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Nell’anno delle Olimpiadi, “Spiriti di Olimpia”. Atleti e contesto nelle immagini di PARITANI


Montegridolfo: domani in Municipio l’inaugurazione della mostra di Paritani


25 Maggio 2024 / Redazione

Nell’anno olimpico e nell’entusiasmo dei grandi eventi sportivi che nel 2024 si svolgeranno in Emilia-Romagna, da sabato 25 maggio, Montegridolfo ospita l’esposizione SPIRITI DI OLIMPIA. Atleti e contesto nelle immagini di PARITANI.

Da poco si è vissuta l’emozione del passaggio del Giro d’Italia e il 29 giugno, arriverà a Rimini, la prima tappa del Tour de France. Questi due straordinari appuntamenti, insieme ai gran premi internazionali di auto e moto, ai campionati europei di ginnastica, ai mondiali di pattinaggio artistico a rotelle e, alle tante discipline che s’incontrano nella Regione, hanno dato lo spunto per la mostra, allestita fino all’8 giugno, nella Sala Clementina del Municipio di Montegridolfo.

“Spiriti di Olimpia” è un percorso di ricerca sviluppato, sin dal 1998, dai fotografi riminesi Roberto Pari e Sergio Tani (da cui Paritani) ed è composto da oltre 60 immagini di atleti ambientati in contesti di archeologia industriale. Gli autori hanno cercato di esprimere un forte contrasto artistico e temporale: la statuaria bellezza dei corpi nella suggestione dei luoghi dell’abbandono. Quali oniriche scenografie, ci sono vecchi opifici, corderie, frantoi, discoteche, che isolano le figure e le incorniciano plasticamente, bloccandole nell’agonistica tensione del gesto atletico. Quelle macerie evocano le città della potenza e della gloria, dell’Antichità sublime, mentre i giovani corpi rappresentano il momento attuale, come un passato che ostinatamente vuole rinascere. Queste immagini si pongono anche come simbolico riferimento al momento della scoperta durante lo scavo archeologico, nel quale, tra i resti della storia, riemergono le sculture modellate dalla ideale bellezza, proprio in coincidenza della RiminiWellness – la grande fiera dedicata allo sport e all’attività fisica – e dei XXXIII Giochi Olimpici di Parigi.

L’esposizione curata da Marco Musmeci, rientra nelle attività previste dal programma turistico di promozione locale, che con il titolo di “Emozioni, antichi saperi e buone pratiche: la Romagna nel Castello di Montegridolfo”, pone il piccolo borgo malatestiano quale meta turistica e culturale di primo piano nella provincia di Rimini e in generale, nella Regione Emilia-Romagna. Ingresso libero.

La mostra è allestita dal 25 maggio a sabato 8 giugno 2024.

 

Info:

0541 855054

comune@montegridolfo.eu

Orario:

tutte le sere, dalle 20.30 alle 22.30

apertura su richiesta,

da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13.

Immagini di atleti: antico e moderno allo specchio

Osservare le immagini degli atleti messe in scena e catturate dall’obiettivo dei fotografi Paritani accanto a quelle plastiche, lucide delle sculture bimillenarie ospitate nelle sale dei musei produce un effetto duplice: da un lato l’accostamento fa immediatamente risaltare la natura comune dei corpi atletici antichi e moderni; la concentrazione nel momento del gesto atletico e allo stesso tempo l’apparente assenza di sforzo negli atleti stessi, certo scelte intenzionalmente dal fotografo, richiamano le pose ricercate, solo apparentemente naturali, e i volti imperturbabili delle statue antiche – gli stessi corpi, verrebbe da dire, imprigionati nel marmo e fissati sulla carta fotografica; d’altro canto le statue, fortunosamente giunte fino a noi dopo aver subito crolli e mutilazioni, vivono ora nei musei, eredi ideali degli spazi celebrativi che le ospitavano anticamente – templi, teatri, terme: mentre le fotografie ci restituiscono le immagini degli atleti collocate a contrasto con luoghi stranianti, edifici abbandonati, ruderi del nostro passato industriale. Ma anche questo apparente contrasto conduce in ultima analisi a un effetto simile: i luoghi dell’abbandono contemporaneo echeggiano le rovine a cui le statue antiche sono state strappate.

La fascinazione delle figure antiche, sempre più lontane dal mondo contemporaneo e dal suo rutilante immaginario tecnologico, continua dunque inconsciamente ad agire. Un lungo filo rosso lega le statue degli atleti vincitori di Olimpia o Delfi, insieme alle innumerevoli copie che già i Romani ne vollero trarre per ornare le loro ville, le terme, gli edifici di spettacolo, con le fotografie esposte nella mostra: la scelta di rappresentare i corpi in parziale nudità, i muscoli evidenti e allo stesso tempo le pose eleganti, i volti privi di apparente sforzo, non sarebbero pensabili senza quei modelli. Si pensi, per contrasto, ai corpi immensi, ma privi di dettaglio nella muscolatura, e alle espressioni feroci o contratte dei lottatori Sumo della tradizione giapponese nelle immagini artistiche che li ritraggono. Le fotografie in mostra sono, al contrario, figlie dei tanti classicismi che la storia ha vissuto: tutti nutriti delle immagini atletiche antiche, con i corpi accuratamente costruiti evidenziando ogni singolo gruppo muscolare (in barba alle leggi dell’anatomia che ne impedirebbero l’emergere contemporaneo), e con i volti inespressivi, precisa scelta culturale di un mondo, quello greco del V secolo a.C., che individuava nell’assenza di emozioni un valore fondante. Più o meno consciamente, i candidi colossi di marmo di Michelangelo o di Antonio Canova, a distanza di secoli, ripetevano questi cliché espressivi, volta a volta adattandoli a esprimere concezioni anche opposte: gli orgogliosi ideali repubblicani della Firenze antimedicea nel Davide uccisore di Golia, da un lato; e la solenne potenza di Napoleone, nel gigantesco ritratto nudo dell’imperatore (peraltro imbarazzato dall’omaggio) oggi nella Apsley House di Londra, di cui si conserva una fusione bronzea nel palazzo di Brera a Milano.

 

Corpi nudi dalla muscolatura tanto perfetta quanto irreale, volti solenni e però inespressivi: non sarà diverso l’immaginario creato per celebrare i nazionalismi del Novecento. Dalle statue del Foro Mussolini, solide figure dal tratto popolaresco nobilitate dalle pose classicheggianti e dai volti massicci e severi, alle sequenze introduttive del film “Olympia”, commissionato alla talentuosa regista Leni Riefenstahl per le Olimpiadi di Berlino del 1936, in cui le statue antiche prendono vita negli atleti ariani vagheggiati da Hitler, il modello antico è asservito alla celebrazione della potenza della razza. La società dei consumi del secondo Dopoguerra riassorbirà i modelli classici nel calderone dell’immaginario cinematografico, in cui i film di ambientazione classica non ebbero piccola parte: gli attori hollywoodiani, ma anche i nostrani Maciste, impersoneranno con i loro corpi un ideale di bellezza di chiara impronta classica, da proporre ai consumatori di tutto il mondo come mito desiderabile, ma anche altissimo e irraggiungibile. Il mondo pubblicitario se ne impadronirà, riproponendo statue greche come testimoni di profumi; la società “liquida” degli ultimi decenni non farà che liberare sempre più quei modelli dalla loro matrice culturale, trasformandoli in pedine interscambiabili dell’incessante flusso della comunicazione, emblemi della rinnovata e prepotente centralità del corpo, che già la filosofia antica, seguita dal cristianesimo, aveva relegato al ruolo di fardello dello spirito.

Le immagini antiche sono così giunte fino a noi, ormai prive del loro portato culturale originario: ma la loro forma, il loro stile, continuano a impregnare l’universo artistico contemporaneo. Guardando le foto esposte in mostra, nel loro nitido bianco e nero, non si può non ricordare l’impatto delle immagini di nudi di Robert Mapplethorpe, che plasmarono l’immaginario degli anni Ottanta del secolo passato con effetti ancora oggi palpabili; mentre l’ambientazione nelle rovine contemporanee riporta alla mente le splendide fotografie degli atleti nelle Terme di Caracalla o nella Basilica di Massenzio, scattate in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, quando si volle proporre, e con successo, un rinnovata immagine positiva del paese risorto dalle macerie belliche anche valorizzando le rovine classiche, e liberandole dal marchio della romanità fascista attraverso lo sport.

Oggi statue classiche e estetica sportiva contemporanea continuano a incontrarsi attraverso queste immagini fotografiche di atleti, debitrici delle forme antiche come tante altre richiamate a celebrare iconicamente eventi e manifestazioni: una coesistenza piena di risvolti culturali, perlopiù inconsci o trascurati, che vale però ogni volta la pena di richiamare all’attenzione, per evitare derive irrazionaliste ed estetizzanti, da un lato, e per recuperare, dall’altro, il senso più profondo di forme e stili antichi, che altro non erano se non l’espressione di un ideale di formazione fisica e spirituale a un tempo: un modello ovviamente irripetibile, ma con cui sarà sempre utile ed opportuno confrontarsi in piena coscienza.

 

Eugenio Polito

Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute

Università di Cassino e del Lazio meridionale