Donne, siate sincere. Quali sensazioni vi ha procurato il “sono qualla stronza della Meloni” con cui la premier ha salutato il governatore della Campania De Luca a Caivano? Su, avanti. Se avete genuinamente disapprovato, siete ammirevoli. La vostra posizione è la più giusta, corretta e civile. A parte l’improprietà del turpiloquio rivolto in pubblico dalla presidente del Consiglio a un rappresentante delle istituzioni – vabbè, si trattava di una citazione dello stesso Vincenzo De Luca, che però aveva indirizzato l’epiteto alla premier in una conversazione privata -, l’occasione era la meno indicata: l’inaugurazione del centro sportivo che dovrà riqualificare, socialmente e moralmente, la degradata zona di Caivano, uno dei comuni più invivibili del Napoletano, teatro di disgustosi fatti di cronaca.
Le parolacce e soprattutto la ripicca, prodotto fastidioso ma incruento dello stesso impulso che genera la faida e la vendetta, dovevano essere tenuti alla larga. Sarebbe stato più in tema con lo spirito della cerimonia mettere da parte le vecchie ruggini, e se Meloni si era legata al dito qualche torto ricevuto, scioglierlo in un sorriso pacificatore. E invece no. Volendo usare un’altra metafora abusata, quella del sassolino, possiamo dire che la premier non solo se l’è tolto dalla scarpa, ma l’ha tirato in un occhio a De Luca con la fionda, mentre un suo fido scherano riprendeva il tutto, realizzando un video che per un paio di giorni ha impegnato le penne dei commentatori e riempito i social. La replica dell’aulico governatore campano (“Meloni ha comunicato la sua vera identità”) ha confermato che ormai le interazioni fra i politici sono regredite al cortile di una scuola elementare particolarmente mal frequentata.
E al tempo stesso, ripeto, siamo sincere: ci è così dispiaciuto vedere una donna, pure piccina di statura, che mette a posto un uomo con un ego che stazza come il Vesuvio e sempre pronto a eruttare giudizi taglienti, specie sulle donne, e pure sulle bambine? Mi ricordo ancora, ai tempi del Covid, la tirata beffarda contro la “mammina” (sic) di una bimba dispiaciuta per la chiusura delle scuole: “Dev’essere l’unica bambina d’Italia che piange per andare a scuola, è un Ogm, sua madre l’avrà cresciuta con il latte al plutonio” (la Campania è al primo posto per abbandono scolastico: sarà anche perché ha un governatore che sfotte chi a scuola vuole andarci?). De Luca non ha risparmiato nemmeno la leader del suo partito, Elly Schlein (anzi, Elena, come la chiama lui), che non garantirebbe a sufficienza l’interesse nazionale perché ha tre passaporti. In pratica, secondo De Luca, con lei ci sarebbe il rischio dell’alto tradimento, un’accusa infamante che una volta ti portava dritto davanti al plotone d’esecuzione, ma che Elly ha incassato con stoicismo ladylike da ragazza beneducata.
La reazione di Meloni vista a Caivano è stata volgare, infantile e stizzita, e niente scoccia di più gli uomini di una donna che si incazza fottendosene del ladylike. Al tempo stesso quella reazione è stata attentamente calcolata e pianificata, per umiliare De Luca e realizzare uno strepitoso auto-spot elettorale a pochi giorni dalle Europee. Forse ha ragione lui su tutt’e due le cose: la premier è stronza e sa di esserlo. Di più: ne è fiera. Non mi sorprenderebbe se prima di sabato suggerisse ai suoi elettori di scrivere “stronza” sulla scheda elettorale, in alternativa a “Giorgia”. Perché come lei ce n’è una sola.
Lia Celi