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Lasciate stare le mamme di Riccione e viva la Myss


25 Agosto 2019 / Lia Celi

«Abbiamo ricevuto segnalazioni da tante mamme… Stiamo parlando di parole e frasi irripetibili dette a una platea di giovanissimi. Ci chiediamo se l’amministrazione sia consapevole del messaggio dato ai ragazzini». Quando i personaggi pubblici, e soprattutto i politici, tirano in ballo le mamme, può partire il conto alla rovescia nella fiduciosa attesa di una cavolata. Perché se una cosa non va bene, non va bene e basta, ed evocare la mamma, soprattutto in Italia, serve solo a smuovere facili moralismi familistici.

Sto parlando dello sdegno espresso dalla consigliera comunale M5s di Riccione Stefania Carbonari a proposito dell’esibizione di Myss Keta a Dee Jay On Stage. Con lei il 19 agosto c’erano anche Elettra Lamborghini ed Elodie, ma è contro la performer mascherata, rea di proporre «parolacce e richiami ad atti sessuali» che si è accanita Carbonari, che, lo ricordo a me stessa, appartiene a un partito fondato da un comico che si è aperto la strada a suon di vaffa e accoglie fra i suoi esponenti persone che credono nell’esistenza delle sirene e fautori dei matrimoni tra specie diverse, grazie ai quali, si presume, assicurare nuove generazioni di sirene.

Quanto alle canzoni che richiamano «atti sessuali», santo cielo, c’è mai stato o ci sarà mai nella storia della musica leggera qualcosa di più dichiaratamente, smaccatamente sessuale del bacino di Elvis Presley in Jailhouse Rock, anno di grazia 1957?

Va bene che in questi giorni i grillini si stanno sforzando di uscire dalla pubertà, come ha teorizzato Massimo Recalcati su Repubblica, ma passare direttamente dalla pubertà alla senilità è troppo, soprattutto quando si abita a Riccione, che si propone da anni come la vetrina della musica che piace ai giovanissimi, nelle cui playlist latitano sia Gigliola Cinquetti che i canti gregoriani.

La tirata mammista contro i messaggi diseducativi di una delle poche voci femminili del rap italiano, che peraltro ha fatto della provocazione condita da abbondante autoironia la propria cifra distintiva, ce li aspetteremmo da politiche della Lega o di Fratelli d’Italia, non da una militante di un MoVimento nato con ben altre premesse.

Quanto alle mamme, bè, a occhio e croce dovrebbero essere state giovani negli anni Novanta cantati di Myss Keta, e forse grazie alle sue canzoni le figlie teenager potrebbero trovarle più interessanti. Almeno è quel che mi succede con mia figlia, superfan della Myss, che mi ha fatto ascoltare alcuni dei suoi hit più godibili, da Una donna che conta a Le ragazze di Porta Venezia. A me ha fatto l’effetto di una pronipotina debosciata e grintosa di Franca Valeri, e mi piace pure la scelta di occultare il suo viso ma di esibire il suo corpo «normale», senza curve esagerate né vitino da Instagram.

Del resto, in un’epoca di lineamenti corretti e omologati da medici estetici, trucchi sapienti e filtri perfezionanti, un paio di occhialoni e una maschera possono essere molto più onesti e sinceri di una faccia. Viva la Myss, e viva tutte le ragazze esibizioniste, disubbidienti e un po’ ribalde come lei: c’è urgente bisogno di «donne che contano» in un’Italia dove a contare sono sempre e solo gli uomini.

Lia Celi