Home___primopianoFesta dell’Unità: spopolamento in Valmarecchia, Sadegholvaad lancia l’allarme

Il presidente della Provincia: "Nel 2019 vivevano in Valmarecchia 54.326 persone: il 68,8 % risiedevano in pianura e nell'alta valle solo il 31,2 %”


Festa dell’Unità: spopolamento in Valmarecchia, Sadegholvaad lancia l’allarme


31 Agosto 2024 / Redazione

Durante uno degli appuntamenti in programma alla Festa dell’Unità di Santarcangelo, il presidente della Provincia e sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad ha voluto porre l’accento su un problema sottovaluto dagli amministratori locali del territorio: il progressivo spopolamento della Valmarecchia.

“Mi piacerebbe che, oltre alle questioni specifiche riguardanti la storia recente della Valmarecchia di cui poi parleremo, inquadrassimo l’argomento in uno scenario più ampio e se vogliamo preoccupante per il futuro del nostro Paese: lo spopolamento, anzi lo spolpamento demografico delle cosiddette aree interne – spiega Sadegholvaad -.Negli ultimi vent’anni, in Italia, la popolazione dei centri è aumentata di quasi il 6 per cento, mentre quella delle aree interne ha registrato un calo di quasi l’1,5 per cento, e nei prossimi dieci anni la popolazione dei primi scenderà dell’1,6 per cento e quella dei secondi del 4,2 per cento. Per non volere viaggiare troppo in alto, e quindi essere troppo generici, ecco un paio di numeri riguardanti proprio la Valmarecchia.

Al censimento della popolazione del 1961 gli abitanti ufficiali della Valmarecchia erano 43.774, residenti in 11 Comuni vale a dire i 7 dell’alta Valmarecchia + i 4 più a valle, Torrisiana, Poggio Berni, Verucchio e Santarcangelo. Di quei 43.774 il 52,7 per cento (23.102) viveva nei sette Comuni dell’alta Valmarecchia mentre il 47,3 per cento (20.672) nella bassa valle. Spostiamoci di qualche anno, esattamente al 2019, ultimo anno prima della pandemia. Stessa analisi ma con risultati opposti: al 31 dicembre del 2019 vivevano nei Comuni della Valmarecchia (ridottisi a 10 per la fusione tra Torriana e Poggio Berni) 54.326 persone, con un aumento di 10.552 residenti rispetto al 1961. Ma di quei 54.326 ben il 68,8 per cento risiedevano nella pianura mentre l’alta valle, in precedenza predominante, riduceva il suo peso al 31,2 per cento.

Un cambiamento, ma in negativo, nel giro di poche decadi: “In 40 anni scarsi c’è stato dunque un radicale ribaltamento demografico, uno scivolare a valle verso Rimini degli abitanti e uno spopolamento progressivo della collina e della montagna. Se andassimo oggi a aggiornare quei numeri probabilmente sarebbero ancora più impietosi. Negli ultimi 10 anni, probabilmente anche a causa dell’accentuarsi della crisi economica e con il ciclone della pandemia, non si è arrestata l’emorragia demografica dei Comuni della fascia collinare e montana. Una riflessione mi sento di porla: i residenti, la popolazione non la si riporta in quei Comuni con le belle parole. Su questo occorre essere molto chiari: si tornerà a vivere in Valconca e in Valmarecchia se là torneranno servizi, servizi sanitari, trasporto pubblico e lavoro.

È necessario pensare ad una soluzione condivisa: “Vedo ancora molta confusione, anche ‘culturale’, sul tema. Bisogna tornare al realismo e al pragmatismo dell’obiettivo. Se pensiamo alla collina come luogo di sole seconde case o di gite domenicali fuori porta, con relativa monocultura turistica, ad esempio, dei negozi e dei pubblici esercizii, tra 10 anni la statistica registrerà un calo ancora superiore. In Valconca e Valmarecchia bisogna riportare residenti, lavoro e dietro al lavoro servizi. Solo così si riuscirà a invertire questa rotta che, detto per inciso, non fa bene neanche al resto dei Comuni della provincia. Le aree interne, l’entroterra non può essere paradossalmente ‘gentrificato’ a esclusivo ‘giardino’ per i turisti o per i riminesi che hanno le seconde case e un numero di residenti fissi in calo e per di più con un’età media alta”.

Oltre ai servizi è fondamentale anche investire sul lavoro: “I numeri relativi al 1961, che ci restituiscono un quadro di paesi popolati, sono spiegabili con il fatto che allora lavoro e servizi erano presenti in maniera diffusa in quei luoghi. Pensiamo solo, parlando di mobilità, al trenino che collegava Rimini alla valmarecchia. Oggi meno, molto meno. Per far vivere le aree interne, al di là di tutte le questioni specifiche, occorre semplicemente che una famiglia giovane con figli non debba fare ogni giorno centinaia di km per andare al lavoro o accompagnare il figlio in palestra o fare spesa all’alimentari o prendere un appuntamento per una visita sanitaria. E non possiamo pensare che il futuro della Valmarecchia e della Valconca sia solo nel turismo, pur considerando questo un asset prioritario per il presente e per il futuro”.

In ultimo, rafforzare il collegamento tra mare e collina: “Non è realistico pensare che da Santacangelo in su tutti ci si trasformi in osti, ristoratori, gestori di strutture ricettive diffuse e basta. La necessità di consolidare il collegamento tra mare e collina in chiave turistica è un obiettivo primario che fa bene a tutti ma non possiamo raccontarci che il futuro della Valmarecchia e della Valconca sia legato solo e soltanto a questo”.