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Insieme a due che già si strizzano l’occhio e alla prima occasione le sgonfieranno le gomme e le manometteranno la catena, tanti auguri


E ora pedala Giorgia


22 Ottobre 2022 / Lia Celi

Ha voluto la bicicletta e adesso deve pedalare. Insieme a due che già si strizzano l’occhio e alla prima occasione le sgonfieranno le gomme e le manometteranno la catena. Tanti auguri, comunque la si pensi, alla nuova premier Giorgia Meloni che forse la bicicletta del premierato avrebbe preferito riceverla nella prossima primavera, alla scadenza prevista della legislatura, e non mentre sta per arrivare uno degli inverni più difficili e inquietanti della storia repubblicana.

Se il buongiorno si vede dal mattino, e il mattino sono stati gli sbarellamenti di Berlusconi, da «il suo uomo lavora per me» allo scambio vodka-lambrusco con Putin (eticamente, politicamente e pure legalmente scorretto), il lungo giorno della nuova presidente del Consiglio si prospetta nuvoloso con minaccia di piovaschi.

Quanto alla squadra di governo, i giudizi non sono unanimi: c’è chi si strappa i capelli, chi pensa che poteva andare peggio, chi concede ai neo-ministri il beneficio del dubbio. Io, ad esempio, io mi sono strappata i capelli appena ho saputo che dei diritti più sacri delle persone si occuperà Eugenia Roccella – l’Eugenia Roccella seconda versione, cioè, perché nella prima, quella giovanile, mi sarebbe andata benissimo: figlia di uno dei fondatori del Partito Radicale, femminista e colonna del Movimento di liberazione della donna. Poi però alla fine del secolo scorso ha fatto un’inversione a U ed è diventata la più teo-con delle teo-con. Non ce l’ha solo con l’aborto e con tutte le unioni diverse dal matrimonio religioso eterosessuale, oltre che, naturalmente con gay e trans, ma con lei una legge civile sul fine vita possiamo scordarcela definitivamente: fosse stato per Roccella, la povera Eluana Englaro sarebbe ancora un vegetale attaccato alle macchine. In sostanza, un Pillon al femminile.

Il «poteva andare peggio» lo spendo per Gennaro Sangiuliano, il titolare del dicastero della Cultura, giornalista, un passato a Libero e un presente alla direzione del Tg2, specializzato nelle biografie di autocrati come Putin, Trump e Xi Jinping. Sicuramente poteva andare meglio (si era parlato di Giordano Bruno Guerri, e ci sarebbe stato da leccarsi i baffi), ma nelle file dell’estrema destra c’è sicuramente di peggio: potevamo ritrovarci Francesco Polacchi, boss dell’editrice Altaforte (la biografia di Salvini è libro più di sinistra del catalogo, esponente di Casapound ed ex capo di Blocco studentesco, associazione giovanile di estrema destra attiva in scuole e università.

Il beneficio del dubbio, per quel che può valere il mio, lo concedo ad Anna Maria Bernini, nuovo ministro dell’Università, proveniente da Forza Italia. Pur essendo una matura avvocata ha mostrato di essere perfettamente sintonizzata con i giovani, postando su Instagram una storia sul suo giuramento al Quirinale al ritmo di una canzone di Ambra Angiolini. Quanto all’istruzione, bè, lei è una vita che riceve istruzioni da Silvio Berlusconi, il che ne fa un’ esperta. E comunque, siamo onesti: è cambiato molto nella scuola italiana col passaggio dalla giovane e tanto criticata Lucia Azzolina allo stimatissimo super esperto Patrizio Bianchi («se non ce l’ha fatta lui, neanche la Madonna di Lourdes», dice una mia amica preside)? No. E allora va bene anche l’avvocata Bernini con il balletto al Quirinale in stile Non è la Rai. Anzi, meglio ancora se al ministero dell’Università ci avessero messo direttamente Ambra. Che forse non avrebbe portato più benefici, ma sicuramente mi avrebbe messo meno dubbi.

Lia Celi