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E la riminese minaccia azioni legali: "Sponsorizzazioni 24h al giorno per molti mesi danneggiando la salute dei giovani e quella dell'ambiente"


Manuela Fabbri scrive a Pier Silvio Berlusconi: “Via le bottiglie di plastica dal Grande Fratello”


17 Febbraio 2024 / Redazione

Manuela Fabbri presidente di Basta Plastica in Mare Network ha inviato una lettera aperta a Pier Silvio Berlusconi amministratore delegato delle reti televisive Mediaset  per chiedere di far sparire le bottiglie di plastica dal Grande Fratello. Fabri tiene a specifcare di non aver scitto anche alla produzione Endemol !che fa incetta di tutte le pubblicità/promozioni più o meno occulte senza alcuna etica” ma per cpnoscenza la missiva è stata spedita anche ad AGCOM.

“Mediaset – spiega Manuela Fabbri – ha precise responsabilità di ciò che trasmette, e io credo non rispetti a sufficienza la salute dei giovani e di tutti gli utenti molto numerosi sulle sue reti generaliste. Per ora si tratta di denuncia mediatica, ma abbiamo dato mandato alla nostra legale Daniela Addis di Roma, anche Presidente dell’associazione Generazione Mare, di verificare se intraprendere un esposto legale, contro sponsorizzazioni esibite dagli schermi televisivi 24h al giorno per molti mesi, con l’obiettivo di incentivare i consumi per emulazione nei giovani, danneggiando la loro stessa salute e quella dell’ambiente”.

LA LETTERA

Gentile Pier Silvio Berlusconi,

mi rivolgo a lei poiché è uomo di valori e padre. La seguiamo da tempo e sappiamo quanto tenga ai buoni comportamenti (meno parolacce e trash) certamente per questione d’immagine di Mediaset, ma a noi piace credere anche per divulgare contenuti “sani”… tra i quali certamente i buoni sentimenti senza involuzioni sessiste (v. richiamo a Massimiliano Varrese su Beatrice Luzzi, nel reality del quale intendiamo parlarle).

Chi le scrive a nome di tanti è una signora anziana che da sempre si occupa di comunicazione… che però ha scelto di scriverle personalmente, senza le firme di associati, amici e collaboratori che avrebbero reso questo messaggio meno personale (prediligo l’autenticità dell’immediatezza spontanea). Mi è capitato di collaborare con la mia agenzia di pubblicità di allora (anni ’80) con le reti Fininvest all’inizio dell’avventura di suo padre che ho ricordato nei giorni della scomparsa per il beneficio che egli, in termini di concorrenza televisiva rompendo il monopolio Rai, ha introdotto in Italia. Sebbene, pur avendo avuto per un periodo alcuni amici in comune sia professionali che politici tra i quali, Marco Pannella ed Emma Bonino, io non sia mai stata una sostenitrice della “sua” politica.

Questo per dirle che vorrei lei non mi considerasse una nemica, ma una persona estremamente laica e una nonna che alla stregua di tante desidera lasciare un mondo non troppo peggiore di come l’ha ereditato a sua volta, alle nipoti… (le mie sono due ragazze coetanee delle sue figlie), come purtroppo tra guerre, disumanità e degrado invece accadrà. E’ vero che da sempre sono anche un’ecologista un po’ rompi ma non integralista, semplicemente realista e senza paraocchi… Dal 2018 sono presidente di una associazione ambientalista non profit che, nata dal basso a Rimini, ma con prodromi più antichi, per stretta contestualità si chiama appunto Basta Plastica in Mare Network.

Credo che il titolo che ci siamo dati già ben esprima missione e obiettivi. Abbiamo uno statuto preciso che ci impone di prestare la nostra opera per la prevenzione e l’educazione nella riduzione della plastica monouso e contro ogni sua dispersione, per terra e per mare, appunto tra i giovani soprattutto. Purtroppo ovunque i mari, gli oceani e tanti fiumi sono saturi di plastica, di più in Asia e in Africa luoghi in cui noi dall’Occidente la esportiamo. Perché? Non ci sono tante alternative se non la riduzione dei consumi. Non basta più riciclare, il recupero in molti casi è impossibile. Già le micro e nano plastiche sono entrare nella catena alimentare, le respiriamo, le beviamo, le mangiamo, sono nella placenta umana e ovunque. Non intendo farle lezioncine, sa certamente quel che serve sapere e già si chiederà perché le faccio perdere tempo. E’ presto detto: su questo argomento anche lei, a capo di una potenza della comunicazione quale è Mediaset, ha precise responsabilità.

Noi ci occupiamo di educazione giovanile, dalle scuole materne all’università: abbiamo anche istituito due premi di Laurea e di Ricerca sulla salute del mare e la sostenibilità nel turismo per neolaureati a UniBo, Campus di Rimini per circa 14.000 euro. Da mesi io personalmente seguo il programma in oggetto poiché mi interessano i comportamenti giovanili e mi arrovello a pensare come chiederglielo.

Cosa? Di far cessare quell’abuso di bottiglie d’acqua di plastica al Grande Fratello. Lei sa benissimo, altrimenti non avrebbe tutti quegli sponsor/fornitori ufficiali, che lo spirito di emulazione dei loro miti/modelli più visti, ammirati, affermati, è tra i giovani ciò che maggiormente li condiziona. Immagine, apparenza, esaltazione dei ruoli di giovani uomini e giovani donne, in qualche modo nell’ambito dello spettacolo. Dunque vederli continuamente bere attaccati direttamente alle bottiglie di plastica, ben inquadrati durante la diretta televisiva, è una evidente maleducazione che divulga, volutamente, una cattiva pratica. E questo accade in una casa, dove non servirebbe neppure una borraccia, poiché basterebbe riempirsi un bicchiere dalla bottiglia di vetro o dal rubinetto… magari che eroghi acqua filtrata. Noi in Romagna beviamo la cosiddetta “acqua del sindaco” poiché in buona parte proviene dalle sorgenti delle Foreste Casentinesi e la diga di Ridracoli. Mentre nella casa del Grande Fratello anche durante le riprese della diretta con Signorini e Buonamici testimoni, le bottiglie e bottigliette di plastica sono evidentemente raccomandate dagli autori, in bellavista in ogni inquadratura, come fossero una decorazione della quale andare orgogliosi. E sappiamo cosa significa. Marketing. Plastica, fumo e cibo spazzatura… gli snack in busta. E questo accade 24 ore al giorno, anziché utilizzare un programma così tanto amato dai giovani per contaminare l’audience fidelizzata con comportamenti virtuosi che insegnino loro a rispettare l’ambiente e ad amarsi, preservando la salute del pianeta e di loro stessi.

Lei sa certamente che le bottigliette di plastica ormai sono considerate out… che le persone viaggiano soprattutto con le borracce. Che nei convegni si usa il vetro, perfettamente riciclabile e che non inquina. Pensa che sia etico incentivare i giovani ad assumere comportamenti sbagliati? Che basti qualche attrezzo ginnico, sauna e piscina per avere cura degli inquilini e di chi li spia (ed imita) per tanti mesi?

Io sono antiproibizionista. Non credo che proibire il fumo sia utile, così come forse non lo sarebbe proibire le bottiglie di plastica nonostante le ultime ricerche abbiano avvalorato quanto le particelle di nano e microplastica disciolte siano disperse al loro interno (ricerca allegata). E non so se informare che il fumo fa male abbia indotto i giovani a recedere, non mi pare, vedendoli. Ma di qui a far replicare dai propri miti le abitudini peggiori non crediamo sia uno stile di comunicazione appropriato, per così dire. Mentre lo sarebbe informare sulla necessità di ridurre i consumi di packaging e di plastica monouso facendone conoscere i danni, irreversibili per l’ambiente e il nostro corpo. Poi infine, si sa, sono i consumatori a decidere. E voi a Mediaset lo sapete bene. Sono le nostre scelte individuali a determinare il mercato, ma persone come lei e altri, uomini e donne potenti della comunicazione, hanno una responsabilità particolare poiché possono condizionare le scelte di tanti, non crede, gentile Piersilvio?
Oramai, dopo cinque mesi, il Grande Fratello sta finendo. Sono dunque fiduciosa di una sua cortese, e appropriata, risposta… magari compensativa?

Cordialità,

Manuela Fabbri

NB: AGCOM è in indirizzo per conoscenza poiché spesso la pubblicità delle bottiglie di plastica anche in RAI (nella trasmissione di Antonella Clerici), sembra voler essere “occulta”; non è comunicata come invece dovrebbe quando si tratta di pubbliredazionali e/o sponsorship. L’offensiva dei produttori di acqua nella plastica è evidente, nonostante l’Italia sia tra i maggiori consumatori (ancora) tanti stanno optando per l’acqua del rubinetto, filtrata o non, e ora la pubblicità si è fatta più aggressiva (nei giorni scorsi due bottigliette piazzate come un trofeo davanti al presidente del Napoli, De Laurentis, in foto).

LA RICERCA

Da La Repubblica 11 GENNAIO 2024.
Nell’acqua in bottiglia migliaia di nanoparticelle di plastica

Secondo una ricerca negli Usa ci sono fino a 370mila frammenti per ogni litro nei prodotti in plastica. E non c’è solo il PET. Cresce l’attenzione sul fenomeno, con l’Italia tra i maggiori consumatori, ma c’è chi frena: “Ancora poco chiari i danni per l’uomo”

Insieme all’acqua che beviamo potremmo inconsapevolmente ingoiare centinaia di migliaia di microscopici frammenti di plastica. Con potenziali danni alla nostra salute. Arriva dagli Stati Uniti l’ultimo allarme sul rischio di ingerire microplastiche, ma soprattutto nanoplastiche, attraverso il consumo di acqua commerciale in bottiglie di plastica: qui un team di ricercatori ha analizzato i prodotti di tre celebri marche, alla ricerca di frammenti di grandezza anche inferiore a 100 nanometri. E trovandone molti più di quanto accaduto nelle stime precedenti: in un litro di acqua in bottiglia, in media, sono stati individuati 240 mila frammenti di plastica. Fino a cento volte di più rispetto al passato, molto più di quanto non si riscontri nell’acqua di rubinetto. Nulla, naturalmente, di percepibile all’occhio umano. La ricerca, pubblicata sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences, organo ufficiale della National Academy of Sciences) ha immancabilmente aperto un ampio dibattito sugli Stati Uniti. E minaccia, sin d’ora, di incidere sui comportamenti dei consumatori. Su scala globale.

Non solo PET

Le analisi di laboratorio, che hanno utilizzato strumenti di ultimissima generazione con il puntamento di due laser in grado di osservare e “leggere” la risposta delle diverse molecole, hanno individuato da un minimo di 110 mila a un massimo di 370mila particelle di plastica. Si tratta in larga parte (circa il 90%) di nanoplastiche, riconducibili a sette tipologie differenti. Tra queste, come ci poteva attendere, figurano quantità significative di PET, il polietilene tereftalato, utilizzato su larga scala per imbottigliare il 70% delle bottiglie per bevande e liquidi alimentari di tutto il mondo.
Ma più presente del Pet è risultato, stavolta un po’ a sorpresa, il poliammide, una classe particolare di nylon speciali: secondo Beizhan Yan, coautore dello studio e chimico ambientale al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, potrebbe derivare dai filtri di plastica utilizzati per purificare l’acqua prima dell’imbottigliamento. Un vero paradosso, insomma.
E ancora: polistirene, polivinilcloruro e polimetilmetacrilato, materiali utilizzati nei processi industriali. E l’incognita di un’alta percentuale (circa il 90%) di nanoparticelle che i ricercatori non sono stati in grado di identificare.

Il dibattito sui rischi per la salute

Quanto basta, insomma, per accendere la luce dei riflettori su un grande business mondiale, proprio mentre la presenza di micro e nano plastiche viene certificata un po’ ovunque, negli ecosistemi. Persino in Antartide. Ma stavolta il rischio è di ingerirle direttamente, non attraverso la catena trofica degli ecosistemi dai quali preleviamo il nostro cibo. “E le nanoplastiche presenti nelle nostre bottiglie d’acqua sono potenzialmente pericolose per la salute umana, ancor più delle microplastiche”, ammonisce Wei Min, docente di chimica alla Columbia e tra gli autori del nuovo articolo.