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«Il Pd rema contro»: parola di Mimma Spinelli, che a suo tempo si dichiarava «più renziana di tanti che dicono di esserlo»


Nessun commissario per l’alluvione ma un commissario prefettizio per Riccione


20 Giugno 2023 / Nando Piccari

Sebastiano Musumeci detto Nello, uno dei più noti boss della mala-politica siciliana oggi ministro, il 30 maggio si era fatto ridere dietro per un rimprovero a Mattarella, a suo dire reo di non averlo invitato ad accompagnarlo nella visita presidenziale alla Romagna alluvionata: «Peccato che oggi non ci sia nessuno del governo(…) nessuno è stato invitato. Non fa niente…».

È proprio vero che si può trovare di tutto in quel governo sbracato, retto da colei che per le cose che dice e per come le pronuncia, anche in cerimonie ufficiali, più che il “Signor Presidente del Consiglio”, come ama essere chiamata, sembra la Sora Lella che si rivolge al fruttarolo della Garbatella: “Ahò, semo sicuri che ‘ste pesche so’ bbone?”.
Non c’è dunque da meravigliarsi che in quel governo abbia trovato posto uno dei padrini della destra meloniana in Sicilia, il quale però, una volta portato da lei a Roma, la imbarazza perché incapace di cogliere la differenza fra le regole del cerimoniale, la consolidata prassi del galateo istituzionale ed i preparativi per una scampagnata.

Nello Musumeci

O quando, nel commentare l’incontro avuto con i Sindaci il 15 giugno, li insulta con una buffonesca frase che però questa volta fa meno ridere: «Sono più attenti a cercare consensi che a rispettare il galateo istituzionale».
Se n’è poi saputa la ragione: era incavolato perché nessuno di loro, prima di quantificare la somma necessaria ad affrontare le più drammatiche emergenze nel suo Comune, gli aveva fatto una telefonata del tipo: “Scusi ministro, lei è d’accordo se spendiamo tot per eliminare una frana che sta completamente isolando quella tal frazione? O ritiene sia preferibile continuare a inviare cibo e medicinali ai suoi abitanti con l’elicottero?”.

Non appagato dalla gradassata, il ministro se n’è poi uscito con la tronfiaggine di quel repellente «il Governo non è un bancomat», seguito da uno spocchioso «faccio il ministro della Repubblica, dibattere con il sindaco o i sindaci non è il mio mestiere» e da un borioso diniego all’ipotesi di Bonaccini Commissario straordinario, perché «il governo ha diritto di gestire questa fase secondo la sua visione». Bonaccini può perciò accontentarsi di quanto Musumeci è disposto concedergli: «Il Presidente di una Regione non può essere totalmente escluso da un processo di ricostruzione».
Insieme a tanti sacrosanti attacchi per quelle indecenti farneticazioni, a Musumeci sono però arrivati anche due espressioni di consenso.

La prima, da uno dei più servizievoli portaborse della Meloni, il sottosegretario Galeazzo Bignami, quello che una volta si vestiva da nazista. Secondo lui bisogna andare cauti nel consegnare soldi ai “comunisti” che governano questa Regione, perché «voi vi fidereste di Schlein e compagni?»

Galeazzo Bignami

L’altra dalla Senatrice (pardon, dal Senatore) Spinelli, che ogni giorno non può fare a meno di ripetere alla Meloni la medesima osannante ruffianata, accompagnandola da inarrestabili aneliti di strafottenza anti-PD.

Queste alcune delle sue novene: «Sono grata al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per aver convocato  il Consiglio dei Ministri per varare un decreto per usare le parole del premier, molto corposo».
«Sono sollevata che il governo di centrodestra a guida Meloni si confermi reattivo».
«Ad oltre un mese dall’alluvione il Partito Democratico continua a mettersi di traverso nei tentativi di ripresa dell’Emilia-Romagna».
«Non è al governo, ci siamo noi, se ne faccia una ragione».
«La buttano in politichese come se fossero loro a governare. Sono in minoranza, a qualcuno bisogna ricordarglielo (magari senza quel “gli”?)».
«Il governo Meloni, come dimostrato fin dalle prime ore di questa drammatica situazione emergenziale, è sul pezzo». (Sul pezzo di che cosa non è specificato).

Mimma Spinelli quando ancora si dichiarava «più renziana di tanti che dicono di esserlo»

Diciamo la verità: è difficile capire se Mimma Spinelli, quando tratta di politica, risulti più divertente che patetica, o viceversa. Quella sua ansia di far sapere che lei è sul serio una senatrice della Repubblica (pardon, un senatore) non fa venire forse in mente uno di quei personaggi che durante il Tg sentono il bisogno di piazzarsi ostentatamente alle spalle del cronista, per farsi riprendere dalla telecamera mentre sorridenti fanno “ciao, ciao” con la manina?

Ben più defilata sul “dalli al PD” s’è mantenuta l’altra nostrana “fratella d’Italia”, la senatrice riccionese Beatriz Colombo. Ma forse perché essendo lei sicuramente meno “caciarona” e sprovveduta della Raffaelli badante di Morrone, ha capito che alla destra riccionese convenga mantenere un basso profilo, dopo aver procurato alla città il disastro di vederne fatta a pezzi la continuità democratica.

Elena Raffaelli

Sì, perché continui pure l’ex deputata legaiola a farsi riprendere festante, mentre ostenta un sorriso incocalito sul faccione, nell’evidente tentativo di far dimenticare che fu proprio l’Amministrazione Tosi-Raffaelli a mandare in campo alle scorse elezioni comunali quella masnada di presidenti e scrutatori di seggio, che ora la Magistratura dovrà scoprire se solo imbranati o anche collusi.

È dunque sciacallesco il tentativo della destra riccionese di far credere che senza quell’imbroglio Daniela Angelini non sarebbe diventata Sindaca. Per questo fa benissimo il centrosinistra riccionese a rendere pan per focaccia, ricorrendo alla giustizia penale per capire “chi abbia fatto o fatto fare cosa” il 12 giugno 2022 e perseguire i miserabili idioti che sui social farneticano di “truffa del PD”.

Ricordando inoltre ai riccionesi che il clan della Meloni, ancora incapace di dare alla Regione un Commissario per la gestione del dopo alluvione, ha però trovato il modo, un anno fa, di procurare a Riccione un Commissario Prefettizio.

Nando Piccari