Organizzata dal centro antiviolenza “Rompi il silenzio”, s’è tenuta Venerdì pomeriggio a Rimini, negli spazi del Lapidario romano al Museo della città, una conferenza sulla violenza di genere e il femminicidio, dal titolo: “Uomini al centro dell’agire per il cambiamento culturale contro la violenza sulle donne”.
Per carità, un’iniziativa importante, contrassegnata da un bel successo che però non ne attenua il grave vizio d’origine.
Sì, perché gli organizzatori si sono ben guardati dall’estendere l’invito anche ad uno dei più noti pensatori in materia, che da anni si dedica ad uno studio approfondito delle problematiche di genere: il Consigliere Comunale Fratello d’Italia Rufo Spina.
Non avendo mai avuto il piacere di conoscerlo di persona, ma unicamente per le dichiarazioni e le foto sui giornali, non so dire se sia solo apparenza fotografica quella sorta di alone di scorbuticità sul viso, che avrebbe fatto dire a mia nonna: “L’ha una faza grisa che e per cl’apa magnè un limoun”.
Sia come sia, nell’occasione Rufo Spina s’è giustamente lamentato dell’affronto, protestando sulla stampa e chiedendo giustizia al Prefetto, che però ha fatto orecchie da mercante. E sì che non aveva preteso chissà cosa, ma semplicemente o di impedire lo svolgimento della conferenza, o di consentirlo a condizione che lo chiamassero ad intervenirvi, insieme ad altri due esponenti della destra, da lui scelti.
Ovviamente gli sarebbe piaciuto che una di loro fosse la fratella sua capa, la quale è vero che chiama ancora le donne “il gentil sesso”, ma in questa campagna elettorale sta virilmente difendendo quelle di loro rimaste vittime di violenza, come ha fatto regalando ai social un video dal quale risalire all’identità della poveretta stuprata a Ferrara.
Nel disastroso caso che la dabbenaggine di troppi Italiani la mandi a governare, un altro assillo della Meloni sarà non tanto quello di abolire ufficialmente la legge 194, ma come già oggi succede in molte realtà governate dal centrodestra, renderla di fatto impraticabile grazie a qualche stratagemma coercitivo. Il primo dei quali consisterà nel reclutare anche in questo caso i seguaci di Adinolfi e Pro Vita, affidando loro due missioni: provvedere ad attivare nei consultori l’infame metodo Orban, che impone alle donne intenzionate ad abortire l’auscultazione coatta del feto; battere scuole, discoteche e palestre, per ammonire le fanciulle affinché si convincano che la sessualità serve solo a procreare; e che, nell’accingersi ad un casto amplesso famigliare svestite solo quanto basta, ripetano per almeno tre volte: “Non lo fo per piacer mio, ma per compiacere Iddio”.
C’è però motivo di credere che Rufo Spina avrebbe prudentemente rinunciato ad invitare la Meloni, temendo gli rispondesse come i giornali dicono abbia fatto a Morrone, che quando le ha proposto di organizzare un evento elettorale in Romagna s’è sentito rispondere: «Senti con Bignami». Al che Elena Raffaelli, la dama riccionese di compagnia dell’emigrato venuto da Forlì a comandare il centrodestra riminese, l’ha rassicurato: “A casa ce l’ho io un Bignami. Dopo guardo cosa dice”.
Per offrire un originale contributo al dibattito, Rufo Spina avrebbe anche potuto invitare Luca Valentini, un brillante intellettuale del suo partito. Già candidato alle ultime elezioni Comunali di Trento per Fratelli d’Italia, egli è oggi commissario della Commissione cultura di Gardolo, responsabile del dipartimento arte, musica e spettacolo del Circolo Città di Trento e Presidente di “Percorsi Musicali”. Solo chi nutra un pregiudizio ideologico verso il partito della Meloni può considerarlo un idiota e sottrarsi al confronto democratico con quanto da lui espresso e qui sopra riportato.
È infatti chiaro come quel suo concetto, magari espresso in forma un po’ sintetica, non sottenda un pronunciamento contro le donne, ma contro il pretesto che le donne offrono ad una delle ossessive e fastidiose campagne televisive e di stampa da cui gli Italiani sono continuamente bombardati: una volta per i vaccini anti-covid; un’altra per vilipendere Putin, chiamando aggressione all’Ucraina una semplice “operazione militare speciale”; un’altra ancora demonizzando tanti uomini per qualche loro individuale e per lo più veniale eccesso verso mogli o fidanzate.
Come suo secondo conferenziere, forse Rufo Spina avrebbe volentieri preso in considerazione Berlusconi, il semi-lesso ex leader della sua abbandonata Forza Italia, che sta in questi giorni rivolgendo un appassionato ed elegante appello al voto femminile a suo favore, carico di rispetto e di compartecipazione emotiva alla condizione delle donne in questa società che, grazie a lui, presto smetterà di essere comunista: «Votate per me, perché sono più bello di Enrico Letta e per tutta la vita sono andato a caccia del vostro amore».
Ma per non incorrere nelle ire di Morrone, il Consigliere di Fd’I si sarebbe alla fine adattato ad optare per Matteo Salvini. Il quale, anche in relazione al pensiero sull’universo femminile, sembra il piazzista in Italia di Putin, che l’otto marzo ha così salutato le sue suddite: «Con la vostra costante attenzione nei confronti di figli e nipoti non avete nemmeno un weekend libero. Anche oggi, nel giorno della vostra festa, state lavorando e vi state prendendo cura di noi, riuscendo a fare tutto».
Delle umiliazioni che Orban fa subire alle donne magiare, Salvini è da noi non solo il piazzista, ma anche il tifoso più accanito. Partendo dal dogma introdotto dalla modifica costituzionale del 2020, secondo cui è d’obbligo che la famiglia ungherese sia composta solo da una donna e un uomo, con divieto di adozioni per le coppie dello stesso sesso e per le persone single. Sempre Orban sostiene poi vi siano «troppe donne all’università, un rischio per la natalità», quando invece sarebbe bene la femmina dell’uomo fosse essenzialmente moglie e madre.
«Esiste un mondo in cui i popoli europei si sono mescolati con quelli che arrivano da fuori Europa – è l’assillo del dittatore ungherese – e questo è un mondo meticcio. Poi c’è il nostro mondo, per il quale abbiamo sempre lottato. Non vogliamo diventare popoli di razza mista e la soluzione per fermare questa“inondazione” è l’aumento della natalità».
Per questo la nuova Costituzione stabilisce che «tutte le donne che partoriscano e si prendano cura di almeno quattro figli avranno un’esenzione a vita dalla tassa sui redditi. Le donne sotto i 40 anni che si sposano hanno diritto a un prestito a interessi ridotti di 31.500 euro, con un terzo del debito estinto alla nascita del secondo figlio e tutti gli interessi cancellati alla nascita del terzo».
Dall’alto della sua esperienza trifamigliare, Salvini ha salutato la cosa con un entusiasmo… privo di congiuntivo: «Non c’è alcun dubbio che la legge più avanzata per la famiglia, quella che sta dando i migliori risultati al livello europeo, è quella dell’Ungheria: un modello da seguire». E per favore nessuno se ne esca a dire che è anche per quelle ignobili nefandezze se l’Europa sta mettendo in riga, sia pure con anni di ritardo, il suo vergognoso sodale ungherese.
La replica di Salvini sarebbe la stessa della Meloni: «Orban ha vinto le elezioni secondo le regole della sua costituzione».
A loro poco importa che anche Mussolini – iniziale spirito-guida per la Meloni e imitato maestro di trombonaggine per Salvini – abbia dato pienamente inizio alla sua delinquenziale carriera di tiranno dopo aver truccato e vinto le elezioni nel 1924.
Nando Piccari