E l’Italia fece cadere il governo di San Marino con l’assedio armato
16 Ottobre 2022 / Paolo Zaghini
“60 anni fa, Rovereta. La ricostruzione storica dei fatti” a cura di Laura Rossi e Stefano Barducci – Bookstones
Ci sono avvenimenti che cambiano la vita. Anche degli stati. E’ così è stato per gli avvenimenti accaduti nella piccola Repubblica di San Marino fra il settembre e l’ottobre 1957, giusto 65 anni fa, passati alla storia come “i fatti di Rovereta”.
La casa editrice riminese Bookstones ha mandato in stampa su questa vicenda i testi dell’incontro pubblico promosso dall’Associazione “Emma Rossi” il 5 ottobre 2017. L’Associazione promuove da anni (è stata costituita nel 2012) incontri storici e culturali, nel nome di Emma Rossi (1952-2003), cittadina della Repubblica di San Marino, laureata in Lettere e Filosofia e in Pedagogia all’Università di Bologna, specializzata in Psicopedagogia e Psicoterapia familiare e sistemica, che fu Dirigente del Servizio Minori e Direttore della Scuola Elementare. Parlamentare dal 1983, più volte Ministro nel Governo della Repubblica, è stata esponente di spicco della sinistra socialista e democratica e leader dell’Unione Donne.
Nell’introdurre l’incontro il Presidente della Associazione Enrico Guidi disse: “Siamo consapevoli che ciò che accadde tra settembre e ottobre del 1957 rappresenta un momento tra i più difficili e complessi della storia politica e civile della Repubblica”. E bisognerebbe aggiungere fortemente divisiva nella lettura storica che dell’avvenimento è stato fatto nel corso dei decenni successivi.
Per alcune settimane la piccola Repubblica fu sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Si mossero le cancellerie di Italia, Stati Uniti, Inghilterra. La rivista americana LIFE il 4 novembre 1957, riassumendo tutta la vicenda, intitolò “Una guerra civile in un guscio di noce”.
Ma cosa successe in quei giorni? Proviamo a ripercorrere la vicenda attraverso la ricostruzione che ne ha fatto Laura Rossi. A San Marino dall’11 marzo 1945 governava un governo di sinistra, composto da comunisti e socialisti. “Nonostante le divergenze interne alla maggioranza, sempre più aspre, le diffidenze reciproche e le enormi difficoltà economiche provocate fondamentalmente dalla scelta del governo italiano di procrastinare qualunque concessione e centellinare gli arretrati dovuti sul canone, con l’obiettivo di far cadere la coalizione socialcomunista, favorendo la minoranza di destra, il governo socialcomunista rimase in carica per dodici anni”.
Non scordiamoci che sono gli anni della “guerra fredda”, della contrapposizione fra i blocchi. In questo clima di divisione il 9 aprile 1948 nasce la Democrazia Cristiana sammarinese, che parteciperà alle elezioni del 27 febbraio 1949. 35 seggi su 60 andarono ai partiti di sinistra, 25 a quelli di opposizione (alla DC 14).
Subito dopo le elezioni cominciò a farsi strada a San Marino l’ipotesi dell’apertura di una casa da gioco. Istituita a luglio 1949, la casa da gioco fu ufficialmente aperta il 14 agosto. Questo “provocò immediatamente controlli serrati della polizia italiana ai confini della Repubblica”.
Alle elezioni del settembre 1951 i partiti di sinistra ottennero ancora la maggioranza, seppur molto risicata, dei seggi (31 su 60) e la DC, da sola, ottenne 26 seggi.
In mezzo a mille difficoltà il 29 aprile 1953, nonostante il malcontento della DC nei confronti del governo italiano, il governo socialcomunista giunse a definire il nuovo trattato con l’Italia, certamente non favorevole comunque alla Repubblica. Con esso San Marino “accettava le condizioni imposte con il canone a 150 milioni annui, la validità del trattato a 15 anni e la rinuncia al ripristino della ferrovia e della radio”. Il governo, oberato dai debiti, decise di accettare le condizioni poste.
Nel dicembre 1954 il Partito Socialista si spaccò, con l’uscita di alcuni consiglieri che diedero vita al Partito Socialdemocratico.
Il 14 agosto 1955 si tornò a votare: i comunisti ottennero 19 seggi, i socialisti 16, la DC 23 e 2 i socialdemocratici. Ancor una volta i socialcomunisti ebbero la maggioranza dei seggi: 35 contro 25.
Nel settembre 1955, nel consolato USA a Firenze, il leader democristiano Federico Bigi incontrò parlamentari italiani e politici statunitensi. Dall’incontro emersero tre possibili linee d’azione per far cadere il governo: “Sfruttare i dissidi interni alla maggioranza; effettuare pressioni ritardando i pagamenti e controllando le transazioni bancarie; effettuare un colpo di stato, ipotesi che venne scartata per motivi pratici e morali”.
Il 6 dicembre 1956 Alvaro Casali, segretario del Partito Socialista, nonché deputato alla Pubblica Istruzione, assieme ad altri 4 consiglieri, rassegnò le dimissioni dal partito, dal Congresso di Stato e il 17 aprile 1957 costituì il Partito Socialista Democratico Indipendente che si schierò contro il Governo. Questo creò una situazione di parità dei seggi in Consiglio, che resse sino al 17 settembre quando un consigliere indipendente comunista passò con la opposizione.
Il 19 settembre 1957 la Reggenza sciolse il Consiglio Grande e Generale e indisse nuove elezioni per il 3 novembre successivo.
La DC e le altre forze di opposizione si opposero sostenendo che loro, con 31 consiglieri, erano la nuova maggioranza. Il 30 settembre si insediarono in un capannone a Rovereta e costituirono un nuovo governo che ebbe immediatamente il riconoscimento del Governo italiano, che contemporaneamente istituì il blocco dei confini, facendo circondare la Repubblica da 2.000 carabinieri.
Così “si determinò nel paese un clima da guerra civile con la presenza di miliziani comunisti armati”. Il 2 ottobre anche gli Stati Uniti riconobbero il nuovo governo a guida democristiana. “La durezza del blocco di polizia e l’isolamento politico impose la resa al governo popolare”. Il 14 ottobre 1957 i roveretiani entrarono a San Marino Città e si insediarono nel palazzo del governo.
Il leader comunista Giancarlo Pajetta il 2 ottobre 1957, attaccò duramente in Parlamento il Presidente del Consiglio Adone Zoli, democristiano, originario di Cesena, per le interferenze continue esercitate dall’Italia verso San Marino: “Il fatto che la piccola Repubblica conti soltanto 14 mila abitanti, non attenua certamente la gravità di questo intervento, ma anzi la accresce, tanto più che l’intervento non ha alcuna giustificazione morale”.
Nelle considerazioni finali fatte all’incontro Patrizia Busignani ha detto: “I giudizi politici sui fatti di Rovereta sono diversi e resteranno diversi, come è giusto che sia”. Ma è indubbio che “Rovereta segna uno spartiacque nella storia civile e politica sammarinese”.
Paolo Zaghini