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Giorgio Giovagnoli, il figlio di Minghe ad Muntel, perché come si dice in compagna, l’albero si giudica dai frutti


Giorgio Giovagnoli. E fiul ad Minghe ad Muntel


4 Agosto 2024 / Enrico Santini

La storia siamo noi, cantava Francesco De Gregori “Il Principe” nel 1985. Sono passati, inutilmente, 40 anni e noi continuiamo a non capire quali sono i valori della vita. Minghe ad Muntel, nasce agli inizi del ’900, il secolo breve, funestato da due guerre “mondiali”, la spagnola, le ideologie, terremoti e anche speranze. Minghe cresce nella Pedrolara che ha già dato i natali all’abate Giovanni Antonio Battarra (1714-1781), ma il nostro uomo non scrive di botanica, ma opera sul campo. E’ il più bravo innestatore che ci fosse nel contado riminese. Nessuno come lui, nessuno dopo di lui. Dopo la Peronospora che ha decimato la viticoltura italiana, l’arte dell’innestatore è particolarmente ricercata. Ma Minghe ad Muntel, è anche un valente potatore e gli ulivi sono una risorsa importante per la povera economia riminese. Tra Montetauro e la Pedrolara la famiglia dei Muntel diventa punto di riferimento per chi vive con poco, ma quel poco è di tutti. Poco più in alto, sulla collina abita la famiglia dei Brancon. (Zangheri). Mio nonno Turen era “Mestre”, Magister, Mister, Maestro dell’olio, sodale con Minghe.

Oggi, in questo torrido Agosto dell’anno del Signore 2024, è mangiare una fetta di pane “siapo” con un filo d’olio con il mio amico Giorgio Giovagnoli, il figlio di Minghe ad Muntel, perché come si dice in campagna, l’albero si giudica dai frutti.

Rurali sempre,

Enrico Santini