Home___aperturaNo all’autonomia differenziata: arriva anche a Rimini il “Giro d’Italia” in camper della CGIL

Tappa riminese il 12 dicembre, Chiamamicitta.it ne condivide i contenuti e sarà media partner


No all’autonomia differenziata: arriva anche a Rimini il “Giro d’Italia” in camper della CGIL


7 Dicembre 2023 / Redazione

La CGIL, con in testa il suo Segretario generale Maurizio Landini, ha deciso una iniziativa nazionale per informare i cittadini e per fornire gli strumenti conoscitivi per opporsi la legge sull’autonomia differenziata “che rischia veramente di dividere l’Italia in tanti pezzi”.

L’iniziativa prevede il “Giro d’Italia” di un camper guidato di volta in volta da personaggi illustri.

L’iniziativa è partita il 16 novembre da Roma (Corso d’Italia, sede Cgil nazionale), dove il camper della Flc (il sindacato della conoscenza della CGIL), è stato condotto dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.

Il viaggio toccherà 110 territori e 20 regioni per più di 30mila km.

“Fino a giugno il camper percorrerà in lungo e largo lo stivale per affermare che il paese è uno e non può essere frammentato da politiche sciagurate, quelle ad esempio riguardanti l’autonomia differenziata e il dimensionamento scolastico.”

“La conoscenza non si spezza” e ancora “Una, unica, unita” gli slogan che accompagnano il percorso del camper, che sarà a Rimini il 12 dicembre.

Paolo Zaghini: “La redazione di Chiamamicitta.it ha deciso di essere media partner di questa iniziativa della CGIL, condividendone i contenuti e la necessità di informare correttamente i cittadini. Nei prossimi giorni pubblicheremo una serie di articoli che affronteranno i diversi temi legati all’autonomia differenziata.

Il Governo Meloni sta cercando di far passare la legge sull’autonomia differenziata senza un adeguato coinvolgimento delle parti interessate e del Paese. Ovvero approvare un sistema fiscale che non è più generale e progressivo ma diventa un sistema per categorie a cui non può, alla lunga, corrispondere un welfare per categorie. Si sta disegnando uno Stato ‘arlecchino’ che non esiste al mondo: ci sono Stati federali o Stati unitari, in nessun caso ci sono sottosistemi regionali o statali che prendono le competenze che incassano. Uno Stato così non può stare in piedi. 

Ma che cos’è l’autonomia differenziata? Di cosa stiamo parlando? L’autonomia differenziata è un principio, introdotto nella nostra Costituzione (dalla riforma del Titolo V della Parte II avvenuta nel 2001) all’art. 116, terzo comma, che consente alle Regioni a Statuto ordinario che ne facciano richiesta, di accedere a forme maggiori di autonomia (legislativa e finanziaria) rispetto a quelle già previste dalla Costituzione per le stesse, attraverso un procedimento negoziato con lo Stato, che si conclude con una legge ordinaria.

Il 2 febbraio 2023, il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge quadro del Ministro leghista Calderoli che reca “disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Questo testo è solo l’avvio di una procedura che sarà sicuramente lunga e complessa, dove tantissime questioni devono essere ancora definite, anche perché stiamo parlando di cose, fra tante altre, di non poco conto come sanità, scuola, cultura, ambiente (sono complessivamente 23 le materie su cui le Regioni potrebbero chiedere più autonomia dallo Stato).

Ma nella scuola, come sappiamo tutti, ci sono problemi enormi: basti pensare al diritto allo studio. Anche quest’anno avremo un sacco di giovani che pur aventi diritto a un assegno non potrà essere loro dato. Abbiamo universitari che non sanno dove sbattere la testa per gli alloggi, abbiamo ancora precari negli enti di ricerca che non vengono stabilizzati, 80mila giovani formati a spese dello Stato italiano che vanno all’estero, stipendi agli insegnanti inadeguati.

E’ stato domandato all’ex ministro Pier Luigi Bersani: è stato un errore differenziare le competenze per scuola e sanità su base regionale? “Quando la Costituzione prevede la possibilità di autonomia differenziata – risponde Bersani – come ogni norma costituzionale c’è bisogno di una legge applicativa interpretativa. A me va bene autonomia differenziata se vuol dire che la Sardegna potrà avere qualche competenza in più nel trasporto marittimo rispetto all’Umbria che non ha il mare, ma stiamo parlando di questo o di tutt’altra cosa, in cui ognuno può prendersi 19 competenze scegliendo quelle che vuole senza passare per il Parlamento, facendo un accordo col governo, senza toccare il tema costituzionale? Invece, un regionalismo ben inteso moltiplica le energie. Non pensiamo mai che la sanità possa essere governata da un ministero, dal centro, senza un apporto a livello territoriale che sappia mobilitare risorse e forze come abbiamo visto nei momenti più difficili. Se per tanti anni abbiamo avuto, con tutti i difetti, una sanità che nel rapporto prestazioni-costo, è sempre stata ritenuta dalle classifiche internazionali fra le migliori al mondo, sarà anche perché abbiamo fatto una legge di riforma nel 1978 che ha dato poteri alle Regioni. Ci sono Regioni che funzionano meglio e altre peggio? Sì, ma ci sono strumenti per affrontare i problemi, qui si sta prendendo un’altra strada. Adesso, per smontarla, non ci vuole niente: basta affamare la sanità pubblica. È quello che si sta facendo. Poi, il mercato ci pensa da solo: già adesso il cittadino di tasca sua paga il 25% del complesso della spesa sanitaria.

Chi si oppone, e in particolare le forze della sinistra, che hanno annunciato mobilitazioni, sostiene invece che l’effetto principale di questa riforma sarebbe quello di spaccare il Paese. Il presupposto, implicito, sembra essere che i governatori del Sud sono incapaci di gestire il potere in modo efficiente e di fornire servizi utili ai loro cittadini, quindi, per loro l’attribuzione di maggiori poteri si tradurrebbe in maggiori sprechi e maggior clientelismo. Quindi, il Nord, con l’autonomia, dovrebbe diventare più virtuoso, mentre il Sud potrebbe solo sprofondare? Il paradosso è che l’autonomia differenziata costituisce semplicemente l’attuazione della riforma del titolo quinto della costituzione, votata anche dalla sinistra nel 2001 (ma con in testa progetti ben diversi).

Inoltre il presupposto per l’attuazione dell’autonomia differenziata è la previa attuazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni), che tutte le regioni dovranno garantire ai cittadini, ma senza che lo Stato debba scucire un euro. Come fare le nozze con i fichi secchi.”, conclude Zaghini.

È stato un errore differenziare le competenze per scuola e sanità su base regionale?

“Quando la Costituzione prevede la possibilità di autonomia differenziata– risponde Pier Luigi Bersani – come ogni norma costituzionale c’è bisogno di una legge applicativa interpretativa. A me va bene autonomia differenziata se vuol dire che la Sardegna potrà avere qualche competenza in più nel trasporto marittimo rispetto all’Umbria che non ha il mare, ma stiamo parlando di questo o di tutt’altra cosa, in cui ognuno può prendersi 19 competenze scegliendo quelle che vuole senza passare per il Parlamento, facendo un accordo col governo, senza toccare il tema costituzionale? Invece, un regionalismo ben inteso moltiplica le energie. Non pensiamo mai che la sanità possa essere governata da un ministero, dal centro, senza un apporto a livello territoriale che sappia mobilitare risorse e forze come abbiamo visto nei momenti più difficili. Se per tanti anni abbiamo avuto, con tutti i difetti, una sanità che nel rapporto prestazioni-costo, è sempre stata ritenuta dalle classifiche internazionali fra le migliori al mondo, sarà anche perché abbiamo fatto una legge di riforma nel 1978 che ha dato poteri alle Regioni. Ci sono Regioni che funzionano meglio e altre peggio? Sì, ci sono strumenti per affrontare i problemi, ma qui si sta prendendo un’altra strada. Nel ’78 per fare questa riforma abbiamo fatto un miracolo: siamo passati dalle mutue al sistema universalistico, c’è voluta una legge di riforma colossale. Adesso, per smontarla, non ci vuole niente: basta affamare la sanità pubblica. È quello che si sta facendo. Poi, il mercato ci pensa da solo: già adesso il cittadino di tasca sua paga il 25% del complesso della spesa sanitaria. Vuol dire che sta venendo giù il meccanismo. Quando passi dal 6,8% al 6,2% del Pil, la stai smontando (la sanità pubblica, ndr). A chi dice che non bisogna guardare la proporzione sul Pil ma il livello di spesa generale direi di camminare con le scarpe che aveva quando aveva 7 anni. Se cresce tutto il Pil, crescono anche i piedi”.

Su Salvini, l’ex segretario Pd dice che è il riflesso di ciò che sta accadendo nel mondo. “C’è una revanche di un estremismo di una destra regressiva, che poi la interpreti Salvini o la Meloni cambia poco. Il problema di fondo è che c’è un’idea corporativa della società, un’idea aggressiva sui diritti e sulle minoranze. È il venir meno di un concetto democratico. Negli Stati Uniti la figlia di Cheney (vicepresidente Usa dal 2001 al 2009, ndr), una repubblicana, ha detto che i cittadini americani sono dei sonnambuli che stanno camminando verso la dittatura. È infondata questa preoccupazione? No. È ora di svegliarsi per una battaglia politica, civica, culturale contro una deriva che sta prendendo piede. Ormai ne abbiamo troppi segnali. Se vediamo ciò che succede in Argentina, in India, in diversi Paesi europei. È ora di reagire, la politica deve dare lo squillo di tromba, deve dire che vuole fare un’alleanza democratica e tornare ai principi base della Costituzione, che bisogna interpretarla e realizzarla. Ce l’abbiamo ancora davanti, dobbiamo ancora inseguirla, soprattutto in questi momenti”. Su una possibile federazione fra Pd e Movimento 5 Stelle, “bisogna creare un aggregato politico – sostiene Bersani – così come si è fatto con L’Ulivo e L’Unione: innanzitutto bisogna volerlo, deciderlo, poi partire da ciò che unisce e rendere compatibile ciò che differenzia. Da questo aggregato ci vuole un richiamo forte alla società civile, non solo politico ma culturale e civico”.

Alla guida del camper ci saranno personaggi illustri del mondo della scuola, della politica, della società civile e del sindacato. Nel corso della giornata è previsto anche un flashmob contro la violenza sulle donne. “La conoscenza non si spezza” e ancora “Una, unica, unita” gli slogan che accompagnano l’iniziativa che prevede il “giro d’Italia” di un camper guidato di volta in volta da personaggi illustri. Gli appuntamenti piacentini saranno, oltre a piazzetta Mercanti alle ore 10 quando il camper raggiungerà attivisti della Flc Cgil di Piacenza impegnati in un volantinaggio: alle ore 11 in sala Mandela della Camera del Lavoro di Piacenza (via XXIV Maggio, 18) dove si riuniranno rappresentanti del mondo della conoscenza; alle ore 12.40 all’inizio del Pubblico Passeggio angolo Liceo Respighi e nel pomeriggio, alle ore 15, di fronte al Teatro Municipale di Piacenza. Nel mezzo, intorno alle ore 12 nel cortile della Camera del Lavoro ci sarà spazio per un flash mob contro la violenza sulle donne organizzato dal Coordinamento Donne Cgil Piacenza.

Alla guida del camper si alterneranno: Pier Luigi Bersani (politico e scrittore), Ivo Bussacchini (Segretario generale Cgil Piacenza), Giovanni Zavattoni (Segretario generale Flc Cgil Piacenza), Serena Groppelli (Assessora alle pari opportunità), Costanza De Poli (Consigliera comunale e rappresentante Giovani Democratici), Andrea Capellini (segretario Giovani democratici Piacenza eletto PSE al Comitato Europeo delle Regioni), Chiara Casella (Comitato NO autonomia differenziata), Milvia Urbinati (Coordinamento per la democrazia costituzionale), Antonella Liotti (Libera Piacenza), Romano Repetti (Anpi Piacenza), Gianni D’Amo (politico e docente), Marco Bosonetto (scrittore e docente) e altri.

L’iniziativa è partita il 16 novembre da Roma (Corso d’Italia, sede Cgil nazionale), dove il camper della Flc (il sindacato della conoscenza della CGIL), è stato condotto dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Fino a giugno il camper percorrerà in lungo e largo lo stivale per affermare che il paese è uno e non può essere frammentato da politiche sciagurate, quelle ad esempio riguardanti l’autonomia differenziata e il dimensionamento scolastico. Il viaggio toccherà 110 territori e 20 regioni per più di 30mila km.

“C’è chi divide, noi invece vogliamo unire – commenta Giovanni Zavattoni, segretario generale Flc Cgil Piacenza -. L’idea è quella di far vivere ‘La Via Maestra’ che è lo slogan che ha dato il nome alla manifestazione del 7 ottobre a Roma, un progetto a lungo termine: con le associazioni che hanno aderito alla piattaforma intendiamo continuare la mobilitazione per vedere finalmente applicata pienamente in questo Paese la Costituzione della Repubblica”.