Home___aperturaI chiringuitos devono essere messi a bando. Sentenza del Consiglio di Stato

"Si tratta di un'autonoma attività fuori dalla concessione in essere"


I chiringuitos devono essere messi a bando. Sentenza del Consiglio di Stato


22 Agosto 2023 / Roberto Biagini

Il Consiglio di Stato con una recentissima sentenza (Sezione VII, n. 7768 del 16 Agosto 2023)  ha affrontato un tema che può essere di estrema attualità e utilità nell’ambito del caldo dibattito riminese scatenato dai Chiringuitos”: quello dello jus variandi dei rapporti contrattuali pubblici esistenti “venendo in rilievo la necessità di valutare se la variazione proposta incida al punto da mutare gli elementi essenziali del contratto stipulato o della concessione rilasciata, così da porsi in contrasto con il generale principio (salvo le specifiche eccezioni previste dalla legge) che impone la selezione del contraente previo espletamento di una procedura selettiva degli operatori economici interessati”.

Il tema trattato dai giudici di Palazzo Spada riguarda l’appello ad un Tar Sardegna avente ad oggetto “la concessione demaniali di ormeggi portuali”, ma il collegio giudicante ha definito dei principi di diritto relativi al “cono di copertura” dell’art. 24 Reg. Attuazione del Codice della Navigazione che disciplina, appunto, le possibili variazioni autorizzabili al contenuto della concessione.

In buona sostanza i giudici si sono chiesti cosa sia possibile autorizzare con l’art. 24 (variazioni ammissibili) e cosa invece non lo sia essendo, di contro, necessaria una nuova concessione da assentire con una pubblica evidenza (variazione non ammissibile).

Sappiamo che l’amministrazione comunale riminese ritiene il “Chiringuito” una mera estensione della concessione demaniale del Chiosco-Bar che con l’autorizzazione del concessionario dello   stabilimento balneare è facoltizzato ad installare un “nuovo manufatto”, non solo per la somministrazione “tra gli ombrelloni” di alimenti e bevande, ma anche  per la diffusione della musica con ballo (si dice spontaneo) connesso.

Estensione, per inteso, che non comporta nessun aumento del canone demaniale versato dal chioschista (€ 3.377,50 -tremilatrecentosettantasette/50-  annui).

Bene: siamo di fronte ad una attività rientrante nei parametri dell’art. 24 Reg. Att. sopra richiamato oppure, come sembrerebbe, siamo di fronte ad una nuova tipologia, fonte di ulteriore occasione di guadagno, che può essere svolta in completa autonomia rispetto al “Chiosco-Bar “madre” e quindi necessitante di una gara pubblica per assentirla?

Il Consiglio di Stato inizia la sua dissertazione sul tema indicando quali siano gli elementi essenziali della “concessione demaniale” e cioè: 1) “la res, ossia il bene demaniale concesso in affidamento nei suoi aspetti qualitativi (tipologia) e quantitativi-dimensionali (l’estensione). Il mutamento, infatti, del bene in sé o del suo ambito dimensionale in significativo aumento certamente incide sugli elementi essenziali del rapporto, imponendo, dunque, l’osservanza del richiamato obbligo di gara”; 2) “in secondo luogo, assume peculiare rilevanza anche la tipologia di uso consentita del bene concesso in affidamento, poiché indicativo delle concrete utilità ritraibili dal concessionario e dalla collettività e, quindi, degli interessi privati e pubblici soddisfatti dalla concessione”. Continua il Consiglio di Stato ricordando le finalità pubblicistiche, in comparazione con gli interessi dei privati concessionari, che sottendono alla discrezionalità della amministrazione nel rilascio della concessione valutando anche e soprattutto quello che dovrebbe essere la finalità del “canone“  funzionale tanto del corrispettivo vantaggio personale derivante dall’acquisizione di un diritto di utilizzo esclusivo del bene demaniale  richiesto, quanto compensativo del pregiudizio sofferto dalla generalità dei consociati a causa della perdita o della limitazione del libero uso del bene.

In buona sostanza la concessione di beni demaniali è contraddistinta da una duplice finalità di rilevanza causale: ed ossia, “da un lato, il vantaggio personale ritraibile per il concessionario dall’uso esclusivo del bene e, dall’altro, il necessario soddisfacimento degli interessi pubblici perseguiti dall’Autorità amministrativa concedente all’esito della predetta complessa valutazione di bilanciamento, non essendo possibile il rilascio di una concessione  unicamente preordinata a soddisfare le esigenze personali del concessionario a discapito e, quindi, senza il soddisfacimento di qualsivoglia pubblico interesse. E poiché le predette duplici componenti causali contraddistinguono la concessione  di beni demaniali su tutti gli aspetti della relazione intercorrente tra l’Autorità concedente ed il concessionario ed ossia, tanto in ordine alla struttura dell’atto, quanto in ordine allo svolgimento del rapporto concessorio, ecco la ragione per la quale un mutamento sostanziale sul piano qualitativo o quantitativo del diritto di uso concesso implicherebbe una variazione rilevante del rapporto sul piano causale al punto da ingenerare un rapporto nuovo, come tale non suscettibile di autorizzazione ai sensi dell’art. 24 Reg. esec. cod. nav.”

Il Consiglio di Stato rafforza il suo ragionamento con “la chiosa finale” di cosa deve intendersi per mera “variazione” di cui all’articolo 24 Reg. Esec. Cod. Nav. rispetto alla nuova concessione disponendo quanto segue: “L’ elemento, infatti, discretivo della variazione di cui all’art. 24 reg. esec. cod. nav. rispetto all’affidamento di una nuova concessione si rinviene nell’idoneità dell’area demaniale in aumento ad essere suscettibile di autonoma e separata utilizzazione rispetto a quella già concessa in uso con l’originaria concessione, poiché qualora l’area considerata non abbia siffatta attitudine, per ragioni qualitative o quantitative (come l’estensione, l’ubicazione, ecc…), allora si rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 24 reg. esec. cod. nav. e l’originario concessionario può chiedere l’estensione della propria concessione anche ad aree demaniali limitrofe. Diversamente, l’area considerata, qualora sia di per sé idonea a garantire utilità separate rispetto a quelle derivanti dall’utilizzo dell’area già concessa in uso al richiedente, manifesta un’autonomia tale da renderla oggetto di un’autonoma concessione, imponendo, quindi, una gara per il suo affidamento”.

Il Chiringuito, ritengo rientri pienamente in una valutazione di questo tipo in quanto è fonte autonoma di reddito, di guadagno rispetto alla concessione storica assentita per l’attività di Risto-Bar (basterebbe solo andare a verificare le attività di “ballo spontaneo” legate più o meno ai numerosi eventi autorizzati e soprattutto controllare chi effettivamente gestisce l’attività e gli incassi…). Ricordo che il Piano Spiaggia (scaduto) formalmente li “autorizzerebbe” (li chiama Gazebo” per somministrazione di alimenti e bevande) solo in attuazione del più complesso “comparto” vista la rilevanza economica-urbanistica-edilizia che comportano diversificandosi completamente dai Chioschi-Bar attuali (ed infatti li prevede in aggiunta).

Tutti elementi che avrebbero dovuto imporre al Comune di Rimini una pubblica evidenza a tutela dei principi concorrenziali e di libera impresa nell’ assentimento dei “Chiringuitos”, per così come di fatto sono stati realizzati e per l’indotto economico, il “business” che creano.

La sentenza del Consiglio di Stato

Roberto Biagini