HomeCulturaLe Officine: da quasi 160 anni a Rimini una storia di lavoro, modernità e democrazia


Le Officine: da quasi 160 anni a Rimini una storia di lavoro, modernità e democrazia


2 Maggio 2021 / Redazione

“Officine Grandi Riparazioni di Rimini 1912-2020” di Sandro Marcaccio, Fabio Mocciola, Tonino Bindi, Carlo Lanzoni, Daniele Celli e con la collaborazione dei colleghi dell’officina, in servizio ed in pensione – Stampa in proprio.

E’ un anno che questo libro è pronto, redatto da un gruppo numeroso di ferrovieri, ma la pandemia di covid-19 e una dura vertenza sindacale sul futuro delle Officine Grandi Riparazioni ne hanno finora sempre impedito la presentazione. Ci auguriamo che questa possa avvenire quanto prima.

Da quasi 160 anni, all’interno della nostra Città, vive ed opera un grande stabilimento industriale: le Officine Grandi Riparazioni di Ferrovie Italiane. E’ vero che il sito con i vari capannoni grosso modo così come è oggi risale al 1912, ma in realtà sin dal 1861 in un’area limitrofa alla Stazione operò un’officina per la manutenzione e la riparazione delle locomotive (vennero assunti 109 fabbri e 90 falegnami: la tecnologia era allora ancora sicuramente poca).
“Con grandi riparazioni si intende il ripristino periodico a nuovo, che prevede la scomposizione, verifica, riparazione o sostituzione e ricomposizione di ogni singolo componente”.

Per molti anni, nel corso di questo secolo e mezzo, essa fu la più grande azienda industriale di Rimini. E i ferrovieri lì occupati per decenni costituirono il nerbo della classe operaia riminese, attivi nel sindacato e nei partiti operai (PCI e PSI). Ha scritto Stefano Pivato, presentando il volume di Alessandro De Cecco “L’Officina locomotive di Rimini. Un’isola nella Città” (Panozzo, 2013): “Si potrebbe dire che l’Officina locomotive, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, rappresenta a Rimini un pezzo di modernità inserita in una città ancora profondamente ancorata alla civiltà contadina”.

Da loro è venuto, con le loro battaglie politiche e sindacali, un contributo importante alla crescita economica e sociale della Città. Mai un mondo chiuso in sè stesso, ma sempre legato a ciò che succedeva nella società riminese ed italiana. E contemporaneamente impegnati a far vivere, trasformandola continuamente e difendendola da chiusure e ritardi della Direzione, quella che sentivano essere anche la loro azienda. Guardando al futuro.

Questo volume, scritto a più mani, ne ripercorre sinteticamente la storia grazie all’accesso che è stato consentito ai membri della rappresentanza sindacale agli archivi storici dell’Azienda. E ne è nato un racconto che parla di sviluppo tecnologico, ma anche di orgoglio operaio per la capacità di saper affrontare sempre le nuove, e diverse, locomotive. Lavoro e fatica. Nel dopoguerra ci vollero anni per ricostruire l’impianto, la cui fisionomia cambiò in continuazione anche per il susseguirsi dell’evoluzione tecnologica delle locomotive: da quelle a vapore a quelle a diesel a partire dalla seconda metà degli anni ’50. Con una occupazione che raggiunse negli anni ’70 le oltre 800 unità.

Le splendide fotografie, provenienti dall’Archivio dell’Azienda, testimoniano visivamente del lavoro importante che veniva compiuto all’interno delle Officine riminesi.

Il libro inoltre sviluppa poi un altro tema: quello del prezzo pagato dai ferrovieri riminesi nel corso delle due guerre mondiali. “Le Officine negli anni di guerra acquisirono un’importanza strategica per costruire e mantenere in efficienza il materiale rotabile ferroviario”. Dopo l’8 settembre 1943 lo stabilimento passò sotto il controllo dei militari tedeschi. “La reazione contraria del personale si manifestò inizialmente con sporadici casi di sabotaggio, ma con il passare dei mesi questi divennero sempre più frequenti, fino a giungere gradualmente ad una riduzione della produzione dell’impianto dell’80%”.

I curatori del volume hanno inoltre riportato alla luce il fascicolo personale del giovane ferroviere e partigiano Walter Ghelfi, nato il 3 agosto 1922, fucilato dalle SS a Fossoli il 12 luglio 1944. Insignito di medaglia d’oro. Walter, come molti altri giovani, scelse la strada della resistenza all’occupazione dell’Italia da parte dell’esercito tedesco. E per questo pagò con la sua vita morendo a soli 22 anni.

La storia della resistenza al nazi-fascismo nella nostra Città è del resto segnata dalla presenza e dall’attività dei ferrovieri: fra questi ricordiamo il capostazione Natale Nicolò (1894-1964), Libero Angeli (1912-1986), Leo Casalboni (1923-2000), Carlo Caldari (1915-1988). Tutti con ruoli di responsabilità nel CLN riminese.

I contributi e i patrocini dell’ANPI, dell’Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea della Provincia di Rimini, del Comune di Rimini per questa pubblicazione testimoniano di questi profondi legami con la Rimini democratica ed antifascista, un legame mai interrotto delle maestranze dell’Officina locomotive con la storia della Città.

Paolo Zaghini