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Lo splendido libro di Fabio Fiori "Cola Pesce e Burdela Turchina" con le illustrazioni di Gabriele Geminiani


E la più bella leggenda siciliana rivive nell’Adriatico


15 Gennaio 2024 / Paolo Zaghini

Fabio Fiori
“Cola Pesce e Burdela Turchina”
Illustrazioni di Gabriele Geminiani
NFC

La storia di Cola Pesce è una delle più belle leggende siciliane. Italo Calvino nel 1951 la inserì nelle sue “Fiabe italiane” (raccolta edita da Einaudi, ristampata poi infinite volte anche da altre case editrici).

Mezzo uomo e mezzo pesce: la fantasia popolare gli attribuiva pinne al posto delle braccia e branchie al posto dei polmoni. La storia racconta che nel 1140 il normanno Ruggero II, re di Sicilia dal 1130 al 1154, incuriosito dalle storie meravigliose che si raccontavano su Cola, ottimo nuotatore e scrutatore di abissi marini, lo volle incontrare. Recatosi in mare con una delle sue navi, nel mezzo dello stretto di Messina, chiese a Cola prima di recuperare una coppa d’oro da lui gettata in mare, poi la sua corona ed infine un anello della sua più bella dama. Cola recuperò i due primi oggetti, ma poi stremato non emerse più dal mare.

Questa leggenda del mare, probabilmente una delle più belle mai raccontate (Fiori afferma che è una delle poche di ambientazione marina del repertorio italiano che ne annovera su questo tema una decina in tutto), non è solamente una storia d’eroismo, ma anche una leggenda d’amore. I tre oggetti lanciati in mare dal re rappresentano la ricchezza (la coppa d’oro), il potere (la corona) e l’amore (l’anello), che alla fine costò l’impresa e probabilmente la vita a Cola.

Fabio Fiori, classe 1967, riminese, marinaio e viaggiatore, insegnante e scrittore (autore ormai di oltre una decina di volumi tutti dedicati al mare) assieme a Gabriele Geminiani, pesarese, che si muove nei territori dell’arte, dell’editoria del packing e della comunicazione in senso lato, che opera tra Romagna, Marche e Repubblica di San Marino, hanno “catturato” Cola Pesce e lo hanno fatto arrivare dal mare di Sicilia in Adriatico, sui nostri lidi. E qui incontra Burdela Turchina. La fiaba finisce: “Insieme nuotano, felici e contenti”.

Gli Autori hanno dato vita ad una bellissima fiaba ecologica, rivisitata in chiave romagnola, con testo di Fabio Fiori e illustrazioni di Gabriele Geminiani, che ha colto l’occasione per “usare” le tante reliquie marine contemporanee che in tanti anni ha raccolto sulle spiagge dell’Adriatico.

Scrive Gabriele: “In questo viaggio fantastico attraverso l’originale rivisitazione che Fabio Fiori fa di un classico della tradizione, riesco a immettere un flusso di cose-relitti da me ritrovati sulle spiagge marchigiane-romagnole nel corso degli anni. Sono oggetti appartenenti a decenni trascorsi, che il mare ha trattenuto nei suoi abissi e ha corroso, battezzato a nuove forme, poi una mareggiata ce li restituisce, impreziositi e misteriosi”. E’ un piccolo, e splendido, libretto, edito da Nfc di Amedeo Bartolini.

Un libro/fiaba per bambini? Forse, ma non solo. Fabio che è insegnante, che da sempre si occupa di ecologia marina, ha voluto costruire una favola recuperando un’antica leggenda, arricchendola con la sua fantasia ed usando anche il nostro dialetto romagnolo.

Cola Pesce “un giorno incontrò Stenella, un giovane delfino, guizzante e birichino. Gli parlò di un mare lontano, lontano, dove viveva ancora un popolo che mangiava un pane sottile, sottile e beveva un vino rosso, rosso. Lassù l’acqua era bassa, bassa e c’erano giorni in cui la nebbia era fitta, fitta”.

“Stenella disse a Cola Pesce che in quel mare iperboreo c’erano tanti pesciolini e pescioline di ogni forma e colore. Tra questi ce n’era una lucente, lucente, che aveva il corpo come il suo e si chiamava Burdela Turchina, mezza donna e mezza pesce”.

Ma Stenella gli disse anche “di stare attento perché era un mare difficile dove c’era un demone che si chiamava Furièn e uno altrettanto pericoloso che si chiamava Calig. Ma il più terribile era Siòn, che appariva all’improvviso e affondava le barche senza pietà”.

Ricorrendo al “Dizionario romagnolo (ragionato)” di Gianni Quondamatteo il furien è la bora, il calig la nebbia, il sion la tromba marina.

“Per proteggersi da questo Stenella però gli disse l’antica formula scaramantica dei marinai che mangiavano il pane sottile, sottile e bevevano il vino rosso, rosso: ‘Se da e’ Siòn tat vò salvè, mostri e’ cùl senza parlè’” (Se dalla tromba d’aria ti vuoi salvare, mostra il culo senza parlare).

Il riminese testimone: “Al s’era sno mè. C’ero solo io. Passeggiavo sulla palata e sentivo la voce di un bambino canticchiare: ‘Rimini, Rimini, tuoni e fulmini. Rimini, Rimini, incanti e illumini’. Allora mi son fermato ad ascoltare e d’improvviso l’ho visto. Sorrideva e teneva per mano una creatura simile a lui, mezza donna e mezza pesce. Entrambi mi fecero l’occhiolino e subito sparirono”.

“Cola Pesce ce l’ha fatta. Ha piano, piano risalito quel mare lontano, lontano. In quell’acqua bassa, bassa ha ritrovato l’allegria. Non piange più. Tiene per mano Burdela Turchina”.

Benvenuti Cola Pesce e Burdela Turchina nelle nostre fantasie: sulla palata d’inverno guarderemo il mare e proveremo a cercarvi fra le onde.

Paolo Zaghini