HomeCultura“La Natura preferisce il disordine”: cronaca di una inaccessibile solitudine

Lo straordinario romanzo di Marco Pivato trovato dopo la sua scomparsa a soli 42 anni


“La Natura preferisce il disordine”: cronaca di una inaccessibile solitudine


30 Aprile 2023 / Paolo Zaghini

Marco Pivato: “Ascoltami, non dire nulla” – Vallecchi.

“Tornerò in Lapponia, dove di notte c’è più luce che di giorno. Là c’è il mio lavoro, i miei amici, le foto di te. E là ogni tanto, sai, ti penserò. Un bacio profondo, il tuo papà”.

Sono le ultime parole che Marco Pivato scrive alla fine di un libro straordinario, un atto d’amore senza confini per una figlia quindicenne che non c’è più. Una dedica alla protagonista che scopriamo chi è però solo alla fine del volume.
E’ il racconto di uno scienziato italiano impegnato in ricerche in laboratori all’estremo nord dell’Europa.

Scrive nella Prefazione Piero Meldini: “Raccontato in prima persona, ‘Ascoltami’ è un romanzo con un solo personaggio, fatta eccezione per quelli che abitano i suoi ricordi e i suoi fantasmi; la cronaca, dunque, di una inaccessibile solitudine. Del personaggio non conosciamo il nome. Sappiamo che è uno scienziato, un fisico italiano cinquantenne che lavora a Gallivare, in Lapponia, all’acceleratore di particelle Eas, Exa atom smasher”.

Dopo anni di assenza ritorna in Italia, in Sicilia, alla spiaggia di Sant’Agata, ma quello che conta sono i suoi “ricordi, sogni, sensazioni fisiche, riflessioni” che “costituiscono la ricchissima trama intima del romanzo, in contrasto con lo scarno, quasi inesistente, ordine degli eventi esterni. Ben poco succede fuori del personaggio, moltissimo dentro di lui, perché la vera ‘fabula’ è proprio quella della sua evoluzione interiore”.
L’autore si pone tante domande ricorrendo ai grandi maestri della filosofia e usa la scienza per cercare le risposte alla infelicità.

Scrive Marco Pivato: “Il mio umore è estremamente altalenante, ma sempre, curiosamente, esaltato, sia nel verso della meraviglia, sia nel verso della malinconia. Lo chiamano bipolarismo: un ignobile morbo che alterna nella mia giornata momenti di euforia fuori luogo e grande stupore a sensazioni orribili, ineluttabilità, vuoto”. E prosegue: “il mio lavoro era un successo, con le persone era un successo, l’unica cosa che non lo era: la mia felicità, io non ero davvero felice”.

Grazie a Marco ripassiamo, o impariamo, le due leggi fondamentali della termodinamica: “il Primo principio della termodinamica, ossia che l’energia non può essere creata né distrutta, ma soltanto trasformata da una forma all’altra, e accetti che da questo principio origini la necessità di scegliere, in ogni istante, continuamente, non puoi negare che nello scegliere c’è sempre una piccola morte: una scelta, infatti, per definizione, esclude le altre infinite possibilità a cui la reazione che stavi impastando poteva dar vita”.

“Ecco perché penso che il libero arbitrio dev’essere la spiegazione all’esistenza del dolore: la sua legge ci permette di scegliere, ossia di rinunciare, dunque di soffrire”.

“Mentre il Primo principio dimostra che tutte le cose del mondo devono continuamente trasformarsi, giorno dopo giorno, il Secondo spiega in quale modo esse possano farlo. Il Secondo principio della termodinamica stabilisce, infatti, qual è per materia ed energia la trasformazione più probabile fra tutte quelle possibili, e quindi il loro destino favorito. Suggerisce quale fenomeno, in natura, abbia più probabilità di verificarsi e quindi stabilisce quale fenomeno è ‘spontaneo’”.

Ma “i padri della termodinamica hanno scoperto che c’è un elemento comune a tutti gli eventi: l’aumento del disordine (…). Tutto ciò che va nella direzione del disordine in natura è favorito. Ecco perché le stelle si spengono, le persone muoiono e la nostra casa prima o poi crollerà”.

“La Natura preferisce il disordine e il nome che i fisici danno al concetto di disordine è ‘entropia’ (l’entropia, più precisamente, è la misura del grado di disordine di un sistema)”.

E dunque “mentre cercavo di scartare cose che non mi appartenevano, colavano parti di me qua e là, e ogni tanto perdevo qualche pezzo. Pensavo che dopotutto non c’era da preoccuparsi. Questo disordine è la situazione più stabile per me. Certamente necessaria”.

Ho voluto raccontare il volume di Marco Pivato con le sue parole. L’ho fatto volutamente perché il rischio che correvo era quello di pensare alla sua giovane vita stroncata, in modo inaspettato e inesplicabile, giusto un anno fa, la sera del 23 marzo 2022 a Trieste. Non è questo testo una autobiografia lasciata a noi in eredità. Anche se il romanzo è stato trovato solo dopo la morte sul suo computer. Finito, così come ci è stato proposto dall’editore.

Semmai di autobiografico ci sono i tanti riferimenti agli studi, scientifici e filosofici, e alle curiosità culturali di Marco che è stato giornalista scientifico e saggista. Ma anche poeta, tanto che il suo primo volume, nel 2008, era una raccolta di poesie (“A poca voce” edito da Manni). Ancora Meldini: Marco “andava esplorando da tempo le radici comuni e i comuni interrogativi di poesia e scienza (…) tema che viene ripreso ripetutamente anche in questo romanzo: là dove si parla, per esempio, di particolari pagine di fisica e formule di chimica quali ‘luoghi poetici della scienza’; o là dove si afferma esplicitamente che ‘la scienza è simile alla poesia’, perché scienziati e poeti possiedono entrambi ‘il sentimento dell’infinità’”.

Ancora una volta la straordinaria penna di Meldini ci offre, al termine della Prefazione, il giusto commiato a questo volume e a Marco: “’Ascoltami’ inizia di primo mattino, un mattino pallido e doloroso, e si conclude di notte, una notte ‘bellissima’ e pacificata. Il travaglio del protagonista si è infine sciolto, le sue domande hanno trovato risposta. Egli si è riconciliato con il luogo, la spiaggia di Sant’Agata, con la sua professione di scienziato e con i suoi fantasmi, cioè con la sua vita. Sapere che era, questa, una delle aspirazioni profonde di Marco, conforta e addolora”.

Paolo Zaghini