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Quelli della Pedrolara di Coriano


17 Dicembre 2018 / Paolo Zaghini

Giorgio Giovagnoli: “Il racconto della Pedrolara”– Raffaelli.

Da tempo sto scrivendo per Chiamamicitta.it un mio personale dizionario biografico di comunisti riminesi, impegnati nel Partito e nelle pubbliche amministrazioni. Molti di questi provenivano dai settori più umili della società, con un livello d’istruzione assai basso. Eppure sono stati grandi dirigenti politici a livello locale e ottimi amministratori pubblici, guidando ed ascoltando i propri iscritti, i propri elettori, la gente che li circondava. Del resto ho sempre sostenuto che l’Italia che conosciamo è frutto anche loro, capaci di costruire progetti condivisi per il bene del Paese. Il PCI è stata una grande scuola politica, grazie ai suoi dirigenti e ai suoi militanti che sapevano ascoltare e farsi ascoltare. Ma che erano parte di un progetto di riscatto comune.

Perché questa premessa? Con Giorgio Giovagnoli condivido la responsabilità di aver scritto la storia del PCI riminese: Lui per la parte fondativa e di resistenza al fascismo (“Storia del Partito comunista nel Riminese, 1921/1940 : origini, lotte e iniziative politiche” Maggioli, 1981); io per i decenni della Repubblica (“La Federazione comunista riminese, 1949-1991” Capitani, 1999).

Ora Giorgio in questa sua nuova fatica letteraria ci racconta di un piccolo mondo di campagna, la Pedrolara in quel di Coriano, dove nel corso della lettura impariamo a conoscere i personaggi che la popolarono in quel primo decennio della sua vita (Lui lì è nato il 27 aprile 1942), prima del trasferimento suo e della famiglia a Rimini.

La Pedrolara allora (ma sostanzialmente anche oggi) era composta da trenta case e un centinaio di abitanti. “L’unica cosa che nobilitava quella frazione di Coriano, perché lì non c’era niente di niente, era la casa dell’Abate Antonio Battarra, studioso naturalista”. Battarra, nell’ultimo capitolo del suo libro “Pratica agraria” del 1778, descrisse con dovizia di particolari le «vane osservanze e superstizioni de’ contadini romagnuoli» (Dialogo XXX), o meglio dei suoi contadini della Pedrolara, sostenendo la necessità di un’agricoltura basata su metodi razionali. Per queste pagine, Battarra è riconosciuto come il pioniere della scienza folcloristica italiana.

A Pedrolara, negli anni dell’infanzia di Giovagnoli, “solo contadini, mezzadri e braccianti, rari possidenti. Le relazioni sociali ed economiche erano alquanto circoscritte fra gruppi e persone che praticavano gli stessi mestieri, quelli tra i più umili e faticosi”.

La guerra, i morti del dopoguerra (soprattutto a causa delle bombe e delle mine sparse sul territorio), la fatica del lavoro, le relazioni familiari e con i vicini (le famiglie di Pedrolara erano quasi tutte imparentate fra di loro e ognuno sapeva vita, morte e miracoli di tutti gli abitanti della frazione).

E qui, in questa piccola frazione, c’era organizzato il Partito Comunista. “Già da allora, pur piccolo che fossi, essere schierato da una parte ben precisa, nel mio caso quella comunista, era inevitabile, automatico, perché comunista era mio babbo, che viveva la politica con forte partecipazione, ma con moderazione, senza mai essere né fanatico né fazioso. Credeva nei valori della giustizia, della solidarietà e nel rispetto delle persone. Se ho vissuto queste prime esperienze politiche lo devo a lui, perché ogni volta mi prendeva per mano e insieme andavamo alle feste dell’Unità, ai comizi o alla Festa del Primo Maggio”.

E Giorgio, in pagine diverse, descrive la presenza del PCI a Pedrolara nella seconda metà degli anni ’40 e nei primi anni ’50. In un piccolo enclave c’era “una piccola costruzione con un unico vano che funzionava come circolo ricreativo e come sezione del PCI di Pedrolara, una specie di casa del popolo, dove si ritrovavano un po’ tutti, vecchi, giovani, donne e bambini”.

“Nella mia piccola Pedrolara d’estate si organizzava una festa dell’Unità nel circolo del PCI, un edificio piccolissimo costruito da volontari e inaugurato da Vito Nicoletti, figura storica della sinistra corianese, partigiano nelle Marche e pi segretario della Camera del Lavoro di Rimini”. “L’attivista più impegnato della frazione era mio cugino Ivo Girolomini, mentre a Coriano c’era suo fratello Duilio”. “Nel Circolo si svolgevano anche le Serate dell’Unità, durante le quali si leggevano gli articoli dell’omonimo giornale, che venivano poi commentati sotto la guida di un dirigente politico arrivato da Rimini o da Coriano”.

“La politica a Pedrolara evitava il confronto diretto con gli avversari. Questo perché non si creassero spaccature profonde fra le persone, tali da pregiudicare i rapporti personali. Pedrolara era un piccolissimo universo in cui si aveva a che fare quotidianamente un po’ con tutti, per cui era meglio mantenere rapporti civili”.

Ricordo che alle elezioni amministrative del 6 ottobre 1946 comunisti e socialisti (in un’unica lista) presero il 66,10% dei voti, scesi poi al 56,37% alle elezioni del 27 maggio 1951.

“Per il Primo Maggio, il raduno finale dei partecipanti era previsto a Coriano. Dalle frazioni vicine passavano per Pedrolara i carri trainati dai buoi, addobbati coi rami degli alberi e con le bandiere rosse. Venivano da Cerasolo, Mulazzano, San Patrignano, Valliano, Ospedaletto, Monte Tauro. Erano stracarichi di gente allegra che cantava a squarciagola, rideva e salutava”.

Il 14 luglio 1948 ci fu l’attentato a Togliatti. “Quando si seppe dell’attentato ero con mio babbo in campagna. Saputa la notizia mi portò subito a casa. Andava a Coriano dove era prevista una manifestazione del PCI”. Primo Montanari mi ha raccontato “come quel giorno la piazza di Coriano fosse stracolma di gente che, piena di rabbia e di timori, protestava contro l’attentato. Parlarono Alfredo Nicoletti, fratello di Vito, e l’allora Sindaco Carlo Zaghini, poi cacciato da Scelba”.

Ho estrapolato dalle pagine del libro alcuni dei passaggi dedicati alla politica, ma il libro è molto di più. E’ scritto bene, anche se come dice Giorgio in apertura “mi sono sempre chiesto che cosa voglia dire saper scrivere bene”.  Forse vuol semplicemente dire che le cose che uno aveva in testa e voleva raccontare, lo ha saputo fare bene.

Giovagnoli chiude la sua Presentazione citando Gramsci che diceva: “un individuo da solo non è nessuno e che realizzare se stesso fa parte di un progetto comune”.

”Oggi con la crisi dei partiti e della politica c’è solo un gran vuoto intorno a noi e sarà molto difficile realizzare una società in grado di capire cosa sta succedendo e di darci una visione del mondo condivisa. Eppure è necessario, altrimenti non so se avremo dato un senso alla nostra vita o se sia stato utile raccontarla”.

Paolo Zaghini