Di una persona molto magra si poteva dire, come anche suggerisce il Quondamatteo, che “e’ fa lom”, è trasparente, attraversato dalla luce, o meglio: è tanto magro da non impedire il passaggio della luce. Nella versione negativa, a chi si frapponeva alla luce della finestra o della lampada impedendo la vista, si diceva: “t’an fè miga lom!” (non sei trasparente!). E’ evidente il paradosso che trasforma il soggetto magro in fonte luminosa per rendere più potente lo scherno.
Si trovano però altre definizioni per la magrezza umana la cui varietà fa pensare che molte fossero le persone magre. La magrezza, al contrario di oggi, era un fattore negativo e le madri sconsigliavano alle figlie di sposare uomini magri, sintomo di povertà o malattia. Per cogliere il valore attribuito alla “carne” in passato, basterebbe poi ammirare la Venere di Urbino del Tiziano.
Tornando al nostro dialetto, di grande effetto era questa frase canzonatoria: ”sora e’ per sec, sota l’e’ pela e osà”, (vestito sembra magro, nudo è pelle e ossa). L’apparenza e la realtà sembrano contraddirsi, invece confermano e rafforzano la descrizione della magrezza.
Un’altra, molto colorita, per definire persona estremamente magra: “l’è un che màgna al cràteli di musléin”. Mangia così poco che si accontenta delle interiora dei moscerini. Naturalmente il moscerino è protagonista di questa definizione perché invasivo di cantine e di case nei giorni di vendemmia e spremitura dell’uva.
Beppe & Paolo
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