Il Tempio di Rimini nelle foto di Luciano Liuzzi
26 Febbraio 2023 / Paolo Zaghini
Luciano Liuzzi, Pier Giorgio Pasini: “Nel Tempio. Immagini e volti: l’interno della Cattedrale di Rimini nelle fotografie di Luciano Liuzzi” – Pazzini.
Rimini è bella. Anche se troppo spesso siamo portati a trasformare in macigni i tanti problemi che ci sono. Però sfogliando il libro fotografico di Luciano Liuzzi dedicato al Tempio Malatestiano comprendiamo che cos’è la bellezza e perché Rimini, anche grazie alla costruzione di Leon Battista Alberti, sia bella.
Gli innumerevoli volumi usciti in questi ultimi anni dedicati a Sigismondo Pandolfo Malatesta e alla sua famiglia (che ho ampiamente segnalato in questa mia piccola rubrica libraria) dedicano tutti ampio spazio al Tempio. Ne voglio richiamare però tre che mi hanno colpito: il primo è quello di Pier Giorgio Pasini “Tempus Loquendi Tempus Tacendi. Riflessioni sul Tempio Malatestiano. 1969-2017” edito da Minerva nel 2019; il secondo è “L’umanesimo cristiano del Tempio Malatestiano. Percorsi di riscoperta artistica, teologica e sapienziale” a cura di Johnny Farabegoli e Natalino Valentini edito sempre da Minerva nel 2018; il terzo è quello realizzato da Erica Angelini – Elena Savini per i piccoli lettori “Sigismondo e gli influssi della Luna. Un viaggio fantastico nella Cappella dei Pianeti” edito da Maggioli nel 2022.
Quelle riflessioni contenute in quelle pagine trovano nelle straordinarie e bellissime fotografie di Liuzzi la loro materializzazione. Scrive nella Presentazione del volume il Vescovo Francesco Lambiasi: “Una importante selezione di ‘sguardi’ che il fotografo Luciano Liuzzi ha dedicato durante la sua lunga attività a questo mirabile monumento, centro della spiritualità e della vita liturgica della Città”. “Qui la fotografia assume un valore teologico, là dove i molteplici sguardi e volti offerti dagli scatti presenti nel libro ci aprono allo stupore, ci interrogano, pure, e ci additano, attraverso una sublime concordia, che il vero volto dell’Amore è quello di Cristo”.
Le fotografie del volume sono interamente dedicate solo all’interno del Tempio. Si apre con i ritratti di Sigismondo Malatesta (1417-1468), grande condottiero e per più di trent’anni signore di Rimini. Senza dubbio il personaggio più famoso della sua famiglia. Ma, scrive Pier Giorgio Pasini, “la sua fama è equivoca: di coraggioso e valoroso condottiero, di colto e grande mecenate, ma anche di tiranno amorale, ribelle, scomunicato. La cattiva fama si deve ai continui contrasti con Federico da Montefeltro, allo sleale comportamento tenuto con gli Aragonesi e soprattutto ai pessimi rapporti avuti con il pontefice Pio Piccolomini”, ovvero Papa Pio II. Oggi la fama di Sigismondo la si deve soprattutto al Tempio. Sempre Pasini: “Un capolavoro, questo, che ‘avrebbe la possibilità, e quasi il diritto di porsi a emblema stesso del Rinascimento’, come ha scritto Cesare Brandi (1956), nonostante l’incompiutezza dovuta al crollo delle fortune malatestiane nel 1460”. “Templum dedicato alla lode di Dio e al sostegno della fede, e nello stesso tempo all’onore di chi l’aveva fatto costruire e della città in cui sorgeva”.
La prima immagine del volume non poteva non essere lo splendido affresco di Piero della Francesca dedicato a “San Sigismondo venerato da Sigismondo Malatesta”, datato 1451. Seguito dal ritratto di profilo di Sigismondo scolpito da Agostino di Duccio nella cappella della Madonna dell’acqua, detta delle Sibille. E poi gli stemmi araldici di Sigismondo e la rosa a quattro petali, detta ‘rosa malatestiana’.
Seguono le immagini delle diverse cappelle: quella di Sigismondo con le opere scultoree di Agostino di Duccio; la cella delle reliquie; quella di San Michele Arcangelo (detta d’Isotta); quella di San Girolamo, ora dedicata a Santa Colomba (detta dei Pianeti o dello Zodiaco); quella di Sant’Agostino, ora dedicata a San Giuseppe (detta delle Muse e delle Arti liberali); quella di San Raffaele Arcangelo, ora dedicata a San Gaudenzo (detta ‘dei giochi infantili’); quella del martirio del Redentore, ora dedicata alla ‘Madonna dell’Acqua’ (detta delle Sibille).
Le sculture dell’interno del Tempio sono opera del fiorentino Agostino di Duccio (1418-1481) presente a Rimini dal 1449 al 1456. I bassorilievi più caratteristici e noti del Tempio hanno come protagonisti i “putti”, angeli bambini e giovanetti, in cui si rivela ancora l’influenza di Donatello (del quale Agostino era stato uno dei molti “garzoni”).
Se i sepolcri degli intellettuali di corte e degli uomini d’arme furono posti sui fianchi esterni del Tempio, i sepolcri di Isotta degli Atti (che all’inizio degli anni cinquanta era diventata la terza moglie di Sigismondo) nella seconda cappella di destra e quello di Sigismondo, nella controfacciata del Tempio, fra la sua porta d’ingresso e la cappella di San Sigismondo, furono realizzati da Matteo de’ Pasti e Agostino di Duccio all’interno del Tempio.
L’arca sepolcrale di Isotta è sostenuta da due elefanti e sormontata dallo stemma e da elementi araldici malatestiani e dalla scritta “Tempus loquendi, tempus tacendi”. Il sepolcro di Sigismondo è ben più sobrio e tardo, e comunque non finito.
Ai sepolcri di Isotta e Sigismondo vanno aggiunti quelli presenti nella Cappella degli Antenati (e dei Discendenti) di Sigismondo (nella prima cappella di sinistra). Purtroppo anche l’interno del Tempio, proprio come l’esterno, è rimasto largamente incompiuto (specialmente nelle cappelle di sinistra).
Riportiamo l’iscrizione che in bellissimi caratteri classici percorre tutta la facciata del Tempio malatestiano e ne dichiara il committente, lo scopo e l’anno di fondazione: “Sigismondo Pandolfo Malatesta figlio di Pandolfo ha fatto per voto nell’anno santo 1450”. Da buon megalomane e narcisista perché fosse ben chiaro chi volle per la bellezza di Rimini questa meraviglioso capolavoro della creatività umana. E i riminesi, a distanza di quasi 600 anni, ancor oggi ringraziano (e di questo dovrebbe tener conto anche don Danilo Manduchi, l’amministratore della Curia, quando ci racconta sui giornali quanto costa mantenere questo meraviglioso Tempio).
Paolo Zaghini