Home___primopianoLa romanzesca vita di Zio Battista, un uomo giusto che si riteneva fortunato

Il libro di Michele Marziani "Dove dormi la notte. Un racconto di Resistenza, pesca e socialismo"


La romanzesca vita di Zio Battista, un uomo giusto che si riteneva fortunato


29 Luglio 2024 / Paolo Zaghini

Michele Marziani
“Dove dormi la notte. Un racconto di Resistenza, pesca e socialismo”
MonteRosa Edizioni

La fantasia e l’arte scrittoria di Michele Marziani ci consegnano questo testo diverso dal suo solito. Un testo dove all’asse portante della storia, la biografia di Zio Battista (al secolo Giovanni Battista Stucchi nato nel 1899 e morto nel 1980), sono inseriti tanti cammei dedicati ad altro (Enrico Mattei, il 25 aprile, la breccia di Porta Pia, le valli dolomitiche, il sarto riminese Nello Semprini, Sandro Pertini, Ernest Hemingway, il terrorismo). Il rischio potrebbe essere quello di perdersi lungo queste diramazioni, ma poi ti accorgi invece che tutto torna, che tutto si lega nel ragionare in libertà di Michele.

“Un viaggio sul filo di memorie vecchie e nuove, una riflessione sulla vita che ha il sapore dolceamaro del Novecento, eppure, o forse proprio per questo, riesce ad essere più attuale che mai”. Ed ancora: “Ecco, imbastendo queste righe, ho imparato che le esistenze si intrecciano, si annodano, si rincorrono, nei luoghi, nel tempo, nelle serate davanti al camino con o senza amici, mai senza vino”.

Milano, 5 maggio 1945. Sfila il comando generale del Corpo Volontari della Libertà:
da sinistra Argenton, Stucchi, Parri, Cadorna, Longo, Mattei

Torniamo a Stucchi. Michele ne romanza la vita che sarebbe già di per sé un romanzo. E diventa nel libro il nipote, il filo narrante della storia. E incomincia dalla storica foto del 6 maggio 1945 a Milano. Sfilano i comandanti del Corpo volontari della Libertà, ovvero lo stato maggiore della Resistenza italiana, il braccio armato del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). In prima fila Ferruccio Parri, Luigi Longo, Raffaele Cadorna, Enrico Mattei, Mario Argenton. E c’è Giovanni Battista Stucchi, partigiano socialista, comandante unico della Repubblica partigiana della Val d’Ossola, nonché il rappresentante dei partigiani italiani presso i servizi segreti americani e inglesi in Svizzera. Giovanissimo militare nella Prima Guerra Mondiale, avvocato, ufficiale degli alpini durante la ritirata di Russia, unico ufficiale del V Alpini che riesce a scappare ai tedeschi e a non finire nei campi di concentramento dei soldati italiani in Germania. Deputato nel primo dopoguerra per il PSI.

G.B. Stucchi capitano degli Alpini

In quella foto si capisce che “la guerra era finita, l’Italia era libera. Milano era libera e l’avevano liberata loro e quindi era giusto che si mostrassero, sfilassero, sorridessero (…). Si usciva proprio dai tempi bui. E lo zio Battista era lì. In prima fila. Un posto che non aveva acquistato come si fa per le poltrone al teatro della Scala, no, se l’era proprio guadagnato”.

Ma Stucchi non è un personaggio di primo piano. Quando Marziani propone all’editore di scrivere una sua biografia la risposta è che “lo zio Battista non era abbastanza per andare a rivangare negli armadi della storia”. Ma Michele insiste, si porta dentro e dietro la sua storia per anni, prima di giungere alla scrittura di questo libro. Non lo ha conosciuto personalmente. “Se ne è andato il 31 agosto del 1980. Nelle montagne che amava, a Bellamonte in Val di Fiemme, Trentino, in compagnia della famiglia, dei nipoti, dopo esser andato a funghi, averne trovati, aver fatto una buona cena, aver dato la buonanotte, essere andato a letto e non essersi svegliato più. Di solito chi è caro agli dei muore giovane e non è stato certo il caso dello zio Battista. Però una fine così è destino solo degli amatissimi. Dei giusti. Dei molto fortunati. Credo che pur tra le amarezze di molta politica del Dopoguerra lo zio Battista si sia sentito tutto sommato un uomo fortunato”.

Il Capitano Stucchi dopo Nikolaevka

A proposito della sua militanza politica: “Zio Battista non era un uomo da contese di partito, credeva nella lotta politica, non nelle composizioni delle liste. Questo è il motivo per cui invece di difendere la poltrona per passare la vita seduto in parlamento ha fatto una legislatura da deputato e poi se n’è tornato a Monza, a sedersi da consigliere semplice nei banchi dell’opposizione. Sempre, anche quando i socialisti sono entrati in giunta. Lui semplicemente cambiava di posto. A volte, scherzando, diceva di essere ormai così a sinistra da sentire lo spiffero della porta … Sgomitassero gli altri per il potere”.

Torniamo alla primavera del 1944, a marzo. Il CLN stava cercando un delegato militare in Svizzera. “Qualcuno che potesse essere ben visto dagli Alleati, in particolare dagli inglesi, quindi, in buona sostanza non fosse comunista, e al tempo stesso evitasse le antipatie, i veti incrociati e a volte anche i personalismi all’interno dei partiti e degli uomini che si occupavano della Resistenza”. L’attività in Svizzera era estenuante ma soprattutto poco proficua. “Arrivavano partigiani da ogni dove a chiedere armi, aiuti, denari agli inglesi e agli americani (…). Ognuno provava per sé e probabilmente agli Alleati non dava nessun fastidio perché l’idea che i partigiani italiani si organizzassero troppo non era una cosa che piacesse granchè. Bene se facevano rumore, sabotassero, infastidivano il nemico e lo tenevano impegnato. Male se si mettevano in testa di condurre una lotta organizzata, addirittura di liberare l’Italia”.

E poi, stufo di tante chiacchiere e pochi fatti, nel settembre 1944 raggiunse l’Ossola. Questa si liberò da sola il 10 settembre 1944 e Domodossola divenne la capitale di una piccola Repubblica durata poco più di quaranta giorni “nei quali divenne un laboratorio di democrazia e libertà”. “A Domodossola si fecero, con grande entusiasmo, le prove generali di una nuova società, di un nuovo modo di governare”. Tanti i gruppi partigiani, con comandanti che passeranno alla storia: Alfredo Di Dio, Cino Moscatelli, Dionigi Superti. “L’Ossola era un coacervo di resistenti, ognuno o quasi, per conto proprio”. Il CLNAI vista la situazione decise che lì occorreva un comando unico. E venne indicato Stucchi che “sapeva mediare, agire con prudenza, era attento, ascoltava”. Gli aiuti promessi dagli Alleati non arrivarono mai. In compenso i dirigenti partigiani mandarono in suo aiuto Umberto Terracini, nominato Segretario generale della Repubblica partigiana dell’Ossola. Fece le prove di ciò che poi dovette affrontare come presidente della Assemblea Costituente che scrisse la Costituzione italiana.

G. B. Stucchi in Val d’Ossola

L’esperienza dell’Ossola non resse all’attacco brutale e in forza dei tedeschi. Molti partigiani trovarono rifugio nella vicina Svizzera. Fra questi anche Stucchi, alla testa di una cinquantina di combattenti.

Stucchi aveva lasciato un diario con le sue memorie, edito postumo, “Tornim a baita. Dalla campagna di Russia alla Repubblica dell’Ossola” (Vangelista, 1983), da cui Marziani molto ha tratto per il suo racconto. Da qui il commento di Marziani: “sappiamo che in fondo non è stato molto soddisfatto di come sono andate le cose per le quali tanto si è dato da fare. Si trovano molte pagine amare nelle pagine finali delle sue memorie. Amarezza politica, perché per tutto il resto la vita non gli è stata ingrata”.

Paolo Zaghini

(nell’immagine in apertura: Sandro Pertini e Giovan Battista Stucchi nel 1961)