Abbiamo un disperato bisogno di sogni e di miti.
Capiamoci subito: se ci credi, allora è Natale, se non credi è una festa come tante, una giornata non lavorativa, addirittura con parenti serpenti, una potenziale tragedia.
Non cominciate con la solfa: il Natale non è più come una volta…
Con venti gradi e il Garbino ci mancherebbe… Usciamo dallo scontato, dal banale, dalle stupide ipocrisie.
I mandarini sono diventati mandaranci, la buccia non si usa più per le scintille, o per profumare la casa sul termosifone. Gli auguri si mandano in serie, un tanto al kilo.
Se ci credi, è nato il Bambino. E il bambino. È speranza, è futuro, è l’orizzonte lontano. Se non credi, sei una scheggia, senza anima. I rurali credono. Non esiste un rurale ateo, un rurale agnostico. Dopo il buio, ci sarà la luce. Il Natale è luce. Non misuriamo il tempo. Siamo nel tempo, siamo la goccia nel mare, l’humus, l’uomo. Infiniti universi, diceva il filosofo.
E non sbagliava.
Rurali sempre,
Enrico Santini