«Fritta è buona pure una ciabatta», dice un proverbio tanto vero quanto triste. Perché la ciabatta passata in padella diventa sì buonissima, ma anche dannosissima per la salute. A differenza del cioccolato, un tempo malvisto e oggi pienamente riabilitato (a scapito del suo fascino maledetto: non fa nemmeno più venire i brufoli e pare che prevenga la carie!), il fritto è irredimibile, non ha un risvolto nutrizionale positivo neanche a cercarlo con il lumicino, nemmeno se l’olio è di prima qualità, se la padella è forgiata nel metallo più puro e se ai fornelli c’è un sommo sacerdote della cucina in grado di non far assorbire al fritto una sola molecola d’unto più del necessario.
L’unica difesa è, se non l’astinenza, la più rigorosa moderazione, ogni peccato di frittura va scontato con giorni di detox a base di verdura cruda e cotta ed espiato con litri d’acqua e bicarbonato. I dolci di Carnevale, poi, sono una vera e propria bestemmia contro il salutismo, perché assommano zuccheri e grassi, cioè l’equivalente di Isis e al-Qaeda per l’organismo: non sono fanno male e ingrassano, ma vanno dritti alla regione cerebrale chiamata sistema della ricompensa mesolimbico dopaminergico, scatenando una dipendenza istantanea. Risultato, riesci a staccarti dal vassoio delle castagnole solo quando hai leccato anche l’ultimo residuo di zucchero al velo bisunto.
Castagnole, poi, è un eufemismo per quei piccoli ma micidiali ordigni caricati a nutella, o a crema pasticciera, o chantilly o al pistacchio (ultima perversione) che occhieggiano in questi giorni nei panifici e nelle pasticcerie. Sembra quasi che, più si diffonde il vangelo salutista, più i dolci di carnevale diventino vere e proprie imprecazioni dietetiche, un arsenale di glucidi e trigliceridi pronto ad esploderci nelle fauci.
Le semplici frittelle zuccherate sono state caricate dai pasticceri a uvette calibro 9 e ripieni ultracalorici, i fiocchetti si sono ricoperti di caramello o di miele; il colmo dell’ipocrisia sono le frittelle di mele, maledette finte ingenue: un atomo di mela avvolto in mezz’etto di pastella ad alto numero di ottani, dal contenuto calorico equivalente a una torta nuziale.
C’è da ringraziare il cielo che castagnole, fiocchetti, tagliatelle fritte eccetera abbiano la stessa quotazione del tartufo d’Alba, obbligandoci a moderare il consumo. Dev’essere una direttiva del Ministero della Sanità.
Lia Celi www.liaceli.it