Franco perso nel suo mondo e Tony che a Rimini lo ha salvato
25 Febbraio 2023 / Pietroneno Capitani
Un mondo, quello di tutti noi, non gli bastava per superare i dolori e le traversie che la vita gli ha riservato, così ha deciso di crearsene uno tutto suo, impenetrabile, solitario, e se lo è portato con se, cucito addosso per 30 anni, in giro per Rimini, vivendo per strada, da barbone, insomma. Tutti lo abbiamo visto, rivestito di coperte in inverno, a dormire per terra, coperto anche di cartoni, nella galleria del Credito Romagnolo, lungo il Corso. Oppure con i pantaloni corti, d’estate in città, a torso nudo, steso sulla lastra di marmo dei portici del Municipio. Qualche volta anche con modi di fare a dir poco “inopportuni” per noi. E tutti ci siamo chiesti cosa c’era dietro quella maschera, chi fosse, quale la sua storia…
Sempre con la barbona folta e incolta, bianca e nera, lunghissima. Insomma un “personaggio” della città; ogni tanto gli davo una sigaretta – senza che mai me la chiedesse – e cercavo di parlagli per chiedergli qualcosa, per cercare una comunicazione. La risposta sempre la stessa, un monosillabico mugugno, incomprensibile, ostativo. Franco, il barbone più famoso della città, è di Catania ed è nato nel ’49, ha 74 anni, è l’unica cosa che si può dire.
Anche chi gli è stato vicino nel percorso di recupero alla Capanna di Betlemme, la struttura che ospita tanti senza dimora, dice che appena si accenna alla famiglia e alla sua vita, si richiude a riccio e ammutolisce. Quel poco che si sa lo ha raccontato lui spontaneamente. Franco, per quello che è, è unico – è stato ricevuto dal Sindaco – ma come lui ce ne sono tanti in mezzo alla strada, più di quanti si pensa.
Per per uno come me, da sempre marxista, che non prendeva in considerazione la presenza dei “preti” all’interno della società – anche se almeno uno, Don Giovanni, è un buon amico e un altro, mio fratello, era in famiglia – è una “scoperta” positiva venire a contatto con un mondo che davvero aiuta gli ultimi. E devo ringraziare chi mi ha fatto intravedere questo mondo. Senza i volontari e l’impegno della Chiesa tante persone starebbero peggio. E in questo periodo ne abbiamo viste tante, di persone che da “normali”, finiscono ai margini della società. Basta davvero poco. Basta affacciarsi alla Caritas o in fondo a via della Fiera, alla mensa dei frati… Basta un divorzio, gli alimenti, il sostentamento di un figlio e magari un mutuo per una casa – che si deve lasciare alla ex moglie – per entrare in una spirale da cui è difficilissimo uscire.
Chi lo ha aiutato, Franco, dopo il ricovero in Ospedale, e l’unico con cui ha costruito un rapporto, dopo tanti anni di isolamento solitudine, è Tony, un volontario abruzzese della Capanna di Betlemme, pieno di umanità, che è stato con lui per e lo ha accudito per un mese.
Ieri, quando gli ha comunicato che si staccava da lui e che sarebbe tornato a casa, lo ha visto commuoversi.
Tony, anche lui emozionato, ha scritto una “lettera” a Franco.
“Da come eri, a come sei, tutto in un mese. Sei stato una scommessa vinta che nessuno credeva dopo 30 anni di “strada” senza mai accettare un aiuto, abbiamo condiviso la stessa stanza. Mi ricordo che sei entrato e pesavi 29 kg, eri tutto rannicchiato in te stesso, non parlavi, non ti alzavi dal letto, avevi sempre lo sguardo assente. Ora, dopo tante coccole, sei tornato ad essere un vero uomo. Grazie della fiducia datami, è stato un grande insegnamento per me. Tvb Franco”.
Pietroneno Capitani