Lavess i pid s’al calzetti.
Questa frase idiomatica ci suggerisce come esprimere l’insoddisfazione a fronte di cose mal riuscite, di qualcosa che non ha funzionato.
Hai partecipato ad un’iniziativa deludente? In trattoria hai mangiato male?
“L’è cume lavess i pid sal calzetti!” (E’ come lavarsi i piedi con le calze!)
La frase si serve di un paradosso pescato nella vasta simbologia del lavacro dei piedi, metafora di dedizione morale o di rispetto verso altri o verso se stessi. Oppure, più semplicemente, si riferisce alla ricerca di frescura nelle assolate estati della pianura romagnola, con il catino riempito di acqua fresca del pozzo, appena sollevata con la catena e il secchio zincato.
Ebbene, tutto questo ricco repertorio di simboli e sensazioni, viene sbeffeggiato per mezzo di un paio di calze! Se sui gesti sacri o salvifici, applichi impropriamente un paio di calze, tutta l’aura del gesto si dissolve. Ed è esattamente ciò che la frase vuole ottenere.
La lingua popolare ama il paradosso che arricchisce lo spessore delle parole (quindi dei pensieri). Anche in questo caso la lingua popolare graffia in modo profondo, cerca metafore ardite per esprimere non disgusto, non repulsione, ma semplicemente ironica delusione per cose, eventi, fatti, al di sotto delle aspettative: “l’è cume lavess i pid sal calzetti!”.
Beppe & Paolo
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(Nell’immagine in apertura: “Gesù lava i piedi a Pietro”, Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova)