Ma forse l’Adriatico si è rotto le scatole
31 Luglio 2022 / Nando Piccari
Certo che questo nostro Adriatico è stato un bel fetentone a fare martedì quello scherzo, quando ha preso per i fondelli gli “arpisti” che periodicamente vanno a verificare come stia.
“Bene, grazie” era stata finora la sua risposta, al punto che non mancava fra di loro chi, andandosene, commentasse scherzoso: “Stessi io come sta lui!”
Martedì 26 s’è però divertito a lasciar credere che fosse oramai “più di là che di qua”, ma solo nel tratto di costa compreso fra Bellaria e Cattolica, poiché da Cesenatico verso nord e da Gabicce andando a Sud s’è fatto invece trovare in forma perfetta. A quel punto, più veloce della luce, l’Arpa ha costretto i Sindaci ad affiggere i famigerati cartelli col divieto a fare il bagno.
É scontata la domanda che in tanti si pongono: perché mai quella “birichinata marinaresca”? Io non ho una risposta, ma solo un paio di sospetti.
Il primo dei quali, come si dice, “vola alto”: vuoi vedere che noi rivieraschi, abituati come siamo a considerarlo soltanto un nostro “garzone turistico-alberghiero”, non ci siamo mai accorti che invece anche il mare ha un’anima? Come avevano ben capito e raccontato due grandi poetesse: Alda Merini in “Mare e Terra” («Mare, che io domino col pensiero, mi hai nascosto mille bugie e tante verità») e Cecilia Meireles in “Mare Assoluto” («Il mare è solo il mare, sprovvisto di legami, / si annulla e si ricompone, / per diventare dopo la pura ombra di se stesso / vinto da se medesimo»).
L’altro mio sospetto è invece molto meno aulico. Chi ci dice che l’Adriatico non si sia rotto le scatole nel continuare a vedere la porzione antistante la nostra spiaggia ridotta ad una bagnarola, quotidianamente invasa da decine di migliaia di bagnanti? Passi per i pochi di loro che lo gratificano nuotando come si deve, ma tutti gli altri che vi si sciacquano le ascelle e, peggio ancora, qualcos’altro?
Allora può darsi che martedì scorso lui abbia deciso di fingersi malato, come facevamo noi “ragazzi di una volta” quando, per saltare un giorno di scuola, surriscaldavamo la punta del termometro strofinandola sul cuscino. Una cosa che oggi non sarebbe più possibile, con i termometri digitali e a raggi infrarossi.
Sia come sia, bisogna però riconoscere che il mare si è pentito quasi subito dello scherzo, tant’è che ad un secondo campionamento, commissionato dal Comune dopo solo mezz’ora, s’è fatto trovare nuovamente in forma, sperando così si fosse in tempo ad evitare che quella sua goliardata venisse presa sul serio e facesse il giro di mezza Europa.
Ma qui è sorto un problema insormontabile. Il Comune non ha l’Arpa, ma la Cetra (Centro Esami Tecnici Ricerche Ambientali), che nonostante sia in possesso di quel mezzo chilo di attestazioni legislative e ministeriali necessarie a comprovarne l’idoneità scientifica, a Bologna non è benvista da tutti. Forse perché qualcuno sospetta che nei suoi prelievi si limiti a riempire di acqua di mare qualche provetta, per poi controllare controluce quanti colibacilli contenga?
Il fatto che all’indomani mattina pure un secondo campionamento dell’Arpa abbia sovvertito il risultato del primo, avrebbe dovuto suscitare se non imbarazzo, quanto meno l’esigenza di capire la ragione di quell’evidente dicotomia. Tanto più alla luce delle motivazioni addotte da Arpa stessa, che l’ha fatta facile quando invece si è data da sola la zappa sui piedi, affermando che «i risultati dei campionamenti effettuati martedì 26 luglio sono riconducibili a: temperatura dell’acqua molto elevata da diverse settimane, con valori oscillanti intorno ai 30°; prolungata assenza di ventilazione; scarso ricambio delle acque; mancata diluizione delle immissioni nei corsi d’acqua che arrivano al mare, a causa della forte siccità di questo periodo».
Tutto vero ma, di grazia, non ci si vorrà mica dare ad intendere che quel disastro si sia risolto in una sola notte?
Perché se davvero così fosse successo, bisognerebbe allora gioire di una novità bellissima e clamorosa: lungo la nostra Riviera, l’Adriatico s’è messo a fare miracoli.
A quel punto mi sentirei di raccomandare un nuovo slogan turistico: “Perché andare a Lourdes? Basta venire a Rimini”.
Nando Piccari