La straordinaria storia dei mulini della Valconca
25 Ottobre 2020 / Paolo Zaghini
Oreste Delucca: “I mulini idraulici della Bassa Valconca” – La Piazza.
“Nel Medioevo l’energia naturale più largamente utilizzata come forza motrice è stata l’acqua; e a servirsene è stata soprattutto una macchina particolare: il mulino idraulico”. Non era certamente una invenzione di quel tempo; esso era noto sin dall’antichità, “senonchè in età romana non si avvertiva la necessità di utilizzarlo, in quanto c’era abbondanza di mano d’opera a buon mercato: gli schiavi”.
Ancora una volta Oreste Delucca, proseguendo le sue ricerche in vari archivi del territorio, ci racconta una storia straordinaria come è quella dei mulini lungo il Conca.
Scrive nella presentazione del volume il presidente della Pro Loco di San Giovanni in Marignano Barbara Mariani, che ha sponsorizzato il volume: “La diffusione dei mulini idraulici, dal Medioevo in poi, ha caratterizzato il paesaggio, piegandolo e ridisegnandolo in base alle sempre maggiori esigenze di una economia agricola in piena espansione e sviluppo. La Pro Loco di San Giovanni in Marignano è per vocazione istituzionale sensibile ad un tale tema”.
Vorrei però ricordare su questo tema anche il bel repertorio realizzato nel 1996 da tre giovani laureandi (allora) in architettura Alessandro Costa, Sabrina Manzi e Giorgio Tarducci “I mulini ad acqua nella Valle del Conca. Analisi e censimento degli antichi opifici idraulici” , edito da Luisè.
Dopo la fondazione del monastero di S. Gregorio in Conca nel 1069, per opera di san Pier Damiani, svariati mulini della bassa Valconca divennero proprietà del monastero stesso, il quale esercitava comunque un potere di controllo su tutto il complesso molitorio dell’area. Delucca ricostruisce, sulla base di vari documenti quattrocenteschi, la rete dei mulini idraulici esistenti nella bassa Valconca (a San Clemente, Misano, Morciano e San Giovanni in Marignano): 18 strutture su un totale di circa 60 operanti fra la sorgente del Conca alle pendici del Monte Carpegna e Cattolica. Di questi 18, 10 nel Quattrocento appartenevano all’abbazia di Scolca di Rimini, ereditati nel 1421 quando furono acquisiti i beni del monastero di San Gregorio in Conca.
Le fonti archivistiche ci rivelano che per far funzionare queste strutture c’era un intenso lavoro dell’uomo: in primis di accordi fra i mugnai per far fronte alle diverse emergenze; poi per i continui lavori di riparazione e sistemazione che sovente portavano a modificare il sistema delle chiuse e il percorso dei canali. Ma sul Conca, contrariamente al Marecchia, non ci fu mai un magistrato delle acque, anche se “le piene del Conca rimettono continuamente in discussione le strutture di presa d’acqua e canalizzazione, richiedendo un continuo lavoro di manutenzione o di rifacimento. E’ una lotta senza fine tra l’uomo e la natura”. Si procedette sempre “senza una regolazione di ordine generale”.
Il sistema molitorio del Quattrocento rimase sostanzialmente invariato per parecchi secoli; si può sostenere che esso rimase tale sino alla seconda guerra mondiale, sino a quando l’agricoltura fu l’attività economica prevalente della vallata. “Ma dopo il 1948 il vecchio equilibrio è stato travolto, nel giro di pochi anni”. “I moderni mulini a cilindri avevano potenzialità enormemente superiori e il vantaggio di poter essere installati dove si riteneva più opportuno, senza la necessità di costruirli nei letti dei fiumi”.
Sempre la Presidente della Pro Loco Mariani: la seconda parte del libro tratta “di una straordinaria e preziosissima testimonianza della dismissione di alcuni fra i mulini superstiti che hanno attraversato i secoli in continua attività, dal Medioevo agli anni Ottanta del Ventesimo secolo. L’apparato iconografico e le interviste agli ultimi mugnai di uno dei mulini ubicato proprio nel territorio di San Giovanni in Marignano, testimoniano la fine di quel mondo contadino con i suoi usi, le sue abitudini, le sue specificità che hanno caratterizzato per secoli l’economia, il territorio e la vita quotidiana della Valconca”.
Nel 1980 lungo il corso inferiore del Conca sopravvivevano due soli mulini idraulici (il mulino “Balzi” e il mulino “Molinello”), destinati però a scomparire nel giro di pochi anni. Delucca, assieme all’amico fotografo Cesare Biondelli, nel 1980 visitò quelle due strutture: fotografarono “l’intero ciclo produttivo nel quale erano inseriti, dalla captazione delle acque, al canale conduttore, alla vasca di accumulo, alla molitura (compreso il taglio del legname), fino allo scarico”.
I due mulini erano entrambi sulla riva destra del fiume, lungo il canale che partendo da Morciano giungeva fino a San Giovanni in Marignano. Delucca riporta nel libro molte decine di foto di quel lontano e avventuroso safari fotografico sulle sponde del fiume Conca.
Paolo Zaghini