberazione, e nelle settimane successive, a fronteggiare tutte queste emergenze non vi è nulla, né le amministrazioni comunali né le altre autorità pubbliche, nessun ente risulta pienamente operante. Gli stessi ufficiali alleati si occupano solo marginalmente delle condizioni dei civili. E’ proprio in questa situazione che la Resistenza riminese dimostra tutta la propria intraprendenza organizzativa, supplendo validamente alle varie autorità sbandate e non ancora ricostituite”.

Sceso da Presidente del CLN Decio Mercanti non fece più parte di alcun organismo dirigente della Federazione Comunista Riminese dal momento della sua ricostituzione nel 1949. Non fu mai candidato per alcun organismo amministrativo. Il tentativo di essere candidato all’Assemblea Costituente il 2 giugno 1946 andò deluso dallo scontro che si aprì con Gianni Quondamatteo, in quel momento Sindaco di Riccione. Fra i due il PCI preferì optare per un terzo candidato, Giuseppe Ricci, Sindaco di Cattolica.

E proseguivo in quel lontano saggio: “La direzione politica viene invece assunta da una leva di giovani quadri tecnici e intellettuali, arrivati al partito negli ultimi anni del fascismo. E questi si faranno ben presto interpreti di esigenze nuove, politiche e culturali, per la rinascita di Rimini dalle macerie della seconda guerra mondiale”.

1 settembre 1962. Rimini, Piazza Tre Martiri. In occasione del conferimento della medaglia d’Oro alla Città di Rimini omaggio al Monumento ai Caduti partigiani. Da sinistra, il Sindaco Walter Ceccaroni, il Ministro Giuseppe Medici, il sen. Luigi Silvestrini, Decio Mercanti

Nel 1946 e 1947 fu inviato dal Partito in Abruzzo, a Pescara, a lavorare presso la Federazione. Ma Decio sarà comunque nei decenni successivi una figura costante e presente negli appuntamenti politici e amministrativi più rilevanti della Città di Rimini, pur non avendo mai ruoli specifici se non quello, per certi periodi, di Presidente dell’ANPI: decide sul Monumento ai Caduti in Piazza Tre Martiri, parla in Piazza Cavour dopo l’attentato a Togliatti nel luglio 1948, è sul confine sammarinese a fronteggiare la polizia di Scelba nel 1957, è presente a fianco dei Sindaci quando vengono consegnate le medaglie d’oro ai familiari dei tre giovani impiccati in Piazza Tre Martiri nel 1957 e quando il Ministro Medici appunta la Medaglia d’oro al Valor Civile al Gonfalone comunale nel 1962, sempre sul palco per le manifestazioni del 25 aprile e del 16 agosto, ma anche sulla tribuna dei dirigenti comunisti ad ogni Congresso di Federazione (anche se dal PCI riminese venne sospeso per alcuni mesi altre due volte per dissidi con i segretari Ilario Tabarri nel 1949 e Zeno Zaffagnini nel 1967). La sua, nel corso degli anni, divenne una figura carica di autorità morale, forte della sua storia personale di combattente antifascista.

1968. Rimini, Piazza Tre Martiri. Ad una cerimonia dell’ANPI presso il Monumento ai Caduti. Da sinistra, Roberto Carrara, Decio Mercanti, Attilio Venturi

Il racconto della vita di Decio negli anni del fascismo e della Resistenza è abbastanza noto. Diversi sono i testi che ne parlano: le tre puntate su “Storia e Storie” del suo racconto sulle vicende della Resistenza nel Riminese (sul n. 4/1980, sul n. 10/1983, sul n. 13/1985); il libro della moglie Sara Croce “Nell’occhio dell’Ovra. Cronistoria di un comunista” (La Pietra, 1990); il profilo di Ivo Gigli in “Riminesi contro” (Panozzo, 2008); la biografia nell”Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza” (v. 3° edito da La Pietra nel 1976); i volumi di Bruno Ghigi “La guerra a Rimini e sulla Linea Gotica” (cit.), Maurizio Casadei “La Resistenza nel Riminese” (cit.) e Angelo Turchini “Per la libertà e la democrazia. Antifascismo e Resistenza a Rimini e nel Riminese (1943-1944)” (Il Ponte Vecchio, 2015); numerosi articoli di Amedeo Montemaggi su Il Resto del Carlino e Il Ponte. E poi c’è il suo voluminoso fascicolo personale del Casellario Politico Centrale che racconta le vicende di oltre vent’anni, in Italia e in Europa, registrate dalla polizia fascista (in copia presso l’Istituto Storico della Resistenza di Rimini).

20-22 gennaio 1967. Rimini, Sala Circolo Cavaretta. Conferenza d’organizzazione del Comitato Comunale di Rimini. Da sinistra, Decio Mercanti, Corrado Fantini, Tiziano Giorgetti

Apre il profilo biografico di Decio redatto da Ivo Gigli (cit.) così: “Si potrebbe davvero definire una vita avventurosa, vissuta sempre sul filo del rasoio del pericolo quella di Decio mercanti; una vita animata da una forte passione politica nutrita da un ideale di uguaglianza sociale e di riscatto della classe lavoratrice”.

Decio nacque a Forlì il 2 dicembre 1902. Volontario civile nel Genio a 15 anni sui fronti della Prima Guerra Mondiale. Giovane socialista nel 1919, nel 1921 aderì al neonato Partito Comunista. Nel marzo dello stesso anno, dopo un conflitto a fuoco contro gli squadristi, dovette lasciare Forlì. Raggiunse Genova dove trovò lavoro come barbiere (attività, insieme a quella di parrucchiere per donna, che svolse poi per tutta la vita). E qui proseguì la sua attività politica: subì vari arresti per aver preso parte a manifestazioni antifasciste. Nel novembre 1921 fu aggredito e gravemente ferito dai fascisti.

21 ottobre 1973. Sandro Pertini, allora presidente della Camera dei Deputati, a Rimini per inaugurare il monumento alla Resistenza, realizzato dallo scultore Elio Morri, nel parco dedicato ai Fratelli Cervi. Da sinistra, Decio Mercanti, Veniero Accreman, Sandro Pertini, Nicola Pagliarani

Dopo la marcia su Roma nel 1922 espatriò clandestinamente in Francia. Qui nel 1930 fu colpito da decreto di espulsione per aver svolto attività comunista. Per gli stessi motivi venne successivamente espulso dal Belgio (1931) e dal Lussemburgo. Rifugiatosi a Ginevra, in Svizzera, fu arrestato nel 1932 sotto accusa di aver progettato l’incendio del Consolato italiano. Dopo il rilascio fu responsabile dei gruppi comunisti di lingua italiana a Ginevra e a Zurigo.

Rientrò clandestinamente in Francia nel 1934 ed operò a Parigi. Nel 1936 organizzò l’invio dei volontari in Spagna. Dal 1937 è a Marsiglia. Qui venne sospeso dal Partito, ma Lui continuò ad operare con l’emigrazione socialista nell’Unione Popolare Italiana. Nel 1938 si spostò a Nizza. Qui iniziò a frequentare la casa di Ettore Croce, ex deputato comunista, attivo organizzatore dei gruppi antifascisti nell’emigrazione, di cui sposerà la figlia Sara (1918-1996).

Nel 1940, chiariti i termini della sua espulsione, su direttiva del Partito, rientrò in Italia, a Milano dove fu arrestato per tre volte.

17-19 marzo 1977. Rimini, Salone Fieristico. 11° Congresso della Federazione Comunista Riminese. Da destra Decio Mercanti, Tiziano Solfrini, Gianni Baldinini. Augusto Randi, Stefano Cevoli

Alla fine del 1942 si trasferì a Rimini. Qui il 7 dicembre 1942 nacque suo figlio Oddo. A Rimini iniziò a lavorare per la riorganizzazione del Partito Comunista e alla fine del 1943 per la costituzione di GAP e SAP per la lotta armata.

Nel dicembre 1961 Mercanti scrisse una lettera a “Rimini Oggi” in risposta ad una serie di articoli di Vincenzo Mascia (“Intellettuali e ceti medi nella Resistenza riminese. Appunti per una storia della Resistenza a Rimini”) apparsi tra luglio e dicembre. Fra le tante cose che sostenne scrisse anche che “la Resistenza non può essere concepita solo in funzione di azione armata: essa assume aspetti multiformi. E’ naturale che in pianura essa non si avvaleva di quella organizzazione di cui poteva trarre vantaggio in montagna, tuttavia non bisogna disconoscere che un contributo assai notevole hanno dato le formazioni dei GAP e le SAP, che costituivano le forze di pianura”.

Anni ’70. Bellaria. Manifestazione antifascista. Da sinistra, Nino Vasini, Decio Mercanti, Romeo Donati

Nel marzo 1944 divenne il Presidente del CLN unitario riminese. Nel giugno 1944 fu arrestato con altri comunisti a San Marino. Estradato a Rimini e poi portato alle carceri di Forlì e da qui alla sede della Gestapo per essere interrogato. Grazie ad una incursione aerea riuscì a fuggire e a rientrare nella Vallata del Conca dove operavano le formazioni partigiane riminesi.

Scrive Casadei (cit.): “Quello comunista è l’unico partito veramente operante e solido nella sua struttura clandestina, tanto da resistere a colpi come l’arresto di Decio mercanti, segretario della federazione”. Nel settembre 1944, a seguito delle truppe alleate, rientrò a Rimini dove organizzò l’attività del CLN per la ricostruzione.

Riassume Stefano Pivato nel presentare le memorie scritte da Mercanti: “Dodici condanne per espulsione, tre anni di prigione scontati in Francia, Belgio, Svizzera e Italia siglano l’impegno di questo personaggio simbolo dell’antifascismo riminese”.

4 febbraio 1980. Festa tesseramento dell’ANPI. Da sinistra, Decio Mercanti, Vincenzo Mascia, il Sindaco Zeno Zaffagnini, …, …, Vittorio Zanni

L’Amministrazione Comunale di Rimini, alla sua morte il 9 marzo 1992 (a 90 anni), così lo ricordò: “Viene a mancare alla città e a quanti lo conobbero un maestro di vita, un uomo che ha dedicato sé stesso alla causa della libertà e della democrazia. Perseguitato politico, esiliato, combattente partigiano, incarcerato, è stato d’esempio per intere generazioni di giovani per l’affrancamento della dignità umana da qualsiasi coercizione della libertà e della giustizia”.

Paolo Zaghini