Lello Milantoni nel gran mondo demodè che non passa mai di moda
12 Giugno 2023 / Paolo Zaghini
Gabriello Milantoni: “Démodé” – Bookstones.
“Lello” è riminese, nato nel 1950. Per anni lo abbiamo visto arrivare e partire da Rimini, non sapendo bene cosa stesse facendo in giro per l’Italia. Per definizione è uno storico dell’arte, autore di numerosi studi dedicati ad autori e argomenti dal Medioevo all’Ottocento, nonché di cataloghi di Musei e di Mostre in Italia e all’estero.
Pur essendo stato per decenni un peripatetico, Lello è sempre stato profondamente legato a Rimini: innumerevoli sono le mostre di artisti riminesi da lui curate dalla fine degli anni ’70 (il ricordo più antico che ho è la curatela della mostra “Figura culto cultura. I dipinti votivi della diocesi di Rimini” fatta assieme a Piero Meldini, Alessandro Sistri, Piergiorgio Terenzi, Angelo Turchini ed il catalogo edito da Cooperativa Supergruppo nel 1981). Ma anche gli ampi scritti e approfondimenti dedicati a Guido Cagnacci, collaborando alla prima grande mostra dedicata al pittore romagnolo a Rimini dal 21 agosto al 28 novembre 1993 con contributi in catalogo (“Guido Cagnacci” a cura di Daniele Benati e Marco Bona Castellotti edito da Electa nel 1993).
Quest’ultimo libro, “Demodè”, ci rivela, in maniera trasversale, dov’era e cosa ha fatto per diversi decenni Lello quando spariva da Rimini (e in maniera più ampia lo ha fatto in occasione della presentazione del libro in Cineteca il 28 febbraio u.s.): il Curatore delle Collezioni d’Arte dei Principi Colonna a Roma, compreso l’archivio storico della famiglia che contiene documenti dal 945 al 2000, oltre mille anni di storia.
La famiglia Colonna è una storica casata patrizia romana, tra le più antiche documentate dell’Urbe e una delle più importanti nel Medioevo e nell’Età moderna. Nella sua millenaria storia si contano un Papa, ventitré cardinali, mecenati, letterati, filosofi, uomini d’arme dello Stato Pontificio, del Regno di Napoli e dell’Impero spagnolo, diplomatici e uomini politici dell’Italia unita. Fra gli altri beni, la rocca di Santarcangelo di Romagna appartiene tutt’ora a Donna Marina Colonna dei Principi di Paliano, ramo della famiglia detto “di Gennazzano”.
L’archivio Colonna, dichiarato di notevole interesse storico il 2 marzo 1965, è stato trasferito dal palazzo Colonna in Roma presso la biblioteca del monastero di S. Scolastica a Subiaco, a titolo di deposito gratuito, in seguito ad una convenzione sottoscritta il 13 dicembre 1995 dalla famiglia Colonna, dal monastero nonché, limitatamente agli impegni derivati, dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio.
In un intervento al Meeting alcuni anni fa Lello ha detto: “Mi occupo della cura delle collezioni d’arte della famiglia Colonna, una famiglia protagonista di numerose vicende storiche, e l’unica famiglia rimasta, delle antiche famiglie baronali romane, che tuttora custodisce grandi collezioni d’arte e di archeologia insieme, con un archivio molto importante e cospicuo. Il mestiere che faccio è molto particolare: non lavorando per un museo pubblico, seguo delle regole non scritte che impongono anche la discrezione rispetto alle carte scritte e alle memorie custodite dentro il Palazzo”.
Questa premessa mi è sembrata indispensabile per capire i personaggi descritti in queste pagine di Lello dedicate, con sottile humour e bella penna, ad un mondo sconosciuto ai più, che si fatica a credere che esista ancora: la grande aristocrazia romana, legata alle case regnanti di tutta Europa. E Lello, credo con grande divertimento, ci elenca nomi e titoli di alcuni di questi personaggi, a volte molto anziani, che ha incontrato e conosciuto nelle loro dimore (bellissime) romane.
E fra questi sono le donne che attirano di più la sua attenzione. “Domietta (Maria Laudomia) del Drago Hercolani scomparsa nel 2018. E’ stata la più splendida tra le principesse romane, colta, ironica, elegantissima, grande amica di Luchino Visconti con cui collaborò per alcuni film come ‘Il Gattopardo’ e ‘Vaghe stelle dell’Orsa’”. Lello racconta di cene sontuose e formali (“cameriere fluttuavano fra gli ospiti con gerarchie e precedenze da Downtown Abbey”) da cui però trae questa conclusione (ma sarà vero?): “Era chiaramente un mondo in estinzione, queste creature chicchissime stavano scomparendo”.
E ancora: Beatrice, nata de Saxe-Coburg-Gotha de Romanov, sposata de Orleans-Borbon de Galliera. “Beatrice era principessa d’Inghilterra e di Russia poiché figlia di Alfred, duca di Edinburgo e duca di Coburg e di Marija Aleksandrovna Romanov, figlia dello zar Alessandro II. Beatrice sposò l’Infante di Spagna Alfonso de Orleans-Borbond de Galliera …” e via di seguito per altre cinque righe. “La vita dei componenti le famiglie reali non appartiene loro fino in fondo perché sono incarnazione vivente di un potere che tuttavia può essere loro tolto con violenza in qualsiasi momento”.
Straordinario il racconto della vita di Cleofe Malatesta, figlia di Malatesta “dei Sonetti” di Pesaro e cugina di Sigismondo, maritata con Teodoro il Paleologo, Despota di Mistrà (Morea, Peloponneso), secondo nella linea di successione al trono bizantino in quanto fratello dell’ultimo imperatore Costantino XI. Caduta Mistrà nel 1460 in mano ai Turchi, completamente dissolto l’impero bizantino e morto nel 1468 Sigismondo, la Signoria di Rimini fu assunta dal figlio naturale Roberto nato nel 1442 dall’unione di Sigismondo con la fanese Vannetta de’ Toschi e morto nel 1482. La nipote di Cleofe, Sofia Paleologa, andò in sposa a Ivan III gran principe di Mosca e di tutta la Russia prendendo il nome di Zoe. Dal matrimonio nacquero sette figli, fra cui Ivan IV il Terribile. Una parentela dunque con il casato dei Malatesta. “A Mosca Zoe non portò solo l’eredità bizantina, ma vi innestò la più eletta cultura del Rinascimento italiano nella quale era stata formata a Roma da papa Sisto IV Della Rovere. Fu lei infatti l’artefice del radicale rinnovamento della città nelle forme che tuttora ammiriamo”, facendo arrivare architetti e ingegneri italiani.
Tantissimi gli episodi e i personaggi di cui Lello narra le vicende. Fra questi Luchino Visconti e Federico Fellini che non si amarono certamente. A proposito dei nobili ritratti da Fellini al Grand Hotel in “Amarcord” Visconti ebbe a dire: “Quelli sono i nobili visti dai miei camerieri”. “Così il patrizio milanese Luchino Visconti da Modrone, discendente diretto dei duchi di Milano, marchiava a fuoco vivo le carni piccolo borghesi del riminese Federico Fellini”.
Insomma ‘Démodé’ è qualcosa di altri tempi, qualcosa fuori moda. Nelle pagine di Lello si intramano storia dell’arte e filologia, esegesi e mostre a New York, letteratura, arte dei giardini, poesia americana, collezioni degli zar, ricevimenti vaticani, grande cinema di grandi registi, piccole storie pensate come fossero siparietti di teatro leggero e altro ancora. Lello consegna al lettore un mondo talmente démodé da indurre a esser quasi certi che mai passerà di moda.
Paolo Zaghini