Elezioni regionali Emilia-Romagna, Alice Parma “Non è stata vista arrivare”
19 Novembre 2024 / Maurizio Melucci
Ha vinto il centrosinistra. In Emilia-Romagna e in Umbria. Ha vinto un centrosinistra unito che ha candidato due sindaci, quelli di Ravenna e di Assisi. Ricordo che anche in Liguria ha vinto un sindaco, quello di Genova. I primi cittadini sono più credibili per il governo delle regioni rispetto ad una candidatura politica oppure della cosiddetta “società civile”. E questa regola della “prossimità” o della “concretezza” vale a dispetto dell’identikit del candidato, dato che in Umbria la scelta è caduta su una civica di estrazione cattolica, mentre nella nostra regione si presentava un “figlio del partito”, uno che candidamente ieri ha dichiarato di “sognare fin da bambino di fare il presidente dell’Emilia-Romagna”.
Il centrodestra in Emilia-Romagna ha scelto una candidatura civica poco credibile per il ruolo di presidente della regione, anche agli occhi del proprio elettorato. I dati sono netti. Nel 2020 il centrodestra in Regione contava con la Bergonzoni 1.014.000 voti, con le elezioni del 17-18 novembre 2024v ne perde 364mila, il 35% in meno. Perde anche il centrosinistra ma passando da 1,2 milioni di voti a 922mila con una riduzione di 273mila voti, con un meno 22% in linea con la percentuale di astensione accresciuta che raggiunge il 53,6% degli aventi diritto.
L’astensione sta crescendo ad ogni elezione e penso che non possa essere liquidata con qualche battuta a caldo dopo il voto. In questa astensione record ci sono profonde ragioni politiche. L’idea che non cambia nulla intanto “sono tutti uguali”. Questa chiama in causa proprio il Pd che deve sempre più caratterizzarsi per proposte che toccano la vita quotidiana dei cittadini chiare e realizzabili. Sanità, lavoro, ambiente, diritti sociali e civili debbono essere il pane quotidiano dei dirigenti del Partito Democratico. Oggi ancora non siamo credibili, non recuperiamo sull’astensionismo.
A Santarcangelo dove il Pd cresce di 20 punti percentuali rispetto alle regionali del 2020, arrivando al 55%, trainato dalla candidatura di Alice Parma, l’astensione cresce del 24% sopra la media provinciale. Il risultato del Pd arriva da una cannibalizzazione delle altre liste della coalizione di Santarcangelo.
Oltre a un cambio di passo della politica, più vicina ai cittadini e non solo durante le campagne elettorali, più confronto nelle sedi del Pd, meno social e più incontri. A mio parere occorre anche rivedere alcune modalità di espressione del voto. Gli Italiani residenti all’estero sono circa 5 milioni di cui 3 milioni abitano in Europa. Per votare alle regionali questi elettori debbono presentarsi al proprio seggio in Italia. Ovviamente nessuno lo fa. Si potrebbe usare il voto per posta. Sono tanti i paesi che lo permettono. E anche quelli dove c’è il voto telematico. Iniziamo seriamente a discutere di astensionismo e non soltanto per qualche ora dopo il voto.
Poi certo incidono anche altri fattori: non ci sono più le ideologie, non esistono più i grandi partiti di massa. L’invecchiamento della popolazione e il minore interesse da parte dei giovani verso la politica. Per tanti elettori più anziani il voto era una abitudine consolidata. Questo non è più vero per le ultime generazioni. Oggi contano i candidati e la competitività delle elezioni.
I candidati riminesi del Pd alle regionali sono andati tutti molto bene, arrivando complessivamente a 26.247 preferenze. 10mila preferenze in più rispetto alle ultime elezioni regionali. Vediamo cosa è successo. Sicuramente quattro candidature di valore, radicate nel territorio o nel mondo delle professioni. Ma vi sono alcune peculiarità che sarebbe un errore non affrontare con chiarezza.
Il risultato politicamente migliore lo ottiene Emma Petitti che raccoglie 8.700 preferenze, in crescita di 700 rispetto alle ultime regionali. Netta affermazione nel Comune di Rimini con 4.384 preferenze. Sono il segno di un profondo radicamento con il territorio, stima e competenza dimostrata in questi anni di lavoro insieme agli amministratori locali e cittadini. Non aveva dalla sua il gruppo dirigente di primo piano ad iniziare dal sindaco di Rimini, dal deputato Gnassi e dal segretario della federazione Sacchetti che sostenevano Alice Parma.
Poi c’è il risultato di Alice Parma con 9.688 preferenze. Inaspettato, si potrebbe dire non è stata “vista arrivare”. Ma vediamo come è arrivata. Ha avuto la spinta da Santarcangelo dove ha fatto il sindaco per 10 anni raccogliendo 2.600 preferenze. Stupisce invece il risultato ottenuto a Rimini e Riccione tenendo conto che era poco conosciuta in quei territori. In questo caso sono intervenute in aiuto alla Parma le liste civiche che si erano presentate alle elezioni amministrative. La lista civica per Jamil a Rimini e la lista 2030 di Ubaldi a Riccione. Non è un caso che la lista civica di Michele de Pascale raccolga solo il 2,2 % dei voti e 780 preferenze tra tutti e quattro i candidati. I candidati di questa lista era sconosciuti ai più contrariamente a quattro anni fa, quando vi erano candidature di primo piano ad iniziare da Gianfreda attuale assessore e Garulli primario medico di Riccione.
In questa tornata elettorale una parte del gruppo dirigente del Pd ha deciso di spostare i voti delle civiche sul Pd con preferenza alla Parma. Nasce da questa operazione politica il risultato di Alice Parma.
Inutile dire che è necessaria una riflessione vera sulla natura delle civiche che nascono a sostegno dei nostri candidati a sindaco. Alcuni esponenti civici rappresentano effettivamente una ricchezza culturale e politica della società, altri sono al servizio di alcuni esponenti del Pd per operazioni in molti casi di trasformismo politico.
Per il Pd riminese la lettura dei risultati elettorali non può chiudersi con la presa atto dei risultati positivi che pur ci sono stati. Paradossalmente i risultati positivi ottenuti rischiano di aumentare la divisione e la frattura dentro il Pd e di accentuare due modi diversi di concepire la politica, la militanza e il profilo del Partito Democratico.
Maurizio Melucci