Ma Zizì da Torre Pedrera non sarebbe leggenda senza le contadine madri del turismo
22 Novembre 2020 / Paolo Zaghini
Barbara Leardini: “Eva” – Il Ponte Vecchio.
E’ una vita che gli amici di Torre Pedrera mi raccontano le mirabolanti avventure (più o meno sessuali e fantasiose) di Zizì, al secolo Paolo Cima classe 1944. E prendendo l’aperitivo (quando si poteva) in uno dei bar di Torre Pedrera prima poi lo si vedeva transitare, quasi sempre con un codazzo di giovani a seguito, e scattava l’immancabile segnalazione: è Zizì, è Zizì.
Una superstar di questa ultima frazione di Rimini a nord. Mai mi sarei aspettato di ritrovare una sua ampia biografia (35 pagine) in questa opera prima di Barbara Leardini, autoprodotta in proprio nel 2018 ed oggi edita dall’editore Ponte Vecchio di Cesena.
Ad un certo punto il giovane Paolo, dopo una grave malattia, abbandona l’amore per il calcio per dedicarsi ad altro: “Aveva scoperto una passione ben più grande, la più importante della vita, la sua missione, quella per cui tutti lo avrebbero sempre conosciuto come il mitico Zizì, il re dei vitelloni della riviera, padre di tutti i ‘birri’ della Romagna che sarebbero venuti dopo, unica e rappresentativa icona di un fenomeno che ha caratterizzato un’epoca”.
Per Zizì la scoperta dell’Eldorado, la mitica terra dell’oro, iniziò a metà degli anni ’60 con l’arrivo delle turiste straniere “prive di controllo e disponibili: donne così dalle nostre parti non se ne erano mai viste prima”.
“Il birro non era tipo da raffinatezze, lasciava ai colleghi più blasonati lo champagne e il caviale e rilanciava con sostanziose lasagne e profumate grigliate, il tutto innaffiato da un buon sangiovese, che il vino rosso si sa fa buon sangue: fatti non parole”.
Sicuramente il capitolo migliore di questo libro che in maniera narrativa racconta di altro: i ricordi di una nipote della nonna Eva, azdora familiare nella Romagna all’avvio del boom turistico. Eva è una giovane donna che va sposa a un contadino, col quale divide il lavoro nei campi e per il quale guida la costruzione della famiglia e la nascita dei quattro figli. Nella frazione di Gorolo di Borghi, dove si è trasferita dopo il matrimonio, lei nata a Sogliano.
“La campagna poteva essere bellissima, ti poteva far commuovere se la osservavi nei suoi momenti di fulgida fertilità, il perfetto equilibrio tra una buona semina, la cura dell’uomo, condizioni metereologi che ottimali, al pari di melodiosi accordi per i sensi e ti poteva stupire per il suo fertile splendore”.
Ma .., c’era un grande ma. “I contadini, seppur capaci e volenterosi, non potevano combattere il peso di così tante incognite”. Tanti “stanchi di lottare contro i mulini a vento, si arrendevano lasciandosi viver. Alcuni erano cresciuti in case che definirle tali era un eufemismo, faceva più freddo dentro che fuori, i vetri erano un lusso, se se ne rompeva uno si inchiodava una tavola di legno all’infisso e amen”.
Per aiutare economicamente la famiglia, Eva divenne cuoca: lavorò nel corso degli anni negli alberghi più celebri della riviera. Fu “testimone della ‘bella vita’ tanto decantata di quegli anni. Era orgogliosa del fatto che un’umile donna di campagna potesse allietare, grazie al suo talento culinario, anche personaggi famosi”. “Rompendo vincoli secolari capirono che potevano fare le stesse cose degli uomini e, soprattutto, presero coraggio”. “Eva rappresenta un po’ le donne del suo tempo che non avevano voce ma una forte etica personale con cui portavano avanti il lavoro, la famiglia e la vita”.
La Leardini fa dire ai turisti che rimangono sorpresi di cosa sia diventata la riviera romagnola: “Ma guarda te cosa si sono inventati questi romagnoli, come si sono organizzati bene, solo fino a qualche anno fa se ne stavano a zappare nei campi e a mordere la miseria che ogni giorno cercava di divorarseli”.
Questa può essere anche la sintesi del libro: il percorso di un popolo di contadini, quelli romagnoli, alla conquista di un benessere economico sfruttando la voglia di turismo (sole e mare) del popolo italiano lanciato a partire dalla fine degli anni ’50 in un tumultuoso processo di crescita industriale. E arrivano così la prima auto, gli elettrodomestici e la vacanza al mare.
E poi a seguire la scoperta delle spiagge romagnole da parte dei turisti nordici, con l’arrivo di tante belle ragazze molto più spigliate nei costumi di quelle italiane. Il successo di Zizì, e dei suoi epigoni, nasce in questo contesto.
Isa Perazzini, madre del fotografo riminese Marco Pesaresi (1964-2001), ha regalato alla Leardini la foto di copertina che così l’ha descritta: “Nella foto c’è il passo di questa donna di campagna, non un passo stanco, ma deciso, con una strada davanti da percorrere. Marco amava le persone anziane e questa immagine fa parte di una serie di foto inedite a loro dedicate. In Eva c’è un pezzo di Marco”.
Paolo Zaghini