Per indicare la provenienza geografica o il profilo o l’attività prevalente di una persona si usavano soprannomi che nascevano da stereotipi diffusi fra la popolazione. Alcuni esempi.
Al mercato delle erbe di Rimini arrivavano produttori e commercianti di cipolle da Santarcangelo: erano tutti “zvuloun”, cipolloni. Per estensione, tutti gli abitanti di Santarcangelo finivano per essere definiti così. E, per vendetta, i riminesi venivano definiti “sjpuléin”
I pescatori di Chioggia che abitavano il Borgo S.Giuliano e le banchine del porto trasferendo la cultura della pesca in una Rimini ancora largamente agricola, venivano indicati non con la città di provenienza ma con l’attitudine al consumo di anguille: “magnabessi”, mangiatori di biscie.
Uno che parla a vanvera, che non tace nei momenti in cui occorre tacere, un po’ stupido, un po’ narcisista, veniva definito “mastigabrod”, colui che mastica ciò che non ha bisogno di essere masticato. Non possiamo non pensare alla grande attualità di questa espressione gergale.
Gli esempi potrebbero essere altri ma ciò che qui interessa è l’uso di soprannomi che attingono alla materialità del lavoro o alla inesausta attitudine all’ironia e alla burla racchiusa nella lingua dialettale.
Beppe & Paolo
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