HomeIl corsivoMeloni augura a Schlein di guardare avanti: ché indietro c’è la Montaruli a Predappio


Meloni augura a Schlein di guardare avanti: ché indietro c’è la Montaruli a Predappio


28 Febbraio 2023 / Nando Piccari

Fra i messaggi di congratulazioni ricevuti da Elly Schlein ce n’è uno che, oltre a manifestare una dovuta cordialità, nasconde… un lapsus freudiano. È quello di Giorgia Meloni, la quale non a caso si augura che l’elezione della neo Segretaria PD «possa aiutare la sinistra a guardare avanti e non indietro».

Sì, perché guardando avanti non saranno ancora visibili le nefandezze che l’attuale Governo potrà continuare a regalare all’Italia. Guardando invece all’indietro, si coglie con certezza di quale pasta fossero fatti fino a ieri lei e quelli del suo clan.

Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Si va dall’esordio in politica con una sua intervista alla Tv francese in cui affermava: «Credo che Mussolini sia stato un buon politico. Tutto ciò che ha fatto l’ha fatto per l’Italia. Non ci sono stati altri politici come lui».

O a quando, nel 2020, lei rendeva omaggio alla memoria di Giorgio Almirante, a cui la Giustizia dell’Italia Repubblicana aveva autorizzato potesse attribuirsi il titolo di «torturatore e massacratore di Italiani», che si era guadagnato nel mentre teorizzava che «il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei». A lui Meloni dedicava questo belante elogio: «Amore per l’Italia, onestà, coerenza e coraggio sono valori che ha trasmesso alla Destra italiana e che portiamo avanti ogni giorno. Un grande uomo che non dimenticheremo mai».

La stessa enfasi dell’applauso riservato al futuro massacratore degli Ucraini: «Complimenti a Vladimir Putin per la sua quarta elezione a presidente della Federazione russa», perché lui «difende i valori europei e l’identità cristiana». Di qui la richiesta che «L’Italia ritiri immediatamente il proprio sostegno alle sanzioni contro la Russia», aggiungendo che «non ha alcun senso forzare l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, portando inevitabilmente ad una crisi con la Federazione Russa »

E che dire della “storica” ostilità di Giorgia Meloni verso l’Europa? Bastano solo queste sue perle: «L’Europa non esiste, è un comitato di usurai (…). L’Italia fuori dall’Euro, una moneta sbagliata, destinata a implodere».

Discendeva da questo sovranismo d’accatto la naufragata proposta di riforma della Costituzione. Il suo Articolo 117 («La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»), in seguito alla bieca castrazione pretesa da FdI avrebbero dovuto ridursi a «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto delle competenze a essi spettanti».

Va tuttavia dato atto a Meloni che lo scherno nei confronti di Mattarella, contenuto nel messaggio online sopra riportato, non era volgare quanto l’insultante pezzenteria delle carinerie rivoltegli da uno dei suoi due o tre bracci destri, tale Fazzolari, per il quale il Presidente è «un aspirante demonio», anzi «un rottame» che va «oltre i confini del ridicolo».

Ma Fazzolari, più che da sottosegretario è conosciuto come grande appassionato di armi, idolatrato da quei patiti che per sentirsi qualcuno vanno a sparare pistolettate al tiro a segno.

Niente di più facile che abbia trasmesso questa passione pure alla collega Isabella Rauti, che qui vediamo imbracciare un mitra senz’altro più tecnologico di quello del camerata suo padre, quando da militare volontario della Repubbichina di Salò fiancheggiava i nazisti.

C’è però una sconcezza che non risulta potersi imputare a Giorgia Meloni: la partecipazione all’annuale raduno dell’imbecillità fascista a Predappio. Come si vede nelle foto sottostanti, a questo ci pensava la fedele Augusta Montaruli, sottosegretaria all’Università fino a quando s’è dovuta dimettere in seguito alla definitiva condanna per peculato.

Dal “Fronte della Gioventù” a “bifronte nell’età matura”, si potrebbe definire la parabola politica del “Signor Presidente del Consiglio”, come vuol essere chiamata Giorgia Meloni.

Negli anni di quella loro comune giovinezza, lei e i più fedeli fra i suoi attuali tirapiedi governativi si attenevano tutti allo stesso copione neo-fascisteggiante, ma oggi non le è più consentito. Deve imbellettarsi per apparire moderata, europeista, sensibile fino a mostrare solidarietà verso quei migranti che il suo ministro dell’interno chiama “carico residuale”.

Quando va a Bruxelles le tocca sorridere più a Ursula von der Leyen che a Orban e a quelli di Visegrad, o Visdecaz che dir si voglia. Se Macron la farà andare finalmente a Parigi, dovrà comportarsi come se non avesse mai conosciuto Marie Le Pen. Per non parlare del suo visibile imbarazzo in occasione della frettolosa stretta di mano concessale giorni fa da Biden, per il timore che lo staff gli avesse rammentato quell’augurio di sconfitta («Da patriota italiana, spero possa vincere Trump») o l’ostilità manifestatagli solo un anno fa, quando i giornali titolarono: «Giorgia Meloni punta il dito contro Joe Biden: “Senza lo scandaloso ritiro da Kabul nessuna guerra in Ucraina”».

Purtroppo c’è però qualcuno che ogni tanto le rompe le uova nel paniere. Ultimo fastidio in ordine di tempo, il “bullismo ministeriale” esibito dal titolare leghista del Dicastero all’Istruzione e ridicolmente al Merito, contro la civilissima lettera della Preside del Liceo Leonardo Da Vinci di Firenze a commento della violenza squadrista subita da due studenti ad opera di sei neofascisti. Un pestaggio a cui sia il Presidente Meloni che il suo partito si sono ben guardati dal far seguire un’espressione di condanna per gli aggressori, o almeno di solidarietà per gli aggrediti. Anzi, quel Mollicone che funge da comico presidente della Commissione Cultura della Camera ha di fatto assolto i sei neofascisti, ritenendoli coprotagonisti di «un fronteggiamento fra due gruppi, evidentemente una rissa».

L’attacco inconsulto del ministro alla Professoressa Savino meritava già di suo l’aggettivo osceno, ma il peggio è arrivato all’indomani, con il patetico tentativo di negare la minacciata eventualità di provvedimenti contro di lei .

E sì che le sue testuali parole erano state chiarissime: «La lettera è del tutto impropria (…) non compete ad una preside lanciare messaggi di questo tipo (…) se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure».

Gustosissima la presa per i fondelli a Valditara contenuta in un articolo a La Stampa del Magistrato emerito Giancarlo Caselli: «Se “misure” non è sinonimo di sanzioni, vuol forse dire che il ministro si propone di prendere alla preside le misure per farle confezionare un qualche abito?».

Nando Piccari

Post Scriptum
La delirante ammirazione di Berlusconi verso Putin ha procurato la new entry di due guitti neo-berlusconiani: Vauro («Bacerei in bocca Berlusconi. Zelensky è un pupazzo») e Moni Ovadia («Per la prima volta non mi sono sentito di contestare il presidente Berlusconi. L’atteggiamento di Zelensky è un grande problema»).