MSI a Rimini: “Ne abbiamo date, ma quante ne abbiamo prese!” – 3
7 Dicembre 2022 / Paolo Zaghini
Il Congresso di AN del 24 marzo 2002, all’Hotel Continental di Rimini, finì in rissa, con l’intervento dei poliziotti della DIGOS. In competizione per l’incarico di segretario provinciale, dopo i mesi di commissariamento della Federazione affidata a Italo Ricciotti, Gioenzo Renzi (leader della destra sociale riminese della corrente Storace-Alemanno e sostenuto da Sesto Pongilupi) e Liliana Cingolani (della corrente Gasparri-Berselli e sostenuta da Oronzo Zilli). Il Congresso fu sospeso e annullato. Conseguenza dell’annullamento l’azzeramento degli iscritti, dei circoli, nessun delegato riminese al Congresso di AN di Bologna (4-7 aprile 2002). La nomina di un commissario straordinario nella persona del sen. Alberto Balboni.
Questi eventi portarono il Resto del Carlino, il 27 marzo, a scrivere un pezzo: “AN story. Decenni di litigate e ora la carica dei 40enni” da cui riprendiamo: “Sono storici i litigi nella federazione riminese di AN. Risalgono al MSI e addirittura agli anni ’50. Non c’è mai stata pace, insomma, tra i post-fascisti riminesi, i cui congressi negli anni scorsi, sono stati caratterizzati anche da botte, sedie in testa, manganellate, tra iscritti e dirigenti. Tanto che i fatti avvenuti domenica, dice qualcuno, non sono nulla rispetto al passato. Così come frequenti sono stati i commissariamenti della federazione. Episodi che sono sempre stati dovuti alle lotte tra i vertici delle varie componenti interne, che spesso diventavano però lotte personalistiche”.
Del resto era successo anche al Congresso Nazionale del MSI tenutosi a Rimini dall’11 al 14 gennaio 1990, che registrò lo scontro tra Fini e Rauti, vinto da quest’ultimo che divenne Segretario Nazionale. Il 12 gennaio dovettero intervenire le forze dell’ordine: nel pomeriggio fra i rappresentanti delle due fazioni volarono parole grosse e spintoni e scoppiò la bagarre. La Stampa titolò: “In platea volano schiaffi e pugni. Cento i delegati coinvolti, intervengono alcuni agenti di Polizia”. Ospite del Congresso riminese fu il francese Jean Marie Le Pen.
Alla salda maggioranza a Rimini della corrente di Pino Romualdi per vent’anni, garantita dai segretari Cappelletti e Ricciotti, si aprirono poi nella seconda metà degli anni ’70 periodi più turbolenti durante la segreteria dell’almirantiano avv. Giuseppe Pasquarella (1977-1979) o del rautiano Gioenzo Renzi (1984-1989).
Ma al di là del duro confronto politico interno, vorrei riprendere un tema ‘caldo’: quella della violenza politica in città nel corso dei decenni, legata alle attività dei neofascisti riminesi. In un colloquio avuto con Sergio Cappelletti egli ha sostenuto che “nei suoi anni lui riusciva a gestire, e a controllare, la violenza delle sue squadre di giovani. Anche se nel corso degli anni ne abbiamo date, ma quante ne abbiamo prese!”.
Sino alla fine degli anni ’60 gli scontri avvenivano con i militanti comunisti (guidati solitamente dal pugile Elio Ghelfi), con gli ex partigiani (in prima fila sempre “Mazaset”, al secolo Sergio Giorgi), con i giovani comunisti. Possiamo ricordare i tre giorni di scontri in centro città a fine ottobre 1956, con tentativo di assalto alla sede del PCI, durante la rivoluzione ungherese di quell’anno. Gli scontri a Torre Pedrera nei primi giorni di settembre 1961 durante un “convegno di studio” missino all’albergo Punta Nord: ad una prima serata sopra le righe dei giovani fascisti, risposero il giorno dopo gli operai dell’UNICEM di Santarcangelo che spedirono diversi di loro a farsi medicare in ospedale e poi la grande manifestazione degli antifascisti riminesi. Gli scontri avvenuti il 12 dicembre 1964 in occasione della manifestazione di protesta organizzata dal PCI e dal PSIUP contro la visita in Italia del Presidente del Congo Ciombè, con i giovani missini che distribuivano per il Corso volantini in cui c’era scritto: “L’Italia non è il Congo” e proseguiva scagliandosi contro “i cosiddetti amici dei cannibali comunisti congolesi” accusati di “non perdonare a Ciombè di aver chiesto l’intervento dei paracadutisti belgi per salvare dal massacro migliaia di europei, fra cui centinaia di suore e missionari” (Il Resto del Carlino del 13 dicembre 1964 scriveva “Durante la distribuzione dei manifestini missini, nel tratto centralissimo di Corso d’Augusto, nei pressi di Via Soardi (ove hanno sede sia il PCI che il MSI) si sono accesi alcuni rapidi tafferugli fra elementi delle opposte estreme, col volo di qualche scapaccione. Il pronto intervento delle forze dell’ordine ha smorzato sul nascere qualsiasi azione irresponsabile”). Il 13 aprile 1969 in occasione di uno dei tanti comizi di Romualdi (a Rimini era di casa) si forma un corteo non autorizzato guidato dallo stesso Romualdi e dai riminesi Nestore Crocesi e Giuseppe Pasquarella che creerà disordini e scontri in tutto il centro.
Poi il clima cambierà, in peggio: il crescere del movimento degli studenti, “l’autunno caldo” nelle fabbriche porterà ad un conflitto continuo nella città e nelle scuole fra giovani comunisti, extraparlamentari di sinistra (Lotta Continua in particolare) e le squadre fasciste. Sono le scuole riminesi, per anni, i luoghi dei conflitti pressochè quotidiani. E’ un ininterrotto stillicidio di scontri, di violenze, di denunce. Gli anni ’70 sono violenti non solo a livello nazionale, ma anche nel riminese.
Il Dossier sul neofascismo riminese fra il 1969 e il 1975 pubblicato da “Il Progresso”, quindicinale della Federazione Comunista, n. 6 del 22 aprile 1975 dà conto di molte decine di questi scontri, più o meno gravi. Si va dalle bombe alla sede del PCI di Riccione nell’estate 1969, a quelle dell’agosto 1971 alla caserma di polizia di Bellariva e al Grand Hotel attribuite a giovani dell’estrema destra, alla bomba al Palazzo delle Poste il 16 aprile 1975. Dalle provocazioni come le scritte e le svastiche sui manifesti funebri del giovane segretario della FGCI Loris Soldati nel marzo 1969, al lancio di uova contro la lapide in Piazza Tre Martiri ai combattenti antifascisti il 6 marzo 1973, a quella del 23 e 24 novembre 1974 quando dalla sede del sindacato neofascista CISNAL in Piazza Tre Martiri venne calato un capestro, insulto sfrontato ai tre giovani partigiani Capelli, Nicolò e Pagliarani.
La giornata del 24, dopo l’incontro con Pietro Cerullo, dirigente nazionale del MSI, terminò con violenti scontri con gli antifascisti in piazza (Pasquarella fu medicato per ferite al cuoio capelluto guaribili in 15 giorni). Il Resto del Carlino riportava sul numero del 25 novembre 1974: “Ad un tratto, le due opposte schiere sono venute a contatto: sono volati colpi di bastone e di asta di bandiera, sono stati effettuati lanci di bottiglie. Il PCI afferma che lo scontro è stato originato da ‘oltre 40 teppisti’ i quali ‘aggredivano con mazze da baseball, spranghe di ferro e bottiglie i cittadini presenti, alcuni dei quali rimanevano feriti’”. L’on. Cerullo per contro rigettava la responsabilità degli scontri “su folti gruppi di estremisti rossi che armati di fionde, spranghe di ferro, bottiglie e bastoni” avrebbero aggredito i partecipanti alla conferenza quando “essi stavano ordinatamente defluendo”.
Ma ci furono anche episodi più gravi, come le ripetute minacce, pistola in mano, compiute da Roberto Gabellini verso giovani studenti democratici.
I nomi degli squadristi riminesi che ricorrono nelle cronache degli scontri sono sempre quelli, tutti militanti del Fronte della Gioventù e del MSI: Nestore Crocesi, Gian Luigi (Gianni) Piacenti, Sesto Pongilupi, Stefano Bascucci, Angelo Scattagia, Remo Arlotti, Giorgio Jommi, Giuseppe Anelli, Roberto Gabellini, il riccionese Giovanni Faggioli, Sergio Bianchi. Tutti iniziarono ad operare all’interno delle scuole riminesi dal ’68 in poi. Quasi sempre presenti nei momenti caldi della seconda metà degli anni ’70 e degli anni ’80, ma nel frattempo molti di questi erano diventati dirigenti politici del MSI, eletti nei Consigli Comunali, non più semplici picchiatori.
Punto di riferimento per molti di questi giovani (oltre a quelli sopra citati, altri provenienti in gran parte dalla media borghesia riminese, una trentina) fu l’avv. Giuseppe Pasquarella (1930-1995), segretario del MSI riminese dal 1977 al 1979. Arrivato a Rimini nel 1968 da Milano, dove nel 1966 era stato arrestato ed espulso dall’Ordine degli Avvocati, in breve tempo con la sua attività di legale si arricchisce, stringe amicizia con Giovannini (torrefazione) e Savioli (alberghi e nights a Riccione). Nel 1970 è denunciato per apologia di fascismo e manifestazione fascista. Federale di Rimini, nella serata del 7 settembre 1977, al termine di una conferenza-dibattito del MSI nel salone del Municipio in Piazza Saffi a Forlì, lanciò la sua autovettura, una Range Rover 2000, contro il numeroso gruppo di extraparlamentari che protestavano, sorvegliati dalla polizia, su un lato della piazza. Arrestato due giorni dopo, il PM al processo in Corte d’Assise a Forlì nel mese di dicembre 1977 chiese otto anni di condanna per tentato omicidio plurimo, ma la sentenza declassò il reato in lesioni volontarie e lo condannò a tre anni e otto mesi di carcere. La vicenda finì anche alla Camera dei Deputati il 30 settembre 1977, con una interrogazione di Pino Romualdi, e la risposta del Sottosegretario di Stato per l’Interno Nicola Lettieri. Pasquarella totalizzò in quel decennio 12 processi per oltraggio, rissa, minacce e ingiurie, lesioni volontarie, detenzione di armi da guerra ed altri reati contenuti nelle denunce a suo carico.
Sede di ritrovo di Pasquarella e dei giovani a lui legati la sede della CISNAL che dava su Piazza Tre Martiri. Segretario di questo sindacato era diventato Roberto Gabellini.
I giornali dell’epoca riportano anche delle violenze subite dai missini: le aggressioni agli esponenti del Fronte della Gioventù Sesto Pongiluppi e Giorgio Jommi nel dicembre 1971; il 12 aprile 1972 venne incendiata l’automobile di Cappelletti, l’aggressione al giovane riccionese del Fronte della Gioventù Renzo Corbelli e del segretario della CISNAL Gabellini ai primi di marzo del 1973.
Si giocava col fuoco, in una guerra a bassa intensità che fortunatamente a Rimini non ebbe gravi conseguenze. Ma è certo che Rimini fu la seconda città della Regione, dopo Bologna, dove le organizzazioni giovanili del MSI ebbero il maggior numero di militanti attivi, disponibili allo scontro. I dirigenti parlavano di una ottantina di giovani “pronti all’azione”. E che ebbero dirigenti che assunsero nel Fronte della Gioventù responsabilità regionali (Sesto Pongiluppi) e nazionali (Gianni Piacenti). I segretari del MSI dell’epoca, Cappelletti e Ricciotti, li difesero e giustificarono sempre, ogni volta che accadevano episodi violenti, per non parlare poi di Pasquarella che spesso partecipava in prima persona agli scontri.
Infine il personaggio Nestore Crocesi (1941-2002). Icona e mito dello squadrismo fascista riminese. Scrive il giornale comunista riminese Il Progresso del 22 aprile 1975: “Arriva alla politica attiva attraverso l’esercizio della violenza contro avversari politici ed insieme ad una serie impressionante di denunce per risse, lesioni, furto aggravato, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, sin dall’inizio degli anni ’60. Assurge a fama nazionale nel ’69 quando il suo nome incomincia ad apparire nella cronaca di violenza squadrista a Milano”.
Il suo nome ricorre in numerose indagini riguardanti i più gravi fatti di sangue legati al terrorismo nero in Italia fra il 1969 e il 1973 e per questi più volte arrestato, ma senza mai una condanna. Alla fine del 1973 venne rimandato a Rimini con obbligo di soggiorno (per un certo periodo). Nella nostra Città il suo nome apparirà ancora più volte nelle cronache, non sempre a ragione: era diventato per la sinistra il nemico fascista numero uno. I dirigenti missini lo hanno sempre difeso, sostenendo la sua innocenza dai fatti più gravi a lui imputati, e parlandone come un politico intelligente e capace. Ma le pesanti ombre che gravavano su di lui gli hanno sempre impedito di assurgere a responsabilità politiche di primo piano nel suo partito o a cariche istituzionali (l’unico incarico in cui venne eletto fu quello di consigliere di quartiere all’INA Casa dal 1980 al 1985).
Lavorò per il tipografo Gattei e poi per diversi anni, sino alla morte, fu il gestore di un ristorantino in Via Soardi.
Per diversi anni, in occasione della ricorrenza della sua morte, il 27 novembre, amici e dirigenti del MSI hanno organizzato una cena per ricordarlo.
Paolo Zaghini
3 – SEGUE