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Il nome ritrovato del milite ignoto di San Clemente


14 Gennaio 2019 / Paolo Zaghini

Marco Valeriani: “Il soldato “Catullo”. La micro-storia del fante mitragliere Getulio Giuseppe Tamburini” – Comune di San Clemente.

Cogliamo l’occasione della pubblicazione di questo volume dedicato al “soldato Catullo” da parte del Comune di San Clemente per tracciare un piccolo bilancio dei volumi editi nel riminese in occasione dei cento anni dalla Prima Guerra Mondiale (1915-1918).

Bilancio deludente, va detto subito. Unica eccezione il volume di Davide Bagnaresi (“Vivere a Rimini negli anni della Grande Guerra : la quotidianità tra bombardamenti, terremoti, fame e profughi”) (Panozzo, 2015) per conto dell’Istituto Storico della Resistenza (che allestì anche nelle sale FAR in Piazza Cavour una grande mostra). Il volume conta inoltre sul ricco apparato iconografico proveniente dai fondi dell’avv. Alessandro Catrani.

Poco altro oltre a questo volume: l’”Albo d’oro dei caduti corianesi militari nel corso della prima guerra mondiale 1915-1918” a cura di Vincenzo e Barbara Santolini, Roberto Ridolfi (La Tipografia, 2015); “La Grande guerra e San Clemente” di Maurizio Casadei (La Piazza, 2015); un paio di articoli di Manlio Masini su “Ariminum” (nn. 2 e 3 del 2015).

Poi nient’altro sino a questo volume di Valeriani. In quattro anni è sicuramente molto poco. Ci si attendeva, come in molte altre province, una raccolta delle lettere dal fronte dei militari riminesi, alcuni studi su figure riminesi rilevanti sul piano storico. Ma ad oggi, a celebrazioni del centenario terminate, nulla è arrivato.

Torniamo al libro curato da Marco Valeriani. Esso racconta la storia del giovane contadino di San Clemente, divenuto fante-mitragliere il 23 maggio 1915, Getulio Giuseppe Tamburini, nato il 21 luglio 1892. Morto a 26 anni in guerra non “per mano nemica”, ma nel campo di prigionia di Sprottau, allora nella Prussia tedesca ed oggi in Polonia, per tubercolosi polmonare il 13 luglio 1918.

Tamburini venne catturato con altre migliaia di militari italiani all’indomani della disfatta di Caporetto (la 12.a battaglia dell’Isonzo) fra l’ottobre e il novembre 1917 da parte delle forze austro-ungariche e tedesche. Le fonti ufficiali parlano di circa 600 mila prigionieri italiani (di cui quasi ventimila ufficiali) catturati dagli austriaci e dai tedeschi nel corso della intera guerra. Di questi quasi centomila perirono nei campi di concentramento.

Il campo di prigionia di Sprottau, controllato dal V° Corpo d’Armata tedesco, accoglieva militari inglesi, francesi, belgi, italiani, rumeni, serbi, russi. All’interno del campo venne allestito un cimitero che contò alla fine oltre 4.000 tombe.

Il 2 novembre 1928, per volontà dell’allora Governo italiano, venne costituito il Cimitero Italiano Caduti I Guerra Mondiale di Breslavia (o Wroclaw) in Polonia. Qui riposa da allora, assieme ad altri 1.015 militari italiani, il fante Tamburini. Sulla tomba il nome errato di Catullo, invece di Getulio.

Furono 600 i sanclementesi chiamati alle armi su una popolazione di circa 3.400 unità. Un terzo dei maschi (1.700 unità). 75 di questi non fecero mai più ritorno ed una trentina tornarono gravemente feriti.

Le cifre ufficiali parlano di complessivi 5 milioni di italiani mobilitati negli anni della Grande Guerra. I caduti furono 680.000 e i mutilati e gli invalidi 675.000.

Scrive lo storico Davide Mugnai, riportato da Valeriani: “In prima linea c’erano proprio loro, i contadini. Giovani chiamati all’uniforme nello spazio di un batter di ciglia. Spediti a combattere per ‘un’idea di Patria’ che ignoravano e per ragioni geopolitiche a loro assolutamente incomprensibili. Contadini senza alcuna istruzione. Incapaci di leggere e scrivere. Spesso con il solo bagaglio del proprio dialetto e dell’attaccamento alla terra da cui traevano il loro sostentamento. Pertanto privi di ‘tensione morale’ ma comunque pronti ad ubbidire agli ordini. L’esperienza del fronte fu un’esperienza devastante. Il sentimento più diffuso fu lo sgomento per una realtà inaspettata”.

Il 16 aprile 2018 arrivò nella casella di posta elettronica del Comune di San Clemente un messaggio da parte del Sig. Mario Turis, studioso della Prima Guerra Mondiale, con cui si segnalava la ignota tomba di Tamburini nel Cimitero di Wroclaw. Il nome Catullo sulla lapide, invece di Getulio, ne aveva probabilmente impedito fino ad allora il riconoscimento.

Inoltre il nome di Tamburini non risultava sul Monumento ai Caduti di San Clemente. Da questa segnalazione è nata la ricerca di Valeriani compiuta sul web e negli archivi storici militari per ricostruire le vicende del giovane contadino sanclementese.

Più l’approfondimento sui soldati malati di tubercolosi: Tamburini probabilmente ne soffriva già prima di essere arruolato e, nonostante questo, venne inviato al fronte.

Il Sindaco Mirna Cecchini nella Presentazione ha scritto che la storia di Getulio Giuseppe Tamburini, “al pari di tantissime altre, deve risuonare come chiaro e forte monito contro il ricorso alle armi; come deciso rifiuto, in ogni sua forma ed espressione, della guerra in quanto tale”.

Paolo Zaghini