Home___primopianoLoro sono stati noi, noi saremo loro: viaggio per immagini nella casa di riposo di Morciano

Il libro di Giancarlo Frisoni: "Voi chi siete?"


Loro sono stati noi, noi saremo loro: viaggio per immagini nella casa di riposo di Morciano


1 Luglio 2024 / Paolo Zaghini

Giancarlo Frisoni: “Voi chi siete?”
Pazzini

Ho già segnalato in passato alcuni dei libri fotografici di Giancarlo Frisoni: “Memorie. Volti e voci della mia gente” (Edizioni ARTinGENIO, 2018), “Le case del cuore” (AIEP, 2019), “Madri” (Pazzini, 2023). Mai temi facili. E anche in questo volume le solite straordinarie foto in bianco e nero, scattate con maestria, e stampate con grande tecnica professionale da Pazzini. Dunque un magnifico libro fotografico, accompagnato anche da testi di Frisoni capaci di commuovere profondamente, ma che io non mi sentirei di proporre a potenziali lettori. Qual è il problema?

Il libro racconta per immagini di persone anziane non autosufficienti ospitate nella casa di riposo “Gli Ulivi” di Morciano di Romagna. Scrive Alberto Meneghini, Direttore area Coopselios, l’azienda che gestisce la casa di riposo: “Quando Frisoni mi ha illustrato l’idea di raccontare attraverso le immagini frammenti di vita delle persone che ricevono assistenza presso la residenza di Morciano di Romagna, ho temuto che la cosa potesse risultare oltraggiosa. Come se le foto, permeando l’intimità della persona in stato di bisogno, ne ledessero inevitabilmente la dignità. Poi ho compreso la grande opportunità che ci stava dando: costruire attraverso la forza delle immagini una narrazione della relazione di aiuto. Attimi di vita che diventano eterni per la loro capacità evocativa e come tali in grado di suscitare nel lettore riflessione e senso di rispetto”.

Ho conosciuto attraverso il lungo percorso di malattia dell’Alzheimer di mia madre alcune di queste case di riposo. E so quanta dedizione, responsabilità, impegno e amore (non di tutti, ma di diversi certamente) ci mettono gli operatori incaricati di seguire questi anziani malati. Ma il problema è come ognuno di noi si rapporta con la vecchiaia e la malattia. E l’amore impotente che si prova verso i nostri cari così ridotti. E dunque vedere questi scatti di Frisoni sono stati per me un colpo al cuore, difficili da sopportare.

Ma ha ragione nel suo intervento Arcangelo Gabriele Mazza: “Le sue foto non vanno indagate in cerca del loro linguaggio, le sue fotografie provocano e generano il linguaggio: fanno parlare e discutere chi le guarda, sollevano questioni importanti e fondamentali del percorso di vita di noi esseri umani”.

Quella domanda ripetuta, che anch’io purtroppo ho tante volte sentito, “Voi chi siete?”, detta dalla persona amata e a te diretta, dovrebbe predisporci “a guardare queste immagini con il dovuto rispetto e gratitudine per i soggetti ritratti”.

Ci dice Maria Erica Salerno, responsabile della CRA “Gli Ulivi”: “La vita in struttura è una tessitura di storie personali, di trame intrecciate in un vastissimo riferimento spaziotemporale ove la convivenza di passato, presente e futuro porta alla consapevolezza di quanto sia importante tramandare il patrimonio di una cultura in continua evoluzione”. E dunque “noi siamo coloro che, in unico connubio, raccontano ogni giorno di anziani, di famiglie, di volontari, di personale qualificato, di empatia, di elevati livelli di intimità, di completa fiducia nell’’abbandonarsi’ all’altro”.

Ed ancora Mazza: “In questo libro c’è il Giancarlo Frisoni fotografo, pittore figurativo e pittore informale, poeta, scrittore, autore di commedie e attore. Così le foto di queste pagine sono teatro, poesia, racconto. Quella di Giancarlo è una forma d’arte che integra le diverse discipline sopra elencate, una preziosa e rara qualità”.

Scrive Frisoni: “Non conosco nessuno e mi aspetto d’incontrare i loro occhi dentro isolati spazi, in una quotidianità lenta e dolorosa. Ma una volta entrato che mi guardano e li sento addosso, sembra nascere una musica come quando il cuore ascolta i suoi abissi e le passioni. Dai tanti volti traboccare qualcosa che assomiglia al sole, a rigagnoli di acqua, file d’alberi e di grano, come se dove non arrivano più le parole arrivasse il mare, una farfalla, uno spicchio di luna. Da ognuno pare riaffiorino le favole raccontate, i lavori fatti, i libri letti, la musica ballata, le emozioni dei tramonti visti o di una poesia rimasta impressa nel pensiero. La vecchiaia non è colmare o fuggire una distanza, ma tornare bambini ed essere capiti, rinascere dietro un’altra età! Non sono solo pannoloni che la gente dice e che soppesa, la vecchiaia non sta nell’anima. Ognuno è sacro e lo si può vivere, giocarci assieme, parlarci, ascoltarlo, toccarlo con le mani, abbracciarlo. Mi sento un colore diverso in mezzo a una deriva di vita! Loro sono stati noi, noi saremo loro e c’è da perdersi. Sono le radici dei nostri germogli, noi già foglie nell’autunno con la paura di perderli, quella di perderci a nostra volta. O provare a ritrovarci”.
Sì, però …

Paolo Zaghini