HomeAmbiente“Lepore salva il parco Don Bosco mentre a Rimini sulla spiaggia libera il primo concerto di Beach Arena”

“Qui noi abbiamo perso, abbiamo perso alla grande, ripetute volte”


“Lepore salva il parco Don Bosco mentre a Rimini sulla spiaggia libera il primo concerto di Beach Arena”


28 Luglio 2024 / Redazione

Lepore blocca il progetto delle nuove scuole Besta: il parco Don Bosco è salvo.

Una vittoria del buon senso, una vittoria della natura- una vittoria del popolo.

Perché credo si sia trattato proprio di questo – del coinvolgimento del popolo – che quando da parola fuori moda diventa realtà concreta è in grado di sprigionare una forza che ha dell’incredibile – così come incredibile è la notizia di ieri: Lepore torna sui suoi passi, il comitato ha vinto. Le nuove scuole Besta non saranno collocate all’interno del Parco Don Bosco – causandone la distruzione – ma nel nuovo edificio scolastico vicino al liceo Copernico. Gli alberi sono stati difesi. Gli alberi hanno vinto. Incredibile.

Sì, è talmente giusta questa vittoria che sembra quasi incredibile. E mi fa paura questa sensazione, perché significa che credibile ormai è l’ingiustizia, significa che è l’ingiustizia la norma, la giustizia – invece – la giustizia è incredibile.

Ma certo, questo sentimento è anche all’origine di una profonda gioia, perché quando non pensavi potesse andare a finire bene, proprio in quel momento capita il miracolo: la realtà ti sorprende. Ti mette adrenalina, fiducia, come una boccata d’aria, che ti rigenera. E la gioia, si sa, può convivere in modo molto naturale con la tristezza.

Perché come faccio in questo stesso momento a non pensare a quello che accadeva ieri sera nella spiaggia davanti l’ex Colonia Bolognese? Come faccio a non pensare che proprio ieri sera a Rimini si è svolto il primo dei grandi eventi della Rimini Beach Arena? Proprio ieri è arrivata la notizia che il Comitato Besta ha vinto, e proprio ieri il primo grande evento della Rimini Beach Arena ci ha ricordato che qui noi abbiamo perso, abbiamo perso alla grande, ripetute volte.

Certo, è più “facile” riconoscere la vita della natura in un parco che non in un lembo di spiaggia. Ed è più “facile”, forse anche più “giusto”, mobilitarsi per un parco che non per una porzione di spiaggia libera. Qualcuno penserà che il paragone è azzardato, addirittura sbagliato.

A Rimini poi: chi ci pensa più che la spiaggia sia anche un habitat naturale?

Chi ci pensa più agli animali che vivono o vivrebbero nella spiaggia, alle piante che fioriscono o fiorirebbero sulla sabbia? Anzi, proprio perché “libera” la spiaggia è sempre a rischio di cadere. Cadere nella grande trappola di un modo antropocentrico e violento di concepirla e viverla. Proprio perché “libera” la spiaggia subisce persino il colpo delle parole, quelle abusate. Una delle più subdole: “degrado”. Sì perché forse ci sentiamo più tranquilli nel rinnegare la libertà di una spiaggia tornata alla natura, facendo di quella stessa spiaggia un palcoscenico, uno spazio neutro- da sfruttare economicamente. Per perseverare nella mancanza di attenzione. Nella mancanza di sguardo, e di ascolto. Per perseverare, in fondo, nella mancanza di libertà. Mettere al centro la natura e la protezione della natura significa forse mettere al centro la libertà, ma una libertà di ampio respiro, una libertà che con l’individualismo non ha nulla a che vedere. E una simile libertà rischia di togliere il fiato.

Allora ben vegano i grandi eventi sulla sabbia, davanti al mare. Ben vengano la confusione, il rumore, un calpestare che dimentica l’abitare, nel rispetto dei luoghi come casa comune.

Ben vengano i rifiuti la mattina dopo il grande evento, quando dentro il recinto un operaio (uno solo) accumula bottiglie e resti di plastica, abbandonati sulla sabbia, per poi gettarli dentro enormi sacchi del pattume. Appena fuori dal recinto però i rifiuti si mescolano – tra la vegetazione, tra i granelli di sabbia – o svettano, come colline più o meno grandi, di cui forse non ci accorgiamo neanche più.

Come non ci accorgiamo delle rondini, le vere abitanti di questo lembo di spiaggia, nidificanti dentro gli edifici abbandonati di un’ex colonia che presto diventerà l’ennesimo hotel, figlio di una concezione puramente imprenditoriale della spiaggia, e della città.

Le rondini, che sembrano danzare più che volare, che sembrano chiacchierare più che garrire.

Le rondini, che sanno di poesia, che sono poesia: una poesia che abbiamo disimparato a leggere.

 

Arianna Lanci