IV Novembre a Santarcangelo, Sacchetti: “Anche 105 anni fa l’unica vittoria fu la pace”
5 Novembre 2023 / Redazione
A Santarcangelo è toccato all’assessore Filippo Sacchetti pronunciare il discorso ufficiale per il IV Novembre – Giornata dell’Unità Nazionale e Festa delle Forze Armate. Eccolo:
Buongiorno a tutte e a tutti. Oggi sono qui a rappresentare l’Amministrazione comunale, in qualità di assessore alle Politiche per la sicurezza, al posto della sindaca Alice Parma che non ha potuto partecipare in prima persona. Lo scorso anno, in questa stessa sede, proprio la sindaca esprimeva tutta la nostra preoccupazione per il conflitto in Ucraina, ancora oggi ben lontano anche solo dalla prospettiva di una conclusione.
Oggi, tuttavia, un’altra guerra ha calamitato prepotentemente la nostra attenzione: quella nella Striscia di Gaza, che da poco meno di un mese è al centro dei pensieri di tutto il mondo. Appena sei giorni fa in Consiglio comunale la sindaca ha chiesto di osservare un minuto di raccoglimento per i morti che, a migliaia, continuano ad aumentare di ora in ora.
I numeri – che pure in queste occasioni non sono tutto, ma servono a dare la dimensione di quello che sta succedendo – sono impietosi e testimoniano la brutalità di un conflitto che ha già causato più di diecimila vittime. Oltre 9mila morti palestinesi, 1.400 israeliani, a cui si aggiungono circa 30mila feriti e quasi 3 milioni di sfollati, più di 200 ostaggi e il dato materiale, anche questo indicativo, di 34mila case distrutte a Gaza.
Siamo di fronte a una tragedia umanitaria di proporzioni inimmaginabili fino a qualche settimana fa, ma non esattamente imprevedibile considerando la situazione che da decenni coinvolge Israele e la Palestina. Come sempre accade quando scoppia una guerra, tuttavia, ogni tentativo di analisi del contesto viene spazzato via dalle prese di posizione dell’una o dell’altra parte, che di certo non aiutano a comprendere l’accaduto.
È successo proprio questo all’indomani del discorso del Segretario Generale António Guterres di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite lo scorso 24 ottobre. Dopo aver fermamente condannato l’aggressione di Hamas allo Stato d’Israele avvenuta il 7 ottobre, definita senza mezzi termini un attentato terroristico, Guterres ha correttamente fatto notare che “gli attacchi di Hamas non sono venuti fuori dal nulla”, ma devono essere contestualizzati nella complessa situazione che coinvolge da lunghissimo tempo le due parti.
Spiegare non è sinonimo di giustificare, chi si occupa di informazione e comunicazione dovrebbe saperlo bene. Eppure tanti giornali, anche italiani, hanno dedicato le prime pagine del giorno successivo al presunto – e di fatto inesistente – attacco di Guterres a Israele. Ecco, se c’è una tentazione alla quale credo sia importante non cedere in una situazione come quella attuale è semplificare, scegliere la via della superficialità invece di prendersi il tempo e la fatica di capire una situazione complessa.
E in questa trappola – dove è fin troppo facile cadere per l’accelerazione e la tensione che la guerra impone al dibattito, eliminando ogni spazio utile alla riflessione – non devono farsi travolgere l’informazione, la politica, le istituzioni e i semplici cittadini, che cercano con difficoltà di capirci qualcosa. “Condannare i crimini, comprendere il contesto” ha scritto Human Rights Watch all’indomani dell’incidente diplomatico che ha coinvolto Guterres, perché “le atrocità non giustificano le atrocità”. E il nostro obiettivo, non dimentichiamocelo mai, non dev’essere la “vittoria” di una delle due parti, ma la cessazione delle ostilità. In una parola, la pace.
È curioso come questo valga oggi come valeva 105 anni fa, in quel 4 novembre del 1918 che vide la conclusione della Prima Guerra Mondiale. All’epoca, la “vittoria” dell’Italia venne celebrata trionfalmente dai vertici militari e politici del Paese, ma il tempo trascorso ci consente di affermare che l’unica vittoria conseguita quel giorno fu la fine delle ostilità.
La fine delle sofferenze per i milioni di giovani italiani costretti a combattere una guerra che la maggior parte di loro non poteva capire, mandati a morire tra proiettili e granate nemiche, fame, freddo e malattie. Chi ha avuto l’occasione di visitare gli scenari della Grande Guerra – dalle trincee dall’Alto Adige ai luoghi della memoria nella valle dell’Isonzo – anche a distanza di oltre un secolo ha potuto quanto meno immaginare le condizioni di vita di quei giovani uomini, molti dei quali non tornarono mai a casa.
L’immane tragedia della Prima Guerra Mondiale è costata milioni di vite, una cifra che fra l’altro gli storici non riescono ancora a stabilire con precisione a distanza di oltre un secolo. Si potrebbe pensare che il mondo nel frattempo sia cambiato, perché oggi la guerra si fa con i droni invece che nelle trincee. Ma non sono cambiate di una virgola le sue conseguenze: perdita e dolore, sofferenza e morte.
Quindi il mondo è davvero cambiato? È cambiato l’essere umano, che continua a odiare il suo simile e a volere il suo totale annientamento? A vedere certi scenari non si direbbe affatto. E noi, se ci facciamo accecare dal conflitto, non siamo diversi dagli interventisti che alla vigilia della Prima Guerra Mondiale accusavano di vigliaccheria chi invece chiedeva che il nostro Paese scegliesse di restare neutrale.
Non è mai banale ricordare che “l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”: lo dice all’articolo 11 la nostra Costituzione, ed è questa la strada su cui dobbiamo camminare.
Ma il IV Novembre è anche una giornata per ringraziare, innanzitutto chi ha reso possibile questa commemorazione: dalla Polizia locale alla Protezione civile fino alle forze dell’ordine intervenute, dalla banda cittadina alle associazioni combattentistiche, con un pensiero a Werter Paesini che ricordiamo sempre con grande affetto, soprattutto in queste giornate.
Un ringraziamento anche alle forze armate, per il lavoro che quotidianamente svolgono nelle missioni internazionali di pace e a favore delle comunità locali. A questo proposito vi abbiamo preparato una sorpresa, chiedendo a una persona che per tanti anni è stata a servizio della comunità di Santarcangelo di prendere la parola per un momento di saluto pubblico alla nostra città.
È quindi con grande piacere che chiamo accanto a me Giuseppe Pizzarelli, comandante della Stazione dei Carabinieri di Santarcangelo per oltre trent’anni, in pensione da qualche giorno a questa parte.