Milioni per l’ex questura, annaspa la politica, il Caar imbarazza e i dehors impazzano
3 Luglio 2021 / Maurizio Melucci
L’ex questura
Inevitabile ritornarci sopra. Una vendita all’asta, con queste modalità e questi numeri non si era mai vista a Rimini e non solo. 14,5 milioni di euro è la cifra. Una enormità. Basta dire che la costruzione dell’ex questura è costata poco più di 20 milioni di euro. Ai 14,5 dell’asta si è arrivati dopo una “battaglia” a suon di rilanci tra il gruppo Conad e la società che alla fine ha vinto. Si tratta di Ariminum Sviluppo Immobiliare S.R.L.. Una società costituita il 18 marzo 2021 con un capitale sociale di 10mila euro. Ariminum è detenuta al 100% da SER-FIN Partecipazioni S.R.L. con un capitale di 400mila euro. SER-FIN è detenuta per il 97% da Siref Fiduciaria Spa. Entrambe le società hanno come amministratore unico il commercialista di Bologna Piero Aicardi. Ma non è questo l’aspetto rilevante. La domanda, vera, è per quale ragione un’area priva di pianificazione urbanistica puntuale viene venduta a questo prezzo esagerato. Vero che esiste uno studio urbanistico approvato dalla Giunta comunale a febbraio 2021 che prevede delle funzioni. Circa 30mila mq tra residenziale, direzionale e commerciale (1500 mq). Ma si tratta appunto di uno studio urbanistico senza nessun valore di legge.
Oppure c’è chi pensa di poter ripristinare la vecchia previsione di questura sistemando l’attuale edificio ed affittarlo al ministero degli Interni. Una soluzione apparentemente assurda, dopo la scelta della caserma Giulio Cesare come cittadella della sicurezza. Assurda ma non per questo irrealizzabile. Dipende da tante variabili, riminesi e soprattutto romane. In ogni caso la nuova amministrazione comunale eletta dopo le elezioni di ottobre, avrà sicuramente tutti gli occhi puntati su come pianificherà l’area. E’ certo che l’interesse pubblico dovrà essere netto. Altre soluzioni non sono ammesse.
Le candidature a sindaco di Rimini
Centrosinistra
Il Pd ha fatto l’accordo politico, approvato all’unanimità dalla direzione comunale (quella legittima dei 50) con la presenza del responsabile nazionale enti locali Francesco Boccia. E’ infatti a Roma che è stato raggiunto l’accordo, sulla base di un documento politico programmatico e di un tandem di candidatura: Sindaco Jamil Sadegholvaad vice sindaca Chiara Bellini. Il tutto è successo mercoledì scorso. Ad oggi vi è ancora qualche “giapponese” che pensa che tutto sia come prima e non sua arrivata invece una soluzione politica fortemente innovativa. Il motivo è semplice. In pochi hanno letto il documento sottoscritto da Sadegholvaad e Petitti che è alla base dell’accordo. Non è stato ripreso, dal mio punto di vista, in modo adeguato dall’informazione locale ed è stato letto dagli addetti ai lavori in forma superficiale.
Lo ripropongo perchè è il cuore dell’accordo politico dove non vi è spartizione di posti nè alcun accordo di potere, come qualcuno sta dicendo. Si tratta inveco di una sintesi politica di un dibattito andato avanti per mesi, tra continuità ed innovazione, tra riformismo e restaurazione, tra chi guarda al futuro e chi al passato. Quel dibattito, caricaturale, è stato spazzato via dal documento approvato.
La seconda novità è il tandem. Sindaco e vice. Anche in questo caso siamo in presenza di una innovazione politica consistente. Un vice che non viene scelto dal sindaco dopo le elezioni sulla base dei rapporti di forza tra le liste di maggioranza del consiglio comunale, ma propsto al voto di cittadini come parte integrante della nuova amministrazione. Un tandem che dovrà lavorare fin da subito nella stessa organizzazione della campagna elettorale. In conclusione, si è passati dalla giunta tutta ed esclusivamente del sindaco, ad una giunta politica. Nel passato, prima di Gnassi, è sempre stato così. E’ del tutto ovvio che se il documento politico-programmatico non viene rispettato sarà inevitabile un nuova rottura, a quel punto insanabile.
Centrodestra
Nel centro destra tutto è fermo. Lo scontro di leadership tra Salvini e Meloni sta portando alla paralisi nella scelta delle candidature a sindaco nella città, compresa Rimini. Uno scontro che non ha confini. E’ stato portato anche in Europa con il manifesto dei “Sovranisti”. Le candidature sono sempre le solite, che salgono o scendono nel barometro della politica a secondo di chi parla.
Sono in calo le azioni di Gianni Indino, presidente di Confcommercio e del Caar, il quale ha già annunciato via social: “In questi ultimi giorni sono stato tirato in ballo a più riprese in merito alla mia candidatura a sindaco della mia città, (che amo) vorrei solamente ristabilire un minimo di verità e lo farò nei prossimi giorni convocando probabilmente una conferenza stampa che faccia luce sui vari aspetti di questa vicenda”. Non si comprende se è un avvertimento o un modo per tirarsi fuori. Poi vi sono le azioni d Enzo Ceccarelli, ex sindaco di Bellaria, che vengono date in risalita. Non mancano le candidature politiche di Nicola Marcello (azioni stabili) e di Alessandro Ravaglioli (azioni in risalita). Forse la prossima settimana sarà quella decisiva. Forse, appunto.
Gianni Indino
Il presidente di Confcommercio e del Caar di Rimini cerca di giustificare la presidenza di quest’ultimo come una nomina dovuta. Non vi è, secondo Indino, nessun rapporto politico con la giunta Gnassi. Ritieme che dopo nove anni di presidenza del direttore della Confesercenti Mirco Pari, il ricambio fra associazioni fosse nelle cose. Spiace contraddire questa teoria, ma non è così. La presidenza del Centro Agro Alimentare non è appannaggio di Confesercenti o Confcommercio, ma è una nomina come altre nei pieni poteri del sindaco di Rimini. Mirco Pari per altro era il direttore della Confesercenti e non il presidente, che è una carica sindacale della categoria. Dopo la presidenza di Indino non vi è scritto da nessuna parte che si debba ritornare ad un esponente della Confesercenti. Questi incroci si fanno alla Camera di Commercio (dove corre anche in questo caso Indino). In conclusionel Gianni Indino è stato nominato dal sindaco Gnassi in virtù di una scelta politica, legittima come tante altre.
Dehors sulle strade
E’ la seconda estate, causa pandemia, che i pubblici esercizi hanno la possibilità di usufruire di spazi aggiuntivi esterni per ampliare la loro attività con sedie e tavoli. Sono stati utilizzati marciapiedi, aree di sosta delle auto, giardinetti ecc. Comprensibile, per compensare la riduzione dei posti nei locali per far rispettare le norme sul distanziamento.
L’augurio è che presto ritorni la normalità. Nella normalità inserisco anche l’eliminazione degli spazi aggiuntivi esterni per i pubblici esercizi. Non vorrei che finita l’emergenza l’occupazione degli spazi aggiuntivi esterni rimanesse. C’è anche da rispettare la concorrenza. Non tutte le attività, infatti, hanno di fronte strade e marciapiedi di cui usufruire.
Maurizio Melucci