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Gran brutto sogno di fine estate


15 Settembre 2016 / Nando Piccari

Che orribile sogno ho fatto ieri, durante un imprevisto pisolino pomeridiano!

Spaparazzato sul divano, fungendo a mia volta da poltrona al ronfante gattone Primo, ascoltavo alla radio lo “chiccoso birignao” di Bertinotti, ospite di “Un giorno da pecora”. A colpirmi era l’abissale distanza fra il tono gigioneggiante dei due intervistatori e la malmostosa stucchevolezza dell’ospite nel recitare il ruolo del “comunista che fu e sempre sarà”.

L’unico attimo di tregua se l’è concesso quando Giorgio Lauro e Geppi Cucchiari gli hanno “rinfacciato” l’indosso di una camicia bianca “alla Renzi”: «Lui ha inventato tante cose, ma non certo la camicia bianca», è stato il suo insospettato guizzo di contro-ironia.

Ma nel dirlo, avrà sicuramente trovato modo di evidenziare un prezioso paio di gemelli ai polsi, magari firmato Dolce&Gabbana: un marchio tutto sommato “proletario”, per l’assonanza con “Ciro e Gabena”, la mitica coppia di riminesissimi “compagni falegnami del Borgo” che per un ventennio ha costruito palchi alle Feste de l’Unità.

Insomma, per tutto il tempo in cui ho potuto ascoltare la trasmissione, Bertinotti è riuscito ad essere coerente con il suo vissuto politico, improntato ad irrefrenabile godimento nel procurare, subire o annunciare sconfitte e batoste.

Pertanto non si è limitato all’ovvia anticipazione che lui al referendum istituzionale voterà no; ha anche aggiunto che la vittoria del sì sarebbe un disastro per l’Italia, grazie a Renzi; non mancando però di segnalare che, anche nel caso vincesse il no, per l’Italia rimarrebbe comunque un disastro, grazie a Renzi.

Sarà stato a causa del sommarsi delle fusa ritmate del mio gatto con la cantilenante erre moscia bertinottiana, sta di fatto che ad un certo punto mi sono addormentato, dando inizio al sogno.

Il “set onirico” era ad Arcore, nel parco della celebre Villa San Martino, al cui ingresso campeggiava una gigantesca scritta: “Vota No! Perché? Perché No!”.

Entrandovi, ho sentito distintamente il festante padrone di casa invitare “tutti voi, miei cari olgettini, ad un brindisi alla democrazia e alla Costituzione, le cui sorti sono oggi minacciate dall’illiberale riforma di Renzi”.

Su di una grande tavola, addobbata di pizzi e merletti, era un trionfo di “vini DOD” (Denominazione di Origine Dalemiana) che l’azzimato Sommelier Massimo mesceva in preziosi calici di cristallo, passandoli via via al “camerier servente” Travaglio perché li porgesse agli ospiti, non senza aver aggiunto “mica penserete che sia come quel Verdicchio di Verdini?!”

Man mano che mi inoltravo all’interno del parco, scorgevo personaggi conosciuti, dall’origine politica più disparata. In un angolo Brunetta, intento con una mano a sorseggiare un calice di vino DOD e con l’altra a tenere al guinzaglio il cane Dudù che stava facendo pipì sui pantaloni di Calderoli, avendolo preso per un grosso “marugone”; nel mentre, con la spocchia tipica dei cani di razza, continuava a ringhiare a Salvini, scambiato per un bastardino.

Più in là ecco quel gran signore milanese di Smuraglia fare il baciamano alla Santanché, suscitando l’evidente disapprovazione del suo vice all’ANPI, il modenese Luciano Guerzoni, che sottovoce ripeteva quell’enigmatico “mai guai!” con cui fu solito intercalare i sette anni di relazioni, introduttive e conclusive, svolte durante i dieci passati da segretario regionale del PCI.

Poco distante Dario Fo, che fa rima con Salò, mostrava ad una divertita Giorgia Meloni, in divisa da Giovane Italiana, la sua ultima creazione artistica: il disegno della ministra Boschi in versione hard, messo in vendita per sostenere il partito di Grillo.

Il quale era anch’egli presente nel mio sogno, intento a “spataccare” su di una calcolatrice, volendo capire quanto la notizia di quella sua partecipazione al “Party della Nazione” a casa Berlusconi gli avrebbe fruttato, in seguito alle cliccate aggiuntive a quelle dei tanti fresconi che visitano abitualmente il suo “blog-civetta”.

Lievemente discoste dal resto della compagnia, due coppie a colloquio. La prima era costituita da Vendola, che rassicurava con un perentorio “ abbazzo zenz’altro il zi” Gianni Alemanno, il quale gli rispondeva col saluto romano, accompagnato da sbattuta di tacchi ed uno squillante “ehia-ehia, ala-nò!”

La seconda vedeva impegnati in un fitto ci-ri-ci-cì Di Maio e Bersani; col grillino che, forte nei congiuntivi ed in geografia, ripeteva angosciato: “se vincerebbe il sì ci toccasse espatriare a Montevideo, la capitale del Perù”; e l’altro che lo rassicurava: “tranquillo, l’importante non è smacchiare il giaguaro, ma vedere se il gallo fa il nido sul tetto”.

A quel punto mi sono svegliato e, tirato un sospiro di sollievo, mi son detto “meno male che era soltanto un sogno”.

Citando Modugno, «credo che un sogno così non ritorni mai più», o almeno lo spero. Perché ha voglia Marzullo a dire che «i sogni aiutano a vivere»: un altro paio di incubi come quello di ieri e… “ti saluto Rosina!”
Nando Piccari


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