Riprendiamo alcuni punti dell’intervento di Ermete Dalprato sulla rivista Ingenio. L’ingegnere Ermete Dalprato è stato direttore del settore urbanistico e dell’area tecnica del Comune di Rimini fino al 2006. E’ stato uno dei protagonisti nella realizzazione del Trc-Metromare.
Dal 2017 ad oggi professore a contratto di “Laboratorio Pianificazione Territoriale e Urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino dopo aver svolto analoga docenza alla Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna dal 2006 al 2015. Dirige la Rivista mensile “L’Ufficio Tecnico” (ed. Maggioli) che ha fondato nel 1979 e con la stessa Casa Editrice ha pubblicato (con l’ing. Brioli) il volume “Il Tecnico dell’Ente locale” (oggi alla XIII edizione). È membro fondatore del Centro Studi “Diritto Finanza Progetto”. Svolge attività Pubblicistica e di Consulenza Tecnica privata e in sede giudiziale. Scrive sulla rivista on line Ingenio.
“Si parla molto in questo periodo di “rigenerazione urbana” il che fa piacere perché significa che questo concetto (che è programmatico) è diventato patrimonio diffuso.
Si parla meno però di urbanistica come se la rigenerazione urbana la ricomprendesse tout court o, peggio, la sostituisse.
Questo è il rischio che si corre quando la ripetitività dell’uso di un’espressione avviene a volte anche solo per trascinamento emulativo senza coglierne l’intrinseco valore e, quindi, svalutandone il contenuto.
Contenuto che appare quindi opportuno indagare per riportare a sistema concetti diversi e non fungibili.
“L’urbanistica non è una disciplina compatta, omogenea, dai paradigmi forti e resistenti nel tempo, né gli urbanisti costituiscono un gruppo monolitico, legato da analoghi presupposti ed intenti. A cadenze ravvicinate si assiste ad importanti svolte tematiche, alla ridefinizione del centro, alla ridiscussione di metodi e tecniche il che delinea un quadro disciplinare fortemente instabile”.
Così esordisce il testo “Urbanisti Italiani” di P. Di Biagi e P. Gabellini (Editori Laterza) quando presenta sette tra i maggiori urbanisti italiani del secolo scorso e nessuna definizione di urbanistica mi è parsa più appropriata e aderente alla natura intrinseca della materia che sfugge ad una codifica puntuale ed esaustiva.
Forse per questo ancor oggi non siamo riusciti a formulare “i principi” che la devono regolare a livello nazionale.
Anche le fughe in avanti di alcune legislazioni regionali – quali ad esempio la tripartizione del PRG in PSC-POC-RUE di inizio secolo recepite come principi nella “proposta di legge” Lupi-Mantini – sono rimaste solo una “proposta” e anzi, per alcuni aspetti, sono state superate nel breve volgere di un ventennio.
Un’altra proposta è naufragata nel 2014 ed una è in corso attualmente, anche se poco se ne parla.
Forse è proprio questo il fascino dell’urbanistica: è una materia viva, in continua evoluzione e rivisitazione, trasversale e multidisciplinare, interferente con altre discipline settoriali e, dunque, con queste implementabile, fino ad assumere una dimensione talmente ampia ed onnicomprensiva che qualcuno ha definito pan-urbanistica.
Approcciare l’urbanistica
Anche da punto di vista didattico l’introduzione alla materia è complesso e può essere affrontato da diverse angolature e con diversi metodi a seconda della finalità dello studio, della professionalità prevalente del relatore e, anche, della sensibilità individuale e del sottofondo culturale.
Questo però è anche il suo handicap perché la espone ad essere oggetto di discussioni superficiali, spesso incolte, particolarmente pericolose e fuorvianti in un momento in cui l’approfondimento pare non essere più la premessa necessaria dei giudizi, espressi sempre più frequentemente sulla base di nozioni mordi e fuggi piuttosto che su una base culturale e … (perché no?) sull’esperienza operativa.
Perché l’urbanistica non è una materia teorica, ma assolutamente concreta che non si può solo raccontare, ma si deve anche poter “applicare” e, soprattutto, verificarne i risultati.
Anche le Utopie urbanistiche hanno sempre avuto velleità applicative e non sono mai rimaste nella sfera della mera immaginazione.
Tanto che – nel testo dianzi citato – gli Autori presentano gli urbanisti traendone il profilo professionale dagli scritti e dalle opere, in una inevitabile connessione tra pensiero e azione.
La finalizzazione al risultato deve essere l’obiettivo e il motore dell’urbanistica; da lì si trae l’individuazione dei metodi che ne fanno appunto “una disciplina”.
Quando la codifica professionale non era così giuridicamente formalizzata l’urbanistica è stata palestra di menti eclettiche in cui si fondevano (e si confondevano) letteratura, filosofia, progettualità artistica e architettonica.
Difficile inquadrarla così com’è difficile inquadrare Leonardo in una specifica categoria professionale; tra l’altro anche Lui si è occupato di pianificazione: rilievo, progettazione, infrastrutture.
Nel secolo scorso – anche a seguito della frammentazione delle competenze professionali per materia – la definizione concettuale dell’urbanistica è stata oggetto di varie e assai diversificate elaborazioni concettuali da parte di riconosciuti maestri che ne hanno dato inquadramenti a volte addirittura opposti: a conferma della multilateralità della sua natura.
Non appaia dunque esercizio sterile e meramente accademico un suo approfondimento – visto che, appunto, autorevoli cultori se ne sono occupati; è invece esercizio utile a definirne i contenuti (magari a renderli attuali) per sapere di cosa si discute quando se ne vuole discutere.
L’argomentazione con cui ho introdotto mi pare ne renda bene la complessità e l’evolutività.
Per l’articolo completo www.ingenio-web.it/articoli/l-urbanistica-non-e-un-opinione/