Home___primopianoIn Emilia-Romagna posto sicuro solo per metà dipendenti, a Rimini “bassissima retribuzione”

Rapporto Ires: a donne e stranieri paghe inferiori del 70%, turismo penalizza i redditi con lavoro precario e part-time - VIDEO


In Emilia-Romagna posto sicuro solo per metà dipendenti, a Rimini “bassissima retribuzione”


20 Dicembre 2024 / Redazione

Anche in Emilia-Romagna l’emergenza redditi, salari e pensioni è di casa. Nel 2023 in Emilia-Romagna il 6,8% delle famiglie residenti viveva in condizioni di povertà relativa, ovvero con un reddito inferiore alla soglia dei 1.211 euro mensili (per una famiglia di due componenti adulti). Si tratta di una percentuale “ben superiore a quelle degli anni passati”, seppur ancora al di sotto della media nazionale (10,6%).

Lo segnala il rapporto Ires “Benessere, redditi, spese, diseguaglianze, retribuzioni”, illustrato oggi nella sede della Cgil regionale. Tra varie anomalie che resistono, come quella per cui le donne guadagnano quasi 10.000 euro all’anno in meno (-70%) delle donne, si assottiglia l’Emilia-Romagna del lavoro stabile e continuativo: ormai solo la metà dei dipendenti emiliano-romagnoli lavora a tempo indeterminato, a tempo pieno e per 12 mesi all’anno.

“Abbiamo un 42% di lavoratrici e lavoratori regionali che non arriva a 20.000 euro lordi all’anno di reddito, significa che non arrivano a 1.200 netti al mese. E c’è un 38% di operaie e operai a 15.000 euro lordi annui, sotto la soglia psicologica dei 1.000 euro al mese quindi”, evidenzia il segretario della Cgil Emilia-Romagna, Massimo Bussandri, illustrando il rapporto coi ricercatori Ires Giuliano Guietti e Valerio Vanelli. L’unica occupazione aumentata in questi anni, tira le somme Bussandri, è “quella dei settori più poveri di retribuzione e continuità lavorativa, oltre che di diritti”.

Continua il segretario regionale Cgil: “L’Emilia-Romagna che lavora è un po’ in difficoltà. È vero che rimane la regione italiana con più basso rischio di povertà e con indicatore di disuguaglianze ben al di sotto della media nazionale, ma molte nuvole si addensano all’orizzonte”. Insomma, l’Emilia-Romagna non è una regione di poveri, ma “si sta allargando sempre di più l’area delle famiglie che si colloca poco sopra alla povertà”. “Non sono le tradizionali sacche del disagio sociale, ma famiglie di lavoratori e pensionati: pagano il fatto che anche in questa regione negli ultimi anni salari e stipendi sono cresciuti molto meno dei prezzi”, insiste Bussandri. Come emerge dalla ricerca, infatti, già nel 2022 la spesa media delle famiglie emiliano-romagnole è cresciuta dell’8,9%, arrivando alla soglia dei 2.900 euro a famiglia, superiore a quella dell’inflazione calcolata secondo l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività, pari all’8,4%, e molto superiore alla crescita media dell’importo delle pensioni (+3,1%), nonché delle retribuzioni dei settori privati non agricoli (+1,2% quelle giornaliere e +3,2% quelle annue).

Ancora, tra le varie anomalie, l’asse delle province “forti” (Parma, Modena, Bologna e Reggio Emilia) resta molto distanziato da quello delle piu` deboli (Ferrara e, soprattutto, Rimini), anche per la maggior presenza in queste ultime di lavoro precario e part-time. Oppure, spicca la “bassissima retribuzione” sia giornaliera (78,1 euro al netto dei part-time) sia annua (10.350) del settore “alloggio e ristorazione”, così come dirigenti che guadagnano oltre 5,5 volte gli operai. Le donne, su base annua, guadagnano in media il 68,4%, non oltre, di quanto percepito dagli uomini, mentre “gli extracomunitari” nel 43,1% dei casi non raggiungono i 15.000 euro annui di retribuzione.

(Agenzia DIRE)