«Non protesto mai quando mi vengono attribuite radici ebraiche, anzi, sarei orgoglioso di averle». Quanto mi sarebbe piaciuto che Elly Schlein, la candidata più «nuova» alle primarie del Pd, avesse risposto come Charlie Chaplin alle allusioni maligne alla sua ascendenza paterna, di cui ha parlato in un’intervista a Tpi. Allusioni che squalificano solo chi le fa, oltretutto a pochi giorni dal Giorno della Memoria (che a quanto pare, come sospettava Liliana Segre, serve più a riempire i giornali e i palinsesti televisivi che a svuotare la testa della gente da pregiudizi e diffidenze), tanto più se, come gli odiatori di Schlein, tirano in ballo tratti somatici – il naso, sai che fantasia.
Cosa vuoi dire a gente che nel 2023 parla ancora di «naso ebraico» se non di vergognarsi oppure di farsi curare da uno bravo, meglio ancora tutt’e due le cose? E invece Schlein, ahimé, ha risposto scendendo sullo stesso terreno degli imbecilli antisemiti: non solo ha smentito di essere ebrea, essendo nata da padre di origini israelite ma da madre gentile, «e la trasmissione avviene in linea matrilineare», ma ha affermato, spero scherzando, che il suo naso è «tipicamente etrusco».
Ma perché? C’era bisogno di puntualizzare pubblicamente di non appartenere a una certa minoranza? A quanto pare sì, anche se sei candidata alle primarie non per un partito di estrema destra ma per una forza di sinistra che ha nel suo programma la lotta a ogni discriminazione. Oltretutto la trasmissione matrilineare è una tradizione rabbinica di origine incerta (nell’Antico Testamento le genealogie sono patrilineari, Mosè sposa una straniera ma i figli sono ebrei) ed è stata messa in discussione da movimenti ebrei liberali sia in Europa che in America. Sono malattie ereditarie come l’emofilia quelle che si trasmettono attraverso la madre, non la religione o l’appartenenza a un’etnia: questa è solo una credenza, o se vogliamo una superstizione, che vale, appunto, per chi ci crede.
Se le parole di Elly Schlein sono state riportate correttamente dalla stampa, non c’era un filo di ironia o di distacco nella sua affermazione. Se poi non c’era nemmeno nel «naso etrusco» allora c’è proprio da mettersi le mani nei capelli, considerato che come avessero effettivamente il naso gli Etruschi non possiamo saperlo, e le non molte statue arrivateci col naso intatto ce li mostrano delle più varie forme e dimensioni, esattamente come i nostri. Del resto anche il «naso ebraico» è più un mito che una realtà, mentre non è un mito il rispettabile canappio ariano di Giovanni Donzelli, il deputato FdI grande protagonista di questi giorni, le cui fattezze spiegano come mai in Australia una delle ricerche più diffuse su Google sia «perché gli italiani hanno il naso così grande?»
Più parlo di nasi etnici più mi sento idiota: mi dispiace che non sia successo anche a Elly Schlein, impedendole di abboccare alla provocazione dei suoi hater. La cosa che mi dispiace di più, ovviamente, è che sia stata fatta oggetto di insulti antisemiti, oltre che di immancabili critiche misogine. E più ancora mi dispiace per il mio Paese, dove troppa gente si strozza di odio contro Schlein, Segre, Paola Egonu e tutte le donne che hanno visibilità e voce, rinfacciando loro origine, aspetto ed età.
Non è un fenomeno solo italiano, sia chiaro: fra i motivi che hanno spinto alle dimissioni Jacinda Ardern, la premier neozelandese, c’è lo stress dovuto a cinque anni di attacchi mediatici sessisti e violenti. Ma anche qui non scherziamo. Se Schlein si propone di guidare il Pd, e magari un giorno l’Italia, dovrà forgiarsi dei nervi di titanio, e magari studiare modi più astuti ed efficaci per rintuzzare gli odiatori.
Lia Celi