Donne in fuga dalla violenza, a Rimini +25% richieste di aiuto in due anni
5 Giugno 2023 / Redazione
Sono state circa 40 le donne che si sono rivolte, nei primi cinque mesi dell’anno, ai diversi sportelli di consulenza psicologica della “Casa delle donne” di Rimini – e spesso indirizzate verso il centro antiviolenza comunale – una domanda cresciuta in due anni di più del 25%. Sono numeri che confermano un trend più generale, che accomuna realtà geografiche ed amministrative simili a quella riminese, di aumento delle domande di aiuto da parte di donne al centro antiviolenza, gestito dall’Associazione “Rompi il Silenzio”, e ai servizi offerti dalla “Casa delle donne”.
321 quelle che si sono rivolte nel corso solo del 2021, una crescita a cui l’Amministrazione comunale ha risposto con l’apertura di una nuova casa-rifugio per donne vittime di violenza, la settima, e l’aumento sia degli sportelli di consulenza (psicologico, legale, commercialistica e lavoro) che della loro disponibilità. Si tratta di storie diverse tra loro e non tutte vengono da percorsi di violenza o maltrattamenti.
“Ci sono però spesso dei campanelli di allarme – spiega Chiara Bellini, vicesindaca con delega alle politiche di genere del Comune di Rimini – che vanno interpretati e approfonditi dalle nostre psicologhe e operatrici. Il mio appello alle donne riminesi è, sin dai primi segnali violenti, di rivolgersi sempre ai nostri sportelli, o negli omologhi servizi avviati negli anni dalla rete territoriali, comprese le forze dell’ordine. Tra i pericoli, tragicamente riproposti nell’ultimo tragico femminicidio di Giulia Tramontano, c’è anche la richiesta, spesso fatale, di un ultimo appuntamento “chiarificatore”. Facciamo attenzione e, nel dubbio, chiediamo consiglio, aiuto, sostegno. Come ha ricordato in questi giorni lo psicologo Donato Piegari, vicepresidente dell’associazione Dire Uomo, ‘la violenza di genere non è estranea al raziocinio, è strategica e funzionale, ovvero necessaria al conseguimento di uno scopo’. Un errore definire questi gesti che sfociano nel femminicidio come ‘raptus’, ‘impeti di follia’, o definire ‘mostro’ chi li compie. Purtroppo, la violenza di genere non è più un’emergenza ma un fenomeno strutturale, in cui gioca non solo la storia individuale del femminicida o del maltrattante, ma anche una responsabilità collettiva, sulla quale è fondamentale lavorare con consapevolezza. In una cultura ancora fortemente patriarcale e sessista, ci ‘consola’ pensare che chi uccide sia un ‘mostro’, qualcuno ‘estraneo alla normalità’, ma purtroppo la violenza nasce e si sviluppa nei contesti più ordinari, tra le mura domestiche, e riguarda tantissimi uomini apparentemente insospettabili. Gli strumenti ci sono per eliminare la violenza di genere, si tratta solo di usarli nel modo migliore, anche sviluppando una consapevolezza collettiva che azzeri l’insorgere di questi fenomeni partendo da una vera parità di genere e da una cultura del rispetto”.