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Il PD deve cambiare a cominciare dai territori. Emilia-Romagna, non tutto va bene


Mobilità e traffico a Rimini: tra eredità ed eredi chi ci ha rimesso


22 Dicembre 2024 / Maurizio Melucci

Mobilità e traffico: tra eredità ed eredi chi ci ha rimesso

Una lettera firmata pubblicata dal resto del Carlino nell’edizione del 20 dicembre critica, in modo aspro, la gestione della mobilità da parte dell’assessora Roberta Frisoni (ora nella giunta regionale) degli ultimi 8 anni. Secondo il lettore la situazione è peggiorata e l’assessora “ha toppato clamorosamente”.

Alla lettera risponde la penna di punta, nella cronaca politica riminese del Carlino, Carlo Andrea Barnabè. Giustifica il lavoro fatto, ritiene che se ci fosse un “esame sul traffico nessun amministratore pubblico otterrebbe la sufficienza” e via con altre argomentazioni che in parte condivido, ad iniziare che è difficile il lavoro di amministratore alla mobilità. Ritengo invece alquanto fuori contesto la considerazione di Barnabè: “Frisoni ha ereditato una situazione pesante e si è trovata a gestire interventi che rivoluzioneranno la viabilità cittadina”.

Non ho capito quale sarebbe l’eredità pesante. Quella della prima giunta Gnassi o quella di Alberto Ravaioli? Non credo di sbagliare se ritengo che il riferimento sia alla giunta Ravaioli.

Ebbene quella giunta ha lasciato in eredità:

  • Realizzazione della tangenziale Nord
  • Prolungamento della via Roma fino a Riccione
  • Bretella per la viabilità dello Stadium (ex 105 e RDS)
  • Realizzazione di numerose rotatorie
  • Progettazione della rotatoria per l’incrocio della statale 16 con la SS72 (in corso di realizzazione)
  • Progettazione, appalto e realizzazione del TRC di costa tra Riccione e Rimini (Metromare)
  • Realizzazione della viabilità per accedere alla nuova fiera di Rimini Nord. (50 milioni di investimento)
  • Progettazione del nuovo tratto del TRC stazione di Rimini-Fiera (in corso di realizzazione sulla base di quel progetto)

E’ possibile che mi dimentichi qualcosa. Credo che da questo punto di vista l’eredità sia stata ampiamente positiva per chi veniva dopo nell’azione di governo del Comune di Rimini. Poi sono state fatte delle scelte, dal sindaco Gnassi. La chiusura del Ponte di Tiberio senza realizzare un’alternativa e creando un “danno collaterale” nel quartiere Clodio. La realizzazione del Parco del Mare senza la previsione di parcheggi e lasciando ai viali delle Regine il carico di scorrimento.  Non sono stati ancora realizzati i parcheggi scambiatori nelle stazioni del TRC.

Tutto questo per dire due semplici cose. Dopo 13 anni dall’ultimo anno della giunta Ravaioli (2011) scaricare sul passato rischia di essere poco credibile, per non dire altro. Ognuno ha fatto negli anni la propria parte. Mitizzare il presente e dipingere il passato come tutto sbagliato è uno sport nazionale, ma sinceramente fuori luogo e soprattutto inutile.

Il Pd e i gatti. Non sono tutti uguali

L’area Schlein è poco rappresentata? «Il dibattito non mi appassiona – dice Igor Taruffi responsabile organizzativo del Pd – conta l’unità del Pd, conta come fai politica. Non faccio l’esame del sangue a chi è più vicino a Bonaccini o a Schlein, le etichette non contano: conta catturare i topi, non di che colore è il gatto, diceva qualcuno. E in questa giunta ci sono i contenuti, dalla sanità al lavoro fino al contrasto al consumo di suolo, contenuti che miglioreranno il lavoro già svolto. Facendo scelte anche diverse, come sull’Autonomia, che de Pascale ha già chiarito. So che sarà un ottimo presidente, di una giunta larga, perché ci sono Avs e i Cinquestelle».

Dichiarazione condivisibile. In parte. Elly Schlein è stata eletta con grandi attese per cambiare il Pd: “Basta con la scelta dei vertici, o delle candidature nei territori, sia solo un gioco di correnti, somme di pacchetti di tessere puntati sui nomi decisi dai capibastone.”

E’ l’esempio di ciò che è successo a Rimini con la scelta dei candidati alle elezioni regionali. Si è fatta una consultazione pasticciata, impropria, senza regole, per permettere ai vertici del Pd (segretario, sindaco di Rimini, parlamentare) di poter decidere senza vincoli.

Su questa scommessa di cambiare il Pd Schlein sembra convinta (o quantomeno lo era durante le primarie per la sua elezioni a segretaria nazionale). Anche a settembre del 2023 a Parma, intervistata da Enrico Mentana al festival di Open, aveva fatto intuire che tipo di Pd abbia in testa: “Non basta cambiare la testa del partito, bisogna cambiare anche sui territori”.

Proprio per queste ragioni, enunciate da Schlein, è necessaria una forte accelerazione per cambiare il Pd sui territori con regole nuove e certe.

Dal mio punto di vista i punti cardini, che dovranno essere al centro di una conferenza d’organizzazione di prossima convocazione dovrebbero essere:

  • Fare votare gli iscritti sui punti fondamentali del programma. Guerra, armi, sanità, salario minimo, solo per citare alcuni temi su cui si discute nel Pd. Votazioni nelle sezioni, ma anche online, sui temi più delicati, su cui impostare l’opposizione al governo.
  • Primarie per le scelte dei vertici del partito. Consultazioni aperte ai militanti, non solo ai tesserati, a tutti i livelli: dai segretari regionali a quelli provinciali e cittadini.
  • Primarie per decidere le cariche istituzionali dai sindaci, presidenti di regione, consiglieri regionali e parlamentari. Finora tanti propositi ma mai concretizzati. La pratica delle primarie deve diventare di uso comune per la scelta delle principali cariche istituzionali. La bassa affluenza al voto richiede un coinvolgimento degli elettori sin dalle scelte per le candidature. Primarie che dovrebbero riguardare, per queste ragioni, anche sindaci, parlamentari e presidenti di Regione al primo mandato. Non si tratta di un atto di sfiducia, ma il contrario: rinsaldare un nuovo patto con i cittadini e gli elettori del centrosinistra.

Per questi motivi non è più rinviabile la Conferenza d’organizzazione che cambi “pelle” al Pd. Altrimenti il rischio è che il colore dei gatti conti più di prima, al di la delle capacità di prendere i topi.

Emilia-Romagna, non tutto va bene

Nel 2023, in Emilia-Romagna, il 6,8% delle famiglie non è stata in grado di spendere più di 1.200 euro al mese, per un nucleo di due persone.

Si chiama povertà relativa, ed è il dato più alto degli ultimi dieci anni, almeno (la serie storica si ferma al 2014). Una percentuale che per la prima volta, pur essendo inferiore alla media italiana (11%) supera quella del Nord-Est, che è ferma al 5,8%.

Lo rileva l’Ires, il centro studi della Cgil, che per bocca del suo segretario generale Massimo Bussandri avvisa: «Occorre sciogliere i nodi di questa regione, se non vogliamo approdare nel giro di un paio d’anni a una situazione drammatica — dice — la narrazione del va tutto bene andrebbe superata, se vogliamo risolvere i problemi. Sempre più famiglie faticano ad arrivare a fine mese, se non riducendo i consumi. E non si tratta di persone in disagio sociale, ma di lavoratori e pensionati». Occorre secondo il segretario della CGIL aggiornare Patto per il lavoro e per il clima. Una lavoro che dovrà affrontare la nuova giunta regionale de Pascale.

Maurizio Melucci

 


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