Il trofeo calcistico più antico del mondo, nato nel lontano 1871 e ancora oggi capace di regalare grandi emozioni e favole da ricordare: è la FA Cup, competizione nazionale inglese dove un po’ tutti possono immaginare di compiere grandi imprese, a discapito di ogni pronostico e di ogni teorico valore tecnico ed economico.
Una strada aperta a ogni circostanza
Ormai da alcuni anni, assistiamo nei nostri confini a una Coppa Italia francamente deprimente, vittima di una formula, i cui match sono ovviamente quotati nel settore delle scommesse, che favorisce in tutti i modi possibili le big, relegando le compagini minori quasi sempre al ruolo di comprimarie destinate a sparire in fretta dal tabellone. L’ingresso delle prime 8 del campionato di Serie A precedente a partire solo dagli ottavi di finale, oltretutto con l’ulteriore vantaggio di poter giocare la partita a eliminazione diretta in casa, toglie spazio alle sorprese, all’equità sportiva, trasformando la Coppa in una sorta di banale passerella studiata ad arte per far arrivare in fondo le squadre solite.
In Inghilterra, per fortuna, la situazione è ben diversa, e c’è una manifestazione che resiste da oltre 150 anni fornendo una giusta chance anche a chi non fa parte dell’élite nazionale: la FA Cup. Istituita nel 1871, ancora prima della nascita di quella che poi sarebbe diventata la Premier League, si è trasformata presto in un evento speciale, nel corso del quale anche le compagini minori possono cercare gloria, vittorie straordinarie, cammini imprevedibili verso i turni finali, magari proprio a discapito di quei top team infinitamente più ricchi e potenti.
La FA Cup è terreno fertile per ogni tipo di soluzione, in virtù di un tabellone allargato in cui le big d’Inghilterra rischiano di trovarsi presto una contro l’altra, mentre al contempo squadre di quarta, quinta o sesta divisione hanno facoltà di farsi largo, come spesso è accaduto in passato. Ciò può avvenire per buchi nel tabellone in cui infilarsi, oppure attraverso clamorosi successi contro avversari di alto blasone (le cosiddette giant killing).
Il vero sapore dello sport
Nell’era dei social, non è infrequente vedere giocatori delle squadre top che postano sui loro account bizzarre immagini raccolte alla vigilia di una partita di FA Cup: loro, abituati a battersi negli stadi più prestigiosi, davanti a 60.000, 70.000 persone, si ritrovano d’improvviso su campetti di periferia, in spogliatoi organizzati alla bell’è meglio, in stadi minuscoli, contro sfidanti totalmente sconosciuti. E qualche volta accade persino che ne escano sconfitti, o che riescano solo a pareggiare e siano costretti alla ripetizione del match.
Proprio qui sta la meraviglia dello sport, quel gusto che in Italia ci siamo sostanzialmente dimenticati: l’opportunità aperta a tutti, senza preclusioni, a sorteggio integrale, senza teste di serie né altri favoritismi, affinché anche una squadra minore che non ha mai nemmeno avvicinato i lustrini della Premier League possa tenere vivo il sogno di eliminare uno o più top team, e magari andare persino a Wembley a giocarsi la finale.
Non a caso, la storia della FA Cup è piena di epici rovesciamenti di pronostico: come quando ad esempio il Wrexham (quarta divisione) eliminò l’Arsenal (campione d’Inghilterra in carica) nel 1992, o quando, nel 2013, il piccolo Wigan vinse il trofeo sconfiggendo nell’ultimo atto il Manchester City. Situazioni comunque verificate più volte, per l’indimenticabile gioia dei supporter locali, che hanno potuto raccontare ai loro figli e ai loro nipoti cosa hanno vissuto in quei momenti imponderabili.
Più di 700 squadre in lizza, centinaia di partite, migliaia di gol, un cammino lunghissimo e un’occasione per tutti: ecco la magia senza limiti della FA Cup, competizione dal fascino unico.