A parte il buon Tajani, che ogni tanto va in TV a recitare qualcuna della omelie berlusconiane imparate nel tempo, sembra proprio che il governo guidato dalla “sora ducia” che farfuglia in romanesco sia quasi soltanto un ritrovo con i paggetti della premier, con predilezione per chi di loro abbia una più marcata identità post(?)neofascista.
Diventa ogni giorno più evidente il nauseante gioco della parti fra Il Signor Presidente del Consiglio (lei, in omaggio alle donne, vuol farsi chiamare così) ed i suoi più fidati manganellatori verbali. Mentre loro provvedono a mostrare il volto aggressivo di chi comanda oggi in Italia, la Meloni si dà invece un gran daffare a fingersi moderata e riflessiva.
Spera così di far dimenticare che fino a pochi mesi fa odiava l’Unione Europea, si sentiva sorella della repellente Le Pen, era in corrispondenza di amorosi sensi con Orban e gli altri fascistoidi del Gruppo di Visegrad (o Visdecaz che dir si voglia), proclamava ai quattro venti che «Putin difende i valori europei e l’identità cristiana».
Il risultato di questa sinergia fra finta moderazione e avanguardismo bellicoso sono le nefandezze degli ultra-celebrati “primi cento giorni”.
L’elenco è lungo: la dichiarata intenzione di regalare ai criminali la proibizione di buona parte delle intercettazioni oggi consentite alla Magistratura; l’insensata repressione del demenziale “decreto rave”: le marchette agli evasori (dodici condoni fiscali e innalzamento al contante); la fregature alle partite Iva; l’annullamento del ribasso al prezzo dei carburanti operato da Draghi; l’indifferenziato attacco al reddito di cittadinanza, che per il ministro Valditara «è moralmente inaccettabile darlo a chi non ha terminato l’obbligo scolastico».
Per non parlare del diktat di “Matteo replicante al Viminale”, affinché ogni nave ONG che abbia già effettuato un salvamento in mare, pena gravi conseguenze penali e amministrative, lasci affogare gli altri migranti che eventualmente vedesse naufragare durante la sua navigazione verso il porto assegnatole dal Ministero, quello più lontano possibile.
O del tentativo di scassinare la Costituzione che, in attesa della sollecitazione al malsopportato Mattarella affinché sloggi un attimo dopo l’approvazione della preannunciata elezione diretta del Presidente, intanto ha già predisposto la pachidermica trovata, a immagine e somiglianza di Calderoli, che dà “un aiutino” alle Regioni sue amiche del Nord, a spese di quelle già oggi più in difficoltà al Sud.
C’è poi il sospetto che, avendo la Meloni nominato suo cognato ministro della “sovranità alimentare”, inizino quanto prima le improvvise ispezioni domiciliari all’ora di pranzo, per scovare le famiglie che al “mangiare patriottico” preferiscano cibi importati dall’estero, magari dalla Perfida Albione.
Infine la scuola, dove d’ora in avanti gli studenti cesseranno di essere tutti uguali, poiché l’apposito Ministero, divenuto “dell’Istruzione e del Merito”, farà sì che ci si occupi soprattutto di “chi va meglio” e gli altri… pazienza. Secondo il ministro è inoltre bene che le “sospensioni scolastiche” vengano sostituite dalla umiliazione di chi ha sgarrato. Queste le sue testuali parole: «Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità. Da lì nasce il riscatto, la maturazione, la responsabilizzazione».
In attesa che quel tal sottosegretario… con il colpo in canna introduca l’auspicato obbligo alla “sparatoria scolastica” quale materia d’insegnamento, intanto gli studenti vengono oggi illuminati da un “ministro fru fru” alla cultura il quale ha scoperto che la destra post(?)neofascista non discende da Almirante o da Mussolini, ma addirittura da Dante Alighieri.
Tutto ciò premesso, si capisce bene come la recente maialata alla Camera del valvassino Donzelli non sia stata un incidente di percorso ma una vera e propria recita, come da copione. Sentendosi uno dei nuovi “padroni d’Italia”, costui non ha esitato a vomitare isteriche accuse alla “parte nemica”, servendosi truffaldinamente di documenti riservati fornitegli dal sottosegretario suo coinquilino, che in questi giorni abbiamo visto sui giornali con addosso la maglietta di una band nazi-rock che esalta il capitano delle SS Erich Priebke.
La cosa ha messo nei guai il buon Nordio, che si capisce bene dove e a far cosa avrebbe voluto mandare quei due inverecondi gradassi, ma non ha potuto permetterselo. Così ha fatto salti mortali nel comico cantilenare che il documento trafugato dal suo sottosegretario per passarlo a Donzelli «non era riservato ma solo sensibile», per cui pare di capire che l’unica avvertenza fosse quella di non sgualcire il foglio nel leggerlo. E che «la dicitura di ‘limitata divulgazione’ è una formulazione che esula dalla materia delle classifiche di segretezza». Un po’ come dire sarebbe consentito leggerne in pubblico una riga sì e una no.
Povero Nordio, parafrasando il titolo di quel celebre film con Robert Redford verrebbe da definirlo “L’uomo che sussurrava ai cavilli!”
Un po’ di tempo fa Donzelli, nel tentativo di difendere un altro suo camerata, che si era fatto fotografare con addosso una svastica nazista, se ne è uscito con «Una volta mi sono vestito da Minnie, vi sembro Minnie?»
No, effettivamente in lui non ci vedo molto della fidanzata di Topolino. Se proprio dovessi trovargli una metaforica somiglianza animale, direi quella di un riminesissimo “cocale” o “cocalone, traduzione del dialettale “cuchel”. Però con una diversità rispetto al nostro amato uccello marino. Se infatti una certa invornitaggine nello sguardo di Donzelli ricorda un po’ “e cuchel”, la differenza sta nella durata dei rispettivi versi. Lo sgradevole e fastidioso stridio del cocale dura al massimo qualche secondo, quello di Donzelli molto di più.
Nando Piccari
Post Scriptum
Benemerita carnevalata
Da quando al Comando Generale dei Carabinieri l’hanno saputo, non stanno più nella pelle dalla contentezza.
Per carità, sono gratificanti gli encomi ricevuti da Mattarella, dal Parlamento e dall’Unione Europea, così come i complimenti arrivati da tutto il mondo per la cattura di Matteo Messina Denaro. Ma vuoi mettere quanto sia stata più appagante l’inaspettata onorificenza che per lo stesso motivo è stata assegnata all’Arma dai Fratelli d’Italia riminesi?
I quali l’altra mattina hanno bussato alla porta del Comando Provinciale per consegnare una pergamena attestante il diploma di “Bravo Carabiniere”. Con l’aggiunta, pare, di un buon numero di caffè e cappuccini, insieme ad un cabarèt di brioche e bomboloni alla crema.