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La Romagna contadina vista dai padroni


18 Aprile 2021 / Paolo Zaghini

Letizia Magnani: “100 anni di Confagricoltura di Forlì-Cesena e di Rimini. Storia di impresa, innovazione e territorio”- Panozzo.

“L’agricoltura è e sarà fondamentale:gli agricoltori ogni giorno portano il proprio lavoro delle mani nei nostri piatti. La loro è una storia di lavoro, dignità, fallimenti, ma anche di successi, innovazioni brillanti e visioni future”.
Questo libro, curato da Letizia Magnani giornalista freelance e addetta stampa di Confagricoltura di Forlì-Cesena e di Rimini oltre che di altre aziende (fra cui il gruppo Batani Select Hotels per cui ha curato il volumeGrand Hotel: Rimini il mito” edito da Minerva nel 2018), vuole celebrare i cento anni della nascita di Confagricoltura a Forlì e Rimini.

Ricorda l’attuale Presidente dell’Associazione Carlo Carli: “Era il 26 maggio del 1919, quando, un nutrito numero di agricoltori romagnoli si incontrarono a Forlì per fondare anche da noi la S.A.I. – Società degli Agricoltori Italiani, Sezione Provinciale di Forlì, che si rifaceva alla medesima Associazione di livello nazionale”.
Nella storia nazionale le sigle delle diverse associazioni del mondo contadino sono infinite: realtà che si sono costituite, spaccate, unite. Sia dei proprietari che dei lavoratori agricoli (è la CGIL che organizzò mezzadri, coloni, braccianti, salariati agricoli). Bisogna però dare atto che Confagricoltura, nata come rappresentanza dei grandi imprenditori agricoli, ha mantenuto nei decenni una sua presenza e continuità di azione nella difesa dei loro interessi, conducendo battaglie durissime contro mezzadri, braccianti, ma anche cogliendo le novità, e sostenendole, date dalla nascita alla fine degli anni ’50 del Mercato Comune Europeo.

Confagricoltura negli anni della sua nascita sostiene e appoggia l’affermarsi del fascismo: indimenticabili le scene di “Novecento”, il film di Bernardo Bertolucci, delle riunioni degli agrari dove si decide di sostenere, anche economicamente, le squadracce fasciste per reprimere le proteste dei contadini.

Dopo la fine della guerra e per tutti gli anni ’50 mantiene un basso profilo politico, sposando scelte liberali in difesa della proprietà privata. Nel 1958, in un momento decisivo di grandi trasformazioni del mondo agricolo, appoggia alle elezioni il Partito Liberale, ma senza ottenere un grande successo. Poi dagli anni ’60 si avvicinò alla Democrazia Cristiana, che però aveva nella Coldiretti, espressione dei piccoli coltivatori, nata nel 1944 e guidata da allora sino alla sua morte nel 1985 dall’on. democristiano Paolo Bonomi, il suo punto di riferimento per il mondo contadino italiano. Con la fine della prima Repubblica Confagricoltura ha assunto un orientamento politico molto meno definito, conducendo battaglie soprattutto in difesa degli interessi del mondo agricolo.

La Magnani ha ricostruito fatti, vicende, ricambi dirigenziali attingendo in maniera intelligente dalla raccolta del giornale dell’associazione uscito ininterrottamente dal 1928 al 2000, anche se il nome è più volte cambiato: “Bollettino Notizie”, “Foglio Notizie”, “Notiziario”. E ascoltando i racconti di numerosi protagonisti della vita associativa, soprattutto dal dopoguerra ad oggi.

Il risultato di questo lavoro è notevole, riuscendo a darci uno spaccato (seppur di parte, quella padronale) del mondo contadino romagnolo, dei problemi che nel corso degli anni si sono affrontati, delle novità, colturali e tecnologiche, introdotte nelle lavorazioni. “Uomini, prodotti, servizi e idee per l’impresa e quindi per il futuro: si può sintetizzare così questa storia, che è anche storia sindacale. Da un secolo, infatti, i contratti di lavoro agricoli, sia a livello nazionale, che a livello delle singole province, si sono sempre firmati, magari dopo lunghe discussioni e un lavoro di concertazione,di lobby importante, nelle sedi di Confagricoltura, alla presenza di tutte le parti sociali e degli altri sindacati di categoria, dai più piccoli ai più grandi. La responsabilità sociale dei datori di lavoro nel mondo agricolo ha imposto, anche nei momenti più difficili e tesi, grande senso del dovere e dell’onore ai rappresentanti di categoria, ai soci, ai dirigenti ed anche ai dipendenti di Confagricoltura di Forlì-Cesena e di Rimini. Il libro ricorda ogni singolo snodo di questa storia”.

La tentazione di entrare nel merito di molte delle questioni presentate dalla Magnani è forte, ma impossibile da farsi in una piccola recensione. Tenete conto che il libro conta quasi 300 pagine densamente scritte e veramente solleva tutte le questioni che nell’ultimo secolo hanno riguardato il complesso mondo agricolo italiano.

Alcune spigolature, prese qui e là dalle pagine del libro:la battaglia, durata decenni, per la soppressione della mezzadria che avverrà solo nel 1982. Ancora nel 1977 “Confagricoltura sulla mezzadria non ammette aperture, nonostante, ormai, i tempi siano maturi per il suo superamento”. E nel 1978 “Il no di Confagricoltura alla trasformazione della mezzadria è netto”. “Nonostante le proteste e le posizioni di Confagricoltura, il 3 maggio 1982 viene approvata la legge numero 203, che riforma i Contratti Agrari e porta al superamento della mezzadria”. Ma ancora il 30 giugno 1984 su “Foglio Notizie”, a firma del Consiglio Direttivo forlivese e riminese, si scrive: “Ci si muove l’accusa di arretratezza, in quanto sosteniamo un istituto medievale e storicamente superato. Il discorso è inesatto, perché il contratto associativo è anteriore al Medioevo e prospera attualmente nei paesi più avanzati. Ma il problema di fondo è un altro. Non abbiamo mai sostenuto che la mezzadria sia il rapporto migliore, ma l’abbiamo considerata come possibile forma di gestione accanto ad altre nell’inevitabile pluralismo dettato dalle esigenze dei vari casi e dei vari ambienti, e sempre siamo stati disponibili anche a prospettive di aggiornamento e a ricerche di forme nuove. In ogni caso, abbiamo sempre ritenuto essenziale la tutela della libertà e della pari dignità dei vari soggetti interessati (…). Con la libertà si realizzano la razionalità economica, la vera socialità e la vera democrazia”.

Ma nel 1964, quando venne approvata la nuova legge sui Patti Agrari presentata dal Ministro dell’Agricoltura, il democristiano Mario Ferrari Aggradi, gli organismi di Confagricoltura aprirono scenari di scontro durissimi. Scrive la Magnani su questa vicenda: “La paura dei proprietari è quella che il Governo, cedendo alle rivendicazioni del Partito Comunista Italiano, voglia limitare la libertà d’impresa a favore di un esproprio delle terre e di una loro collettivizzazione. Si tratta di rischi infondati, ma in quel particolare contesto, se ne parla come se fossero realtà imminente. Fra il 1964 e il 1965 il livello dello scontro si è infatti ulteriormente rialzato, a Forlì, a Roma e nel resto d’Italia”.

Dal dopoguerra in Confagricoltura ci sono stati diversi riminesi protagonisti delle vicende associative, sia a livello provinciale che nazionale. Fra questi ricordiamo, per la famiglia Orlandi Contucci di Monte Colombo, già fra i soci fondatori il 20 maggio 1919 della S.A.I. per la Provincia di Forlì, l’avv. Goffredo Orlandi Contucci grande proprietario terriero in Valconca: sarà dirigente provinciale e vice-presidente nazionale di Confagricoltura negli anni ’50; nel 1988 viene nominato Presidente interprovinciale (con la nascita della Provincia di Rimini) il prof. Enrico Santini (e lo rimarrà sino al 2001).

Del resto Confagricoltura “ha fatto del localismo e del legame debole rispetto al centro due delle caratteristiche di forza fondamentali” scrive nella Introduzione la Magnani. “E’ questo il suo modello organizzativo. Lo è stato, lo è e lo sarà”. “Innovazione, Europa, ambiente, ma anche Romagna, senso di appartenenza, orgoglio e coraggio. Sono queste le parole che troverete in questo libro: contraddistinguono la lunga storia, e il futuro, di Confagricoltura”.

Paolo Zaghini