Home___aperturaDecreto Cutro, TAR annulla due provvedimenti della Questura di Rimini

A due rifugiati speciali era stato negato il permesso di lavoro, l'assessore Gianfreda: "Legge farraginosa che limita integrazione positiva"


Decreto Cutro, TAR annulla due provvedimenti della Questura di Rimini


10 Luglio 2024 / Redazione

Con due sentenze il Tar dell’Emilia-Romagna ha annullato altrettanti provvedimenti della Questura di Rimini, con i quali in bsa e al cosodetto “decreto Cutro” era stato negato a due rifugiati il permesso di lavorare in Italia. Difesi dagli avvocati Paola Urbinati e Rosangela Altamura, i due hanno fatto ricorso e il tribunale amminstrativo regionale ha dato loro ragione, condannando anche il Ministero degli Interni, che si era costituito in giudizio attraverso l’Avvicatura dello Stato, a pagare le spese legali.

Nel dettaglio, la Questura di Rimini, basandosi sulla norativa introdotta con il D.L. 20/2023 – il “decreto Cutro” – il 5 febbraio e il 15 aprile scorsi aveva negato ai due stranieri la conversione del loro permesso di soggiorno ottenuto per protezione speciale in uno che consentisse loro di lavorare. Nel primo caso si trattava di lavor autonomo, nel secondo, quello di un rifugiato iraniano, di lavoro subordinato. Ma il TAR ha sottolineato che, come già in altri casi simili, il “decreto Cutro” non può applicarsi a permessi di soggiorno ttenuti prima della sua entrata in vigore: “trova applicazione il comma 3 dell’art. 7 del D.L. n. 20/2023, il quale, in relazione ai permessi di soggiorno già rilasciati ai sensi dell’art. 19, comma 1.1 e in corso di validità, mantiene ferma ‘la facoltà di conversione del titolo di soggiorno in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, se ne ricorrono i requisiti di legge’. Sotto tale profilo sostanziale sono fondate le censure articolate in ricorso e il provvedimento impugnato è, dunque, illegittimo, in quanto nel rilevare l’intervenuta eliminazione della possibilità di conversione del permesso di soggiorno per protezione internazionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato –in precedenza, invece, prevista dal l’art. 6, comma 1 bis, lett. a), del D.Lgs n. 286/1998 – l’Amministrazione non ha tenuto conto della disciplina transitoria di cui al comma 3 del medesimo art. 7 del D.L. n. 20/2023 e, di conseguenza, non ha valutato la sussistenza dei requisiti per il rilascio del titolo di soggiorno per motivi di lavoro”.

Commenta l’assessore del Comune di Rimini Kristian Gianfreda: “Le due recenti decisioni del TAR dell’Emilia Romagna, che accolgono l’impugnazione di due cittadini stranieri verso il rigetto della conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale a permesso di lavoro, si riferiscono ovviamente a questioni tecniche che stanno emergendo nell’attuale fase transitoria. Non spetta certamente al TAR mettere in discussione in toto il cosiddetto ‘decreto Cutro’ del Governo Italiano. Ma certo è che le due sentenze a favore dei ricorrenti portano acqua al mulino di chi, da oltre un anno, sottolinea i limiti e le insidie di un decreto come quello che, nella sostanza, va a rendere più difficile il processo di integrazione degli stranieri in Italia. Se infatti il doppio giudizio del Tribunale amministrativo regionale accende un faro sulle farraginosità della transizione tra il prima e il dopo decreto (tante ne arriverranno, a mio parere, di sentenze come queste due), di fondo rimane una paradossale conseguenza: con il cosiddetto ‘Cutro’ gli stranieri che sono qui con il permesso di soggiorno di protezione sociale non possono ‘per decreto’ trasformarlo in prmesso per motivi di lavoro, limitando tantissimo con ogni evidenza il processo di integrazione positiva. E’ un problema che chi opera nel sociale sta vedendo tutti i giorni, anche nella nostra provincia. Dovremmo smetterla di agire con l’urgenza dell’ideologia per provare a orientarci su una concretezza più logica, realistica e se mi si permette umana”.