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Sono passati 25 anni da quando Don Michele non è più con noi


Don Michele Bertozzi, l’Arciprete


11 Febbraio 2024 / Enrico Santini

Per 50 anni  sono stato con voi a Coriano, ora il mio corpo è ritornato terra e polvere, la mia anima è rientrata in Dio, Sono con voi in terra e preso Dio”.

Sono passati 25 anni da quando Don Michele, l’Arciprete che per me ha sempre significato due volte prete non è più con noi.

Venticinque anni, forse un secolo, addirittura un millennio. Cosa è rimasto del suo insegnamento? Ci provo, con i limiti e la passione uno dei suoi tanti e fortunati allievi. Sono chiaramente e dichiaratamente di parte, come lo era Don Michele. Il bianco, bianco. Il nero, nero. Senza tentennamenti, senza ipocrisie. Tagliava con la spada ed il confine era confine, e il limite il Limes e non si poteva superare. Anche in chiesa: gli uomini da una parte, le donne dall’altra, e così Dante si innamorava di Beatrice.

Sacerdote, nato a Santarcangelo nel 1917 da una famiglia rurale, già prima del Concilio Vaticano II°, in contatto epistolare con il Priore di Barbina, Don Lorenzo Milani, autore della lettera ad una professoressa (maggio 1967). Coriano, passato il fronte, non era un. Paese facile: la guerra lo aveva massacrato, la miseria era di cassa, lo scontro politico esacerbava gli animi. Don Michele conosceva le sue pecorelle e anche qualche caprone, sapeva parlare e alla Messa delle 11 e un quarto, non volava una mosca. Sapeva scrivere e “La voce del parroco” ne è testimonianza. Coriano non era Brescello, ma l’aria che si respirava era quella della guerra fredda. I comunisti avevano la maggioranza, buoni Sindaci e fedeli galoppini in tutte le frazioni. I Democristiani, forti e liberi, minoranza combattiva, Armando “Madon” Foschi, il maestro Bruscolini, la Cecchina Bertozzi, mio babbo Fafen de Forne e i coldiretti sparsi in campagna. Il paese diviso, noi dell’Acli dove il Don faceva filotto con la sua bocciata secca, gli altri in Osteria fra carte, un quartino di rosso, e moccoli.

Noi nello studio dove il Don insegnava la vita e il latino, fra il fumo delle Giubek e i testi sacri. Non era una società liquida, ma c’erano valori ed esempi. Ho la netta sensazione, e non è nostalgia, che s stava meglio quando si stava peggio, e comunque Don Michele l’Arciprete, a noi coriacei dal pelo bianco, manca tantissimo.

Rurali sempre.

Enrico Santini