Dentro la storia di un grande partito come fu il Pci è facile incontrare tante storie di militanti, donne e uomini, che hanno contribuito con umiltà, costanza, impegno e sacrifici a renderlo tale. Donne e uomini che raramente sono saliti all’onore delle cronache, non ricoprendo ruoli di primo piano nell’organizzazione del partito o nella vita amministrativa. Ma che per contro erano conosciutissimi dai loro compagni, dai cittadini dei loro quartieri o comuni, punto di riferimento per ogni attività politica o scelta amministrativa di quel territorio.
La storia di Giovanna Zoboli, nata a Reggio Emilia il 24 settembre 1923 e morta a Misano Adriatico il 14 aprile 1977, è una di queste.
Nata da una famiglia di braccianti agricoli, sposa nel 1942 Giovanni Vecchi (nato nel 1920), ultimo di quattro fratelli, tutti contadini uniti nella conduzione di un fondo agricolo a Gavasseto, comune del reggiano. Il patriarca Angelo, morto nel 1940, aveva costantemente rifiutato nel ventennio l’iscrizione al partito fascista. I parenti superstiti ricordano ancor oggi una vita di sacrifici e di ristrettezze se non proprio di fame. I patti colonici capestro, lasciavano allora i mezzadri nell’indigenza. Col fascismo, nonostante la demagogia ufficiale, non migliorarono certo le condizioni della famiglia, che tuttavia cresceva a causa dei matrimoni dei fratelli.
Fratelli che allo scoppio della guerra si avvicinarono al partito comunista clandestino; in particolare il più giovane, Giovanni. Un fratello venne inviato in Africa e un altro in Russia: quest’ultimo non tornerà più. I tre fratelli suprestiti, dopo l’8 settembre 1943, diventarono attivi nelle SAP (Squadre di azione patriottica) e nelle azioni di guerriglia in pianura.
I grandi doni Alla fine di agosto 1944 i due fratelli maggiori furono uccisi nel corso di una rappresaglia da un raggruppamento di militi fascisti. Giovanni, salvatosi a causa di una spiata, nel settembre 1944 fu però costretto a darsi alla macchia e si arruolò nella 144° Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci” operante in Val d’Enza.
Nella notte del 20 novembre 1944 la base della formazione partigiana, nella stalla di Rabona, venne circondata dai tedeschi: 8 partigiani furono uccisi, fra questi Giovanni.
Dopo neanche due anni di matrimonio ed incinta del primo figlio (che perderà a causa della difficile situazione in cui si venne a trovare) a 21 anni Giovanna si ritrovò vedova in una casa dove ormai c’erano solo donne e bambini. Non si arrese, divenne staffetta partigiana e contribuì alla lotta di liberazione sino ad aprile 1945.
Il Sindaco di Reggio Emilia eletto nel 2014, Luca Vecchi, che oggi ha poco più di 40 anni è l’erede di questa famiglia partigiana: tre fratelli caduti combattendo nella Resistenza ed uno morto in Russia.
Nel 1949, a 26 anni, Giovanna si risposò con Giulio De Luca, misanese, dapprima bracciante e poi bagnino. Da lui ebbe due figlie: Carla e Bruna. Giovanna si trasferì dunque a Misano e qui si inserì immediatamente nella vita politica locale.
Nel 1949 il PCI misanese contava 580 iscritti e sindaco era il comunista Nicola Sebastiani (eletto nel 1946 ed in carica sino al 1960). Giovanna si dedicò attivamente ad ogni iniziativa politica, di partito e delle donne dell’UDI, spesso fra l’insofferenza del numeroso nucleo familiare dei De Luca, non così politicizzato come Lei. Il 27 maggio 1951 sarà eletta in Consiglio Comunale a Misano e in questo incarico verrà riconfermata per altre quattro volte (rimase in Consiglio sino al 15 giugno 1975), quando fu costretta dalla famiglia a ritirarsi per l’insorgere del male che il 14 aprile 1977 la portò alla morte a soli 54 anni. Al suo funerale partecipò tutta la città.
Il suo impegno per la tutela dei diritti delle donne, della famiglia e dell’infanzia fu costante. Fu grazie al suo impegno che nel 1972 venne istituito il primo consultorio oncologico per la prevenzione del tumore uterino e fu sempre grazie alla sua azione che il Consiglio Comunale nel 1971 approvò l’apertura di tre scuole dell’infanzia comunali e nel 1976 del nido comunale, battendosi da un lato per reperire le risorse economiche in un contesto ove “le donne dovevano stare a casa con i figli” e dall’altro per sensibilizzare i cittadini sull’importanza del nido come momento educativo e “non di parcheggio”.
Nel 2006, l’8 marzo, festa delle donne, la comunità misanese l’ha voluta ricordare dedicandole la giornata. Il ricordo, al Centro Sociale Del Bianco, alla presenza di oltre un centinaio di persone, lo tenne Grazia Nardi, nei primi anni Settanta giovane impiegata del Comune di Misano, che ebbe occasione di collaborare con Giovanna. Nel suo ricordo la Nardi disse: “Giovanna era una donna piccola, magrolina, niente affatto arrogante, pochi studi e, quindi, parole semplici, essenziali, ma aveva la forza degli ideali alimentati nella sua terra d’origine, l’Emilia: il rispetto per le persone e soprattutto per i lavoratori; una convinzione forte nella parità dei diritti tra uomo e donna, una fede profonda nelle giovani generazioni, la capacità di dialogare con tutte le forze politiche. Convinta sempre che sui problemi veri e sul bene della città si poteva raggiungere un’intesa.
Giovanna non ha mai diviso il ruolo privato dal suo impegno civile. Era una donna ‘impegnata’, ma era anche una moglie fedelissima, una mamma particolarmente sensibile, una suocera speciale, capace di trasmettere i suoi valori, così come le donne romagnole sanno trasmettere le loro ricette delle tagliatelle o della piada.
Una donna semplice, ma senza pregiudizi che nella Misano di allora (di fatto un paesino) si muoveva come se fosse in una metropoli: libera”.
Giovanna Zoboli nel luglio 2014 entrò di diritto nella Mostra e nell’opuscolo che la Fondazione Rimini Democratica per la Sinistra dedicò a “Le donne nel PCI Riminese, 1949-1991. Libere, uguali, differenti” in occasione della Festa provinciale de L’Unità al Parco V PEEP di Rimini.
Paolo Zaghini