La Belle Époque a Rimini: bella, ma non per tutti
2 Gennaio 2018 / Paolo Zaghini
Davide Bagnaresi: “Vivere a Rimini negli anni della Belle Époque – La quotidianità tra progresso, tempo libero, emergenze e politica”. Panozzo Editore.
Col nome di Belle Époque si indica il periodo storico, socio-culturale e artistico europeo che va da fine Ottocento all’inizio della Prima guerra mondiale. In quel ventennio le invenzioni e i progressi della tecnica e della scienza furono senza paragoni con le epoche passate. Ci fu complessivamente un miglioramento delle condizioni di vita e si diffuse in tutta Europa un senso di ottimismo. Inoltre con Belle Époque si continua a indicare a tutt’oggi la vita brillante nelle grandi capitali europee, le numerose esperienze artistiche, ma soprattutto l’idea che il nuovo secolo, il Novecento, sarebbe stata un’epoca di pace e di benessere. Tutto invece sarebbe stato poi spazzato via dai colpi di cannone della Prima guerra mondiale (gli anni della Prima guerra mondiale a Rimini sono stati ben raccontati nel volume precedente di Bagnaresi “Vivere a Rimini negli anni della Grande Guerra : la quotidianità tra bombardamenti, terremoti, fame e profughi”, sempre per i tipi di Panozzo, 2015).
In questo nuovo volume Bagnaresi ci prende per mano e ci porta a conoscere la Rimini di inizio Novecento: le sue industrie, gli effetti delle nuove scoperte sulla vita dei cittadini (la luce elettrica, il telefono, le automobili), le attività culturali, gli spettacoli, lo sport, l’affermarsi del turismo, i problemi sanitari, le esondazioni del Marecchia, l’area ‘fuori controllo’ del Borgo San Giuliano, la nascita dei moderni partiti politici.
“Fu dunque un’epoca ‘bella’, ma non per tutti – scrive nella Introduzione Bagnaresi. “Profondissime disparità economiche e culturali caratterizzavano le città e le campagne, dove contadini e operai – ancora una buona maggioranza del Paese – conducevano una vita non certo facile”. “Condizioni di lavoro massacranti, retribuzioni spesso non congrue e continui rincari degli alimenti furono causa di agitazioni, proteste e scioperi”.
Le risorse per l’introduzione a Rimini delle novità tecnologiche furono quelle messe a disposizione dal marchese Adauto Diotallevi e dall’avvocato Pietro Palloni. Dai loro capitali nacque nel 1907 la Società Telefonica di Romagna: la prima telefonata da Rimini venne fatta il 25 agosto 1907 dal Sindaco Camillo Duprè al Sottosegretario alle Poste e Comunicazioni. Possedere un telefono tuttavia in quegli anni era un privilegio di pochi. A Rimini nel 1908 si contavano 162 apparecchi di cui solo 30 erano installati in abitazioni private.
“La bicicletta fu il mezzo di trasporto simbolo della Belle Époque, quello che sfruttando i progressi tecnologici e culturali si diffuse maggiormente nelle città”. Invece l’automobile, “mezzo ancora ‘primitivo’ e alla portata di pochissimi”, entrò lentamente sullo scenario cittadino. Ancora nel 1912 pochissimi erano i riminesi proprietari di un mezzo di trasporto meccanico.
Rimini a inizio secolo comparve in tutti i cartelloni teatrali delle principali città per merito dell’enorme successo riscosso dalla tragedia scritta, nel 1901, da Gabriele D’Annunzio e dedicata a Francesca da Rimini. In quegli anni il Teatro Vittorio Emanuele II rappresentò per la Città il luogo culturale per eccellenza e il 50° anniversario della sua inaugurazione fu celebrato in grande stile nel 1907. Il 1907 fu anche l’anno in cui vennero aperti i due primi cinema stabili della Città: il Lux in Corso d’Augusto e l’Aquila d’Oro in Corso Umberto I.
L’11 aprile 1906 giunse a Rimini il ‘varietà’ itinerante più conosciuto e apprezzato nell’Europa a cavallo dei due secoli: il Buffalo Bill’s Wild Best Show. Due gli spettacoli che si tennero quel giorno, alle 14.30 e alle 20.00, in Piazza d’Armi nel Borgo XX Settembre: 500 cavalli e più di 800 persone. Il tutto arrivato a Rimini con quattro treni di 12 carrozze l’uno. “Per qualche ora i riminesi presenti quel giorno poterono assistere a quelle cose che si leggevano solo nei libri di avventura o nei romanzi”.
“Nel 1900 l’offerta turistica riminese appariva crescente, ma non in grado di competere con il Lido di Venezia o con le principali località balneari della Versilia. Per farlo necessitava di un importante riassetto della gestione amministrativa e delle strutture”. Ancora nel 1906, a fronte di centinaia di villini, pochi erano gli alberghi, soprattutto di prestigio: l’Hotel Villa Adriatica, l’Hotel Villa Rosa, l’Hotel Hungaria. “Essendo già presente uno Stabilimento balneare, una Piattaforma e un Kursaal, il Grand Hotel fu per lungo tempo il tassello mancante perché Rimini potesse definirsi una località di prestigio”. Questi arrivò nell’estate del 1908, portando a Rimini una clientela cosmopolita, e puntando in particolare su quella austro-ungarica, ormai da anni presente a Rimini.
In una Città in crescita, in cui i servizi venivano introdotti e potenziati, c’era però “un’area fuori controllo”, il Borgo San Giuliano. “Abitata da più di 2.000 persone, l’area a ridosso del Marecchia rappresentava un serio problema igienico per una città che stava lentamente progredendo”. Fognature, acquedotto, lavatoi e latrine pubbliche e private erano inesistenti o del tutto insufficienti per le famiglie che vi abitavano. Dal 1904 iniziò un primo risanamento igienico, ma la situazione del Borgo continuò a rimanere comunque sempre critica.
Il 13 novembre 1913, a seguito della elezione a deputato del riminese Gaetano Facchinetti (1863-1954), a Rimini si svolsero manifestazioni di protesta. La Polizia caricò i dimostranti (repubblicani, socialisti) che però reagirono lanciando sassi. Gli agenti aprirono il fuoco e ferirono diverse persone, mentre molte altre vennero arrestate. L’episodio assunse rilevanza nazionale e divenne noto come “i fatti di Rimini”.
Ho spigolato qui e là dalle pagine di un libro ricchissimo di informazioni, ma non certamente completo (per esempio manca completamente ogni accenno alla situazione della pubblica istruzione). Ma è sicuramente un altro tassello importante alla conoscenza della storia riminese del Novecento.
Il volume è magnificamente illustrato da decine di immagini inedite provenienti dalla raccolta privata dell’avv. Alessandro Catrani.
Paolo Zaghini